Puntualizzazione su una replica (piuttosto cafona) a un articolo che non era razzista

Maurizio Crippa

Pino Aprile ci scrive e dimostra quanto sragiona il sud a 5 stelle

Poiché siamo un giornale liberale e beneducato, pubblichiamo qui il testo che il giornalista Pino Aprile ha inviato a commento di un articolo sugli “Intellettuali della Magna Grecia” uscito il 10 ottobre. Spiegheremo ad Aprile quanto gli va spiegato, previa una premessa: la sua prosa meritava il cestino, dove si buttano gli scritti sgangherati degli interlocutori cafoni. Come è Aprile, che definisce, del tutto gratuitamente e fuori contesto, il Foglio “un giornale scarso di lettori, non di finanziatori”. Noi offriamo le nostre idee a lettori ben informati, che per scelta editoriale non sono mai stati la Moltitudine. I libri di Pino Aprile hanno contribuito a creare la Moltitudine berciante dei Cinque stelle che adesso punta ad affossare l’Italia, ma non gliene facciamo una colpa personale. Non è questione di eleganza. Il problema è che la frase di Aprile esemplifica alla perfezione la reazione tipica della subcultura della Rete, quella secondo cui chi la pensa diversamente o non conta nulla (la democrazia come demagogia) o è pagato dai poteri forti (da Soros?). Maddai. Una seconda premessa, per fatto personale. Dacché Aprile mi accusa, col garbo di uno zappatore, di essere poco meno che un razzista, e analfabeta, vorrei rassicurarlo che non lo sono, e che qualcosina a scuola abbiamo studiato persino noi del Nord, all’Imperial Regio Ginnasio, pure della questione meridionale. Abbastanza da sapere che i libri di Aprile stanno a Gaetano Salvemini come Chiara Ferragni sta a Marylin Monroe.

 

Detto questo, si vorrebbe provare a spiegare ad Aprile e ai fautori di un pensiero che si pretende meridionalista, ma è solo portatore di immobilismo, il quale immobilismo porta non-sviluppo, che non sono io a squalificare “la metà del paese in cui hanno vinto i Cinque stelle”: sono i Cinque stelle che la stanno già retrocedendo, quella metà del paese, e finiranno per impoverirla ancora di più. Scrive Aprile che io non ho bisogno di informarmi, perché so già “come stanno le cose, a prescindere dai fatti”. Un po’ facile, no? I fatti li conosco, e anche la lunga trafila dei referendum – previsti dalla Costituzione del resto, e che non hanno prodotto né produrranno secessioni. Probabilmente è lui che non conosce il nord. Altrimenti non starebbe a prendersela con la Brebemi. E’ mai passato su un’autostrada del nordest? Ha mai chiesto agli esperti di logistica (magari al Politecnico di Milano) quali siano i flussi di traffico, di merci (dunque di economia e quindi di gettito fiscale) che transitano, su quelle strade? Non riesce a capire perché servano, e serva realizzarle con tempi migliori della Salerno-Reggio Calabria? O è un furto del nord anche il Terzo Valico?

 

Ma conosce poco anche il sud, Aprile. Altrimenti invece di parlare di secessione si domanderebbe perché una prestazione sanitaria in Calabria costi molto più che altrove. O che fine fanno, tuttora, i soldi di una regione speciale come la Sicilia: li ha rubati tutti Garibaldi? No, è perché non c’è mai stato un controllo di spesa, né un modello di costi standard – il professor Luca Antonini, che Aprile dipinge manco fosse l’organizzatore della logistica della Shoah – è uno dei pochi che abbia pensato, in questi anni, a una trasformazione in senso responsabilizzante della politica. Mentre molti altri – soprattutto a sinistra, e non solo al sud – stavano a dire che la Costituzione non si cambia. Non si cambia? Nemmeno se produce disastri? Le regioni del nord non terranno il 9/10 del gettito, stia tranquillo, e soprattutto non deprederanno il sud.

 

E se invece di ciarlare di secessioni la classe politico-intellettuale del sud chiedesse a se stessa conti in ordine? Troppo difficile. “Da un secolo e mezzo a Matera aspettano i treni dello Stato”, scrive. Ma sono quasi 50 anni che anche al sud esistono le regioni. Perché Aprile non si domanda cosa al sud non funziona, anziché spaventarsi se il nord vuole funzionare di più?

 

Infine (ma mi sembrava chiaro) non ho scritto che non ci sia un meridionalismo positivo (Massimo Adinolfi, sul Mattino, ad esempio lo ha capito). Ho detto che ce n’è uno cattivo, di cui fa parte il neo-borbonismo che chiude gli occhi sui ritardi del sud. “Lamento” e “rivendicazione” meridionale non danno fastidio a me, dovrebbero darlo ai cittadini del sud. Che meriterebbero di meglio che sentirsi ripetere la fake news (è questa, la fake news) sul Meridione depredato. Come scrive Adinolfi: ma non sono passati 150 anni? Dopodiché, è Pino Aprile che fa il tifo per il governo grillo-leghista. Non il Foglio.

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  • Maurizio Crippa
  • "Maurizio Crippa, vicedirettore, è nato a Milano un 27 febbraio di rondini e primavera. Era il 1961. E’ cresciuto a Monza, la sua Heimat, ma da più di vent’anni è un orgoglioso milanese metropolitano. Ha fatto il liceo classico e si è laureato in Storia del cinema, il suo primo amore. Poi ci sono gli amori di una vita: l’Inter, la montagna, Jannacci e Neil Young. Lavora nella redazione di Milano e si occupa un po’ di tutto: di politica, quando può di cultura, quando vuole di chiesa. E’ felice di avere due grandi Papi, Francesco e Benedetto. Non ha scritto libri (“perché scrivere brutti libri nuovi quando ci sono ancora tanti libri vecchi belli da leggere?”, gli ha insegnato Sandro Fusina). Insegue da tempo il sogno di saper usare i social media, ma poi grazie a Dio si ravvede.

    E’ responsabile della pagina settimanale del Foglio GranMilano, scrive ogni giorno Contro Mastro Ciliegia sulla prima pagina. Ha una moglie, Emilia, e due figli, Giovanni e Francesco, che non sono più bambini"