Occhio al vero declassamento italiano
La democrazia rappresentativa, lo stato di diritto, l’Europa, la scienza, l’euro. La crisi di affidabilità generata dalla manovra è nulla se si pensa agli altri deficit con cui ha scelto di giocare il governo. Da dove nascerà l’alternativa a Salvini e Di Maio
La manovra che ciascun elettore italiano dovrebbe cominciare a giudicare con severità non è quella presentata giovedì sera alla Camera dal ministro dell’Economia, ma è quella presentata a fine maggio da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio all’interno del proprio programma di governo. E in questo senso, il Documento di economia e finanza, che vìola platealmente le regole europee che obbligano un paese fortemente indebitato a ridurre ogni anno il suo indebitamento, e che ci auguriamo venga valutato con la giusta severità da parte della Commissione europea, in fondo non è altro che la coerente punta di un iceberg politico che meriterebbe di essere inquadrato per quello che è: un pericolo per il futuro dell’Italia e anche dell’Europa.
Nelle ultime settimane, anche grazie alla potenza di fuoco messa in campo dalla retorica sfascista, ci siamo abituati a misurare la dannosità del percorso scelto da Salvini e Di Maio osservando in modo compulsivo, e in modo quasi esclusivo; gli indici delle Borse, le curve dello spread e i rendimenti dei nostri titoli di stato. Ieri, per non farci mancare nulla, sono stati molti gli osservatori che hanno segnalato i potenziali rischi che può correre l’Italia a causa di una manovra pericolosa. JPMorgan ha calcolato che uno spread a 400 punti base (ieri è arrivato a 285) rappresenta la “soglia critica per la sopravvivenza del governo”. Citigroup ha stimato che la bocciatura della manovra da parte dell’Europa farebbe arrivare lo spread a 350 punti base e ha ricordato che una volta superata la soglia del 4 per cento di rendimento del Btp decennale (ieri arrivato a 3,35) il contagio sulle altre economie europee sarebbe inevitabile. E lo sconcerto di molti analisti è legato anche a un fatto poco noto: a pochi giorni dalla presentazione del Def, secondo quanto risulta al Foglio, i vertici di Standard & Poor’s, in una riunione a porte chiuse a Milano, hanno fatto sapere ad alcuni importanti uomini della finanza che con un deficit fino al 2 per cento il declassamento sarebbe stato evitato ed è difficile pensare che quest’indicazione sia sfuggita alle orecchie attente dei due vicepremier.
Ma il possibile disastro economico che potrebbe essere generato da una manovra che verosimilmente contribuirà a far diminuire ancora di più il grado di affidabilità dell’Italia è nulla se si pensa a quali sono gli altri deficit con cui ha scelto di giocare il governo del cambiamento dal suo primo giorno di vita.
Romano Prodi, in una bella intervista rilasciata ieri al Corriere della Sera, ha invitato il centrosinistra a non perdersi in troppe chiacchiere e a mettere da parte le divisioni del passato per affrontare in modo forte e coerente un governo che minaccia alcuni princìpi non negoziabili della società aperta. E il punto vero di criticità che meriterebbe di essere messo a fuoco oggi, e che nessun rendimento dei titoli di stato potrà mai misurare con efficacia, è legato proprio al combinato disposto di due progetti politici eversivi messi in campo con sempre più coerenza da Matteo Salvini e da Luigi Di Maio.
Guardiamoci un istante negli occhi e proviamo a dirci la verità su quello che sta succedendo nel nostro paese.
Primo: un partito che teorizza il necessario superamento della democrazia rappresentativa si trova al governo con un partito il cui segretario considera l’euro un progetto politico reversibile.
Secondo: un partito che teorizza il necessario superamento dell’attuale stato di diritto – e il cui ministro della Giustizia considera uno scandalo “impedire ai cittadini di ascoltare le parole dei politici quando sono al telefono con persone indagate” – si trova al governo con un partito che a) considera la chiusura delle frontiere più un’opportunità che un incubo e che b) non nasconde di essere alleato con il partito guidato dal presidente di uno stato straniero, ovvero Putin, che sogna di disgregare l’Europa al punto da essere arrivato a finanziare in alcuni paesi come la Francia alcuni movimenti disposti a portare avanti idee anti europeiste.
Terzo: un partito che teorizza la necessaria distruzione dei corpi intermedi – e il cui capopartito ha definito alcuni commissari europei pericolosi come “terroristi” – si trova al governo con un partito il cui segretario ha prima sostenuto di essere al di sopra della legge (in quanto eletto, a differenza dei magistrati) e ha poi esultato sui social per l’arresto senza prove di un proprio avversario politico. Ora. Occuparsi della sostenibilità del nostro debito pubblico, della fuga di investimenti dall’Italia, della scelleratezza di politiche assistenziali è un compito necessario per chiunque abbia a cuore il futuro del nostro paese. Ma il declassamento che ciascun elettore dovrebbe forse osservare sempre con più attenzione è quello che riguarda lo stato di salute non della nostra economia ma della nostra democrazia. E se si mettono per un istante da parte i numeri della manovra si capirà che la traiettoria scelta da Salvini e Di Maio sulla legge di Stabilità è parte di un unico progetto di governo al cui interno c’è tutto. Distruggere i corpi intermedi. Sfasciare l’Europa. Aggredire l’euro. Attaccare la scienza. Stravolgere lo stato di diritto. E prima verranno chiamate le cose con il loro nome e prima sarà possibile costruire un’alternativa allo sfascio della società aperta. Lo spazio c’è, le idee ci sono, la resipiscenza è possibile, la resistenza è doverosa, e vedrete che con pazienza un leader prima o poi arriverà.