Perché la Lega di Salvini va forte nelle (ex) regioni rosse
Due ricercatori indagano sulla relazione fra la presenza del Msi in alcune aree e la crescita dei leghisti dopo la svolta leghista
Roma. Come si spiega la crescita della Lega nelle (ex) regioni rosse? Con la disaffezione verso la vecchia classe dirigente, certo, ma c’è anche altro. A questa domanda danno una prima risposta due ricercatori, Moreno Mancosu del Collegio Carlo Alberto e Riccardo Ladini dell’Università di Milano, nel paper dal titolo “The ‘new’ League success in the red belt and its post-fascist inheritance: evidence from 2018 National Elections”. L’ipotesi di partenza dei ricercatori, confermata poi dall’analisi dei dati, è una relazione fra la presenza, piccola ma agguerrita, di una minoranza post-fascista fin dalla Prima Repubblica in alcune zone geografiche e la crescita della Lega di Matteo Salvini negli ultimi cinque anni.
“I risultati confermano la nostra ipotesi, mostrando come il successo della Lega sia più forte in aree particolarmente fertili alla minoranza post-fascista nel corso della Prima Repubblica”, scrivono i due ricercatori, che hanno preso in considerazione le elezioni politiche del 1976 e quelle più recenti del 2006-2008-2013 e 2018, utilizzando come unità di riferimento più piccola il voto nei comuni. “L’idea – dice Ladini al Foglio – era vedere se ci fosse una relazione fra il voto del 1976 al Msi e quello attuale alla Lega”. Questa relazione si manifesta solo a partire dall’elezione di Matteo Salvini a segretario del Carroccio e la trasformazione di quest’ultima da partito single issue in partito generalista (con molte issues, peraltro, cambiate nel corso degli ultimi mesi: chi l’avrebbe mai detto che Salvini potesse essere disponibile a giocarsi il rapporto con gli imprenditori del Nord-Est per sostenere un’alleanza con i Cinque stelle marcatamente assistenzialista?). “Abbiamo preso tre regioni, Toscana, Umbria e Marche, nelle quali la Lega prima era inesistente”, spiega Ladini. “O meglio, era presente come offerta politica, perché la potevi votare a differenza del Mezzogiorno, ma non aveva peso rilevante. In quei luoghi dove il Msi era relativamente più forte nella Prima Repubblica, alle elezioni del 1976, è più probabile che oggi sia forte la Lega, come in alcuni comuni della provincia di Grosseto e di Macerata. Naturalmente, l’entità del voto al Movimento Sociale Italiano era diversa rispetto a quella data alla Lega di oggi, perché i voti presi dal Carroccio sono molti di più. Il punto quindi è un altro: i semi di questa tradizione politica di destra erano stati gettati già negli anni Settanta e sono stati raccolti alle elezioni di oggi”.
Il passaggio da Roma all’Europa nell’individuazione del nemico geografico da abbattere e il passaggio dai meridionali ai migranti nell’individuazione del bersaglio economico-sociale hanno favorito il consenso della Lega anche in quelle aree poco propense a scegliere un partito etno-regionalista come la vecchia Lega Nord. Tuttavia, se il terremoto elettorale 2013-2018 è conseguenza di una diffusa protesta politica, questa protesta ha premiato la Lega maggiormente in quei comuni nei quali la tradizione politica postfascista era più forte. Questo studio è un piccolo inizio, dice Ladini, “adesso sarebbe interessante vedere se questa relazione sarà confermata anche nel resto d’Italia, in particolare in quelle province del Lazio e della Sicilia, dove il Msi è sempre stato forte”. Nello studio vengono tenuti in considerazione anche altri fattori, come il tasso di disoccupazione e la presenza di migranti. “Al netto di livelli occupazionali e presenza di stranieri, se ci basiamo sui dati demografici più recenti che abbiamo, quelli del censimento del 2011, vediamo che la relazione tra Msi e Lega tiene”. A prescindere da quanti migranti ci sono sul territorio, dove c’era una tradizione politica di destra più radicata, ora la lega salviniana raccoglie più consensi, quantomeno nelle (ex) regioni rosse.