Fantinati sta con Casalino: "Tria? Basta elogiare il rigore"
Il sottosegretario alla Pa: “Rocco ha ragione: via dal Mef i relitti della politica”
Roma. Né imbarazzo né prese di distanza. “C’è che Rocco ha detto una verità scomoda, e non lo si vuole riconoscere”. Mattia Fantinati è il sottosegretario alla Pubblica amministrazione del governo grilloleghista. Veronese, ingegnere, attivista sin dal 2007, deputato alla seconda legislatura, è uno che nel cerchio ristretto degli uomini di cui Luigi Di Maio si fida conta non poco. E appena sente parlare di “intimidazione”, protesta: “Quella di Casalino non era affatto una minaccia, siamo seri”. Testuale, Fantinati: “Se non si farà il reddito di cittadinanza, per tutto il 2019 ci dedicheremo soltanto a far fuori tutti questi pezzi di merda del Mef”. Lei come la valuta? “Al netto dei toni, che vanno ricondotti comunque alla dimensione privata della conversazione, direi che c’è una sacrosanta verità al fondo di quelle parole: e cioè che negli uffici dei ministeri ci sono tanti parcheggiati che ricoprono il loro ruolo non per merito, ma per logiche politiche”.
Ma lei è sottosegretario alla Pa: possibile che non si senta in dovere di difendere dei funzionari di un ministero trattati in questo modo? “Io credo che il miglior servizio che si possa rendere alla Pubblica amministrazione sia quello di liberarla dai partiti”. Ma voi per primi, arrivati al governo, avete riempito ministeri e partecipate di uomini di vostra fiducia. “Un conto sono le nomine nelle imprese di stato o negli staff dei singoli ministri. Un conto gli uffici dei ministeri: lì, il nostro impegno è quello di lanciare una serie di assunzioni per concorso, d’ora in poi, e di dire basta alla chiamata diretta”. Anche al Mef? “Al Mef, come negli altri ministeri, ci sono dei relitti di altre epoche politiche, di altri governi, che dunque non sono compatibili con gli indirizzi della nuova maggioranza”.
Servitori infedeli, quelli di Via XX Settembre? Fantinati indugia, come a voler trovare l’espressione più acconcia: “Persone che remano contro”. Ma contro chi, esattamente? “Al governo, ovvio”. E però non risulta che Giovanni Tria, che di quel ministero è responsabile, si sia lamentato. Possibile che debba essere Casalino, che di mestiere fa il portavoce del premier, a evocare ritorsioni? “Ma c’è una divergenza di vedute politiche evidente, tra il governo e i funzionari che si oppongono al cambiamento, ostacolando in ogni modo quella che è la riforma più importante di questo esecutivo”. Ma per il reddito di cittadinanza giuravate di aver trovato le coperture: Laura Castelli, vice di Tria, aveva individuato in ventuno miliardi di tasse e tagli le risorse necessarie. “Tutto vero: su quella misura c’era addirittura la bollinatura della Ragioneria dello stato”. La stessa, per inciso, che ora additate come somma nemica. “Se c’erano allora, quelle risorse, devono trovarle anche adesso. Ma il problema, qui, non è contabile. E’ politico. Qui c’è bisogno di misure anticicliche. Il totem non deve essere più quello dell’austerity, ma quello degli investimenti”. Sì, ma le coperture? “Se non si trovano nell’immediato, non si deve rinunciare per forza. Il reddito di cittadinanza stimola evidentemente la domanda interna: questo produrrà crescita, e grazie alla crescita potremmo finanziare questa misura che oggi è in deficit”. Tria però è stato chiaro: Conte ha garantito alla Ue il rispetto di vincoli che non permettono, ora, di fare spese faraoniche: un calo del deficit strutturale dello 0,6 per cento del pil per il 2019. Perché non chiedete al premier di contrattare qualcosa di più vantaggioso a Bruxelles, anziché scaricare la responsabilità sui tecnici del Mef? “Quei numeri sono rivedibili, sempre che però il ministro dell’Economia non continui a ripetere in tutti i consessi che il rigore va bene, perché altrimenti toglie peso negoziale allo stesso premier”. Digitalizzare la Pa, dicevate. Però Diego Piacentini ha deciso di rimettere il suo incarico: mesi fa garantiva che, se non ci fossero state divergenze col nuovo governo, sarebbe andato avanti. “Io ci ho parlato tempo fa e aveva già deciso di tornare a Seattle. Mi dispiace, perché è un grande professionista. Ma la struttura che ha contribuito a creare andrà avanti anche senza di lui”.