Il Servizio bilancio del Senato boccia il decreto Sicurezza di Salvini
Per i tecnici di Palazzo Madama la modifica della normativa sul rilascio dei permessi di soggiorno non è a costo zero
Settimane a dare contro alla Ragioneria generale dello stato perché i “tecnici” facevano - come sempre - le pulci ai decreti prima di “bollinarli”. Ma alla fine, a tradire Matteo Salvini e il suo provvedimento-simbolo sulla Sicurezza è stato il Servizio bilancio del Senato.
Il “fattaccio” è avvenuto martedì a Palazzo Madama, con la verifica fatta dagli uffici legislativi sul decreto Sicurezza. Dopo che i gialloverdi avevano accusato un po’ tutti, sparando più volte nel mucchio dei cosiddetti “tecnici del Mef”, l’esame era andato liscio e nessuno aveva avuto niente da ridire.
Ma il Servizio bilancio del Senato ha trovato qualcosa che non funziona, proprio nell’articolo che è il cuore del provvedimento, il numero 1. E’ quello con cui Salvini modifica la normativa sul rilascio dei permessi di soggiorno e “chiude le frontiere”. Il decreto cancella la possibilità che il permesso sia rilasciato per motivi umanitari e mantiene in piedi la possibilità di rilascio del permesso di soggiorno soltanto in condizioni speciali: per le cure mediche, in favore delle vittime di violenza o di sfruttamento, delle vittime di violenza domestica, per calamità naturali o per meriti civili. Il provvedimento modifica anche le procedure per i ricorsi. La relazione tecnica che accompagnava il testo stabiliva che le disposizioni dell’articolo 1 “non producono alcun costo per la finanza pubblica”. Quel cambio di regole, dunque, sarebbe a costo zero. Anche per quanto riguarda l’attribuzione della competenza sui ricorsi alle Sezioni speciali già istituite presso le Corti di appello la relazione tecnica certificava che queste modifiche non comportavano oneri poiché non sarebbe stato necessario né nuovo personale né un riassetto organizzativo.
Ma proprio su questo punto il Servizio bilancio del Senato, nella Nota di lettura n. 43, ha detto no. O meglio, i tecnici hanno specificato che sulla tesi del vicepremier non v’è certezza. Si segnala che - come disciplinato dall'articolo 17, comma 6-bis della legge 196/2009 - quando nella relazione tecnica di un provvedimento si specifica che una norma è a costo zero, il legislatore è tenuto non a ipotizzare, ma a dimostrare che le cose siano davvero così. Non basta dirlo, bisogna provarlo con carte e numeri alla mano. A suffragio di questa tesi che ha portato alla bocciatura, l’Ufficio Studi cita anche una circolare della Ragioneria generale dello stato, la n.32/2010. Salvini avrebbe dovuto allegare statistiche e numeri sulle diverse tipologie di permesso di soggiorno e sui relativi ricorsi, quantificarli, allegare le famose tabelle, ma non lo ha fatto.
C’è un altro rilievo. Il ministero dell’Interno ha scritto nel testo della relazione tecnica che per le Sezioni speciali presso le Corti di appello vi sarà un aumento del lavoro rispetto a oggi, ma senza aggravi economici aggiuntivi rispetto a quelli già a carico di diversi capitoli di bilancio del ministero della Giustizia. Sarà il Guardasigilli Alfonso Bonafede, dunque, a sostenere la spesa relativa all’ampliamento dell’attività giurisdizionale e al lavoro aggiuntivo che dovranno sostenere alcuni magistrati per decidere quale immigrato ha titolo a rimanere in Italia e quale no. Anche su questo punto, però, il Servizio bilancio del Senato ha dei dubbi specificando che “gli stanziamenti già iscritti in bilancio a copertura dei fabbisogni di spesa sono costruiti ai sensi della legislazione vigente” e chiarendo che quelle risorse non possono comunque giustificare, nè tantomeno coprire, le maggiori attività previste dalle norme del nuovo decreto.