Perché il referendum su Atac interessa il contribuente collettivo
L’11 novembre si vota non solo per cambiare il modello di gestione dei trasporti romani ma per non finanziare più un “buco”
Roma. Se ne sente parlare troppo poco ma il referendum su Atac dell’11 novembre per mettere in concorrenza il servizio di trasporto pubblico locale ha una rilevanza nazionale: cambiare modello gestionale può fare risparmiare molto non solo ai cittadini romani ma anche allo stato dal quale Atac dipende.
Atac non è mai stata un’azienda brillante, viste le perdite accumulate nel corso degli anni, ma l’ultimo biennio, quello del cambiamento, la società del comune di Roma è riuscita a peggiorare. I dati di bilancio relativi all’anno 2017, quello del concordato, per il quale nel corso dei prossimi anni l’azienda non pagherà ai cittadini romani i debiti accumulati, sono tragici per il contribuente. Insomma, è stato un anno terribile il 2017 per la società che ha visto una caduta della produzione importante, tanto che Atac non riesce a soddisfare i chilometri richiesti dal comune di Roma. Un’azienda pubblica inadempiente, ma che gode di un regime speciale, evidentemente, visto che è stata premiata con il prolungamento del servizio dal 2019 al 2021.
Addirittura quasi il 16 per cento dei chilometri che dovevano essere effettuati dagli autobus e dalle metropolitane non sono stati prodotti nel corso del 2017: non è un caso che i cittadini romani esausti debbano aspettare troppo tempo alle fermate. Il dato è ancora più allarmante perché le gare per i nuovi bus sono andate deserte, probabilmente disegnate molto male da parte dell’amministratore pubblico. E con la flotta sempre più vecchia, il servizio tende a diminuire sempre di più. Un dato confermato anche nel corso della prima parte del 2018. I problemi si accumulano e l’unica ancora di salvataggio di Atac sembra essere diventata il non pagamento dei debiti e dei suoi interessi: non un grande risultato. Ma andiamo a vedere i risultati tragici del 2017 della compagnia di trasporto pubblico romana.
In primo luogo, il dato più preoccupante è relativo ai costi: il costo per vettura chilometro al netto delle svalutazioni e ammortamenti (quello utilizzato come standard e che misura quanto costa fare circolare un mezzo per un chilometro) è in costante crescita nell’ultimo biennio. Se tra il 2013 e il 2015 vi era stata una leggera diminuzione del costo, sotto il mandato del sindaco Virginia Raggi, tra il 2016 e il 2017, il costo per vettura chilometro è aumentato in maniera molto preoccupante e deciso.
Da meno di 6 euro per vettura chilometro, si è arrivati ad un valore vicino a 6,5 euro. Un valore che rimane più che doppio rispetto ai migliori casi europei. Le domande da porsi circa questo risultato sono principalmente due: da cosa deriva questo extra-costo? Chi paga questo extra-costo? La risposta alla prima domanda arriva direttamente dal bilancio di Atac: il costo del personale è quello che incide maggiormente sui conti aziendali. In particolare questa voce di costo vale ormai più del 51 per cento dei costi totali, in aumento di quasi 7 punti percentuali rispetto al 2014. E la decisione più assurda del concordato – quello che abbona il debito nei confronti dei cittadini romani – è quello di volere assumere nuovi dipendenti.
Significa andare davvero in contromano, verso uno spreco continuo di soldi. Uno spreco di soldi dei cittadini onesti romani ed italiani che pagano le tasse per mantenere in vita un’azienda che evidentemente è inefficiente. Ma quale è stato il costo di avere Atac? Negli ultimi nove anni l’azienda pubblica è costata al contribuente circa 7 miliardi di euro tra sussidi e perdite. Un “buco” enorme che significa che ogni giorno che passa, l’azienda di trasporto pubblico romana perde circa 2,1 milioni di euro. Dunque la tragedia Atac continua e peggiora, come dimostrato dai dati di bilancio. Il cambiamento in peggio è qui e utilizza i soldi dei cittadini romani. Non parliamo di cifre piccole, ma di quasi mille euro a famiglia all’anno per mantenere in vita Atac.