Cosa rischia la democrazia quando l'Europa diventa un nemico del popolo
La grande battaglia del futuro sarà dimostrare che non può esistere un “noi” senza Europa e senza democrazia. Salvini e Di Maio hanno rimesso in discussione i valori non negoziabili della società aperta. Come reagire, da dove partire
Noi e loro. La battaglia sulla manovra aperta dall’Italia contro l’Europa non è solo una battaglia di carattere economico ma è prima di tutto una battaglia di carattere culturale al centro della quale ci sono due parole che stanno diventando il cuore vero della rivoluzione politica in corso nel nostro paese. Noi e loro. Rispetto alla dialettica sulla legge di stabilità, il “noi” rappresenta il popolo guidato da Salvini e Di Maio e il “loro” rappresenta invece l’anti popolo dei “burocrati” europei. Inutile far notare a Salvini e Di Maio che la Commissione dei “burocrati europei” in realtà non è una burocrazia (non è cioè un organo amministrativo) ma è il governo dell’Unione europea e i Moscovici e gli Oettinger non sono stati eletti “direttamente” commissari allo stesso modo in cui Salvini e Di Maio non sono stati eletti “direttamente” ministri. Più utile far notare invece che il modo in cui Salvini e Di Maio hanno scelto di cavalcare la battaglia contro la Commissione europea sta creando le condizioni per creare un “noi” e “loro” altamente pericoloso. Se il “noi”, ovvero il governo di un paese membro dell’Unione europea, viene messo in contrapposizioni al “loro”, ovvero all’Europa, non ci si sta limitando a sfidare la Commissione sulla manovra ma si sta facendo un passo in avanti per creare un linguaggio d’odio finalizzato a rendere incompatibile l’interesse di un paese membro con quello dell’Europa.
Salvini e Di Maio stanno rendendo incompatibili con la parola “popolo” le parole “Europa” e “democrazia rappresentativa”. La grande battaglia dei prossimi mesi, per l’Italia ma non solo, sarà riuscire a dimostrare che non può esistere un “noi” senza Europa e senza democrazia. E il fatto che oggi tutto questo non sia scontato non ci fa tremare le gambe solo perché veniamo da un weekend di splendido ottimismo fogliante
Noi e loro. Il popolo e l’élite. La sovranità e l’anti sovranità. La democrazia e la casta. Per i professionisti dell’anti casta, la battaglia contro l’Europa è l’evoluzione naturale della battaglia contro la casta combattuta negli ultimi anni in Italia e la ragione per cui il Movimento 5 stelle e la Lega hanno brindato qualche giorno fa “all’abolizione della casta” in concomitanza con la delibera sul taglio dei vitalizi fatta propria dal consiglio di presidenza del Senato è legata a un problema che merita di essere affrontato: su cosa si scaricherà nei prossimi mesi e forse nei prossimi anni la furia anti casta di cui i nuovi membri della casta sono i portavoce naturali? Dire che i politici che si trovano in Parlamento fanno parte della casta è cosa poco conveniente, essendo il Parlamento di oggi un bivacco di anti casta.
Ma è sufficiente leggere tra le righe e tra le promesse del Movimento 5 stelle e della Lega per capire che le battaglie anti casta non sono state archiviate ma sono state solo deviate su due soggetti simmetricamente messi sotto assedio: da un lato l’Europa, dall’altro la democrazia. Il tentativo di alimentare ogni giorno l’odio anti europeista, sputando quotidianamente sulla bandiera della pace europea, è l’essenza del messaggio politico di due partiti sfascisti come il Movimento 5 stelle e la Lega ma ciò che dovrebbe destare preoccupazioni più ancora della violazione delle regole europee è che il linguaggio utilizzato da Di Maio e Salvini contro l’Europa a lungo andare rischia di far attecchire sempre di più un sentimento politico caratterizzato da una divisione del mondo molto pericolosa: da una parte c’è il popolo, ci siamo noi, noi parlamenti sovrani, dall’altra parte ci sono loro, c’è la casta dei nemici del popolo, c’è l’Europa, c’è l’euro. Se l’Europa, loro, fa come diciamo noi, l’Europa è salva. Se l’Europa non fa come diciamo noi, l’Europa, per noi, non esiste più, e merita di essere buttata via come un vitalizio.
Salvini e Di Maio, sempre con minore convinzione, dicono e ripetono che il tema dell’euro non è presente in questo contratto ma la verità è che l’arsenale retorico che i due gemelli diversi del populismo italiano stanno costruendo giorno dopo giorno coincide in modo sempre più inquietante con alcune promesse contenute nella prima bozza del contratto di governo, che come ricorderete conteneva tre punti poi eliminati. Primo punto: la richiesta di cancellazione di 250 miliardi di euro di debito italiano acquistati dalla Bce nell’ambito del programma Quantitative Easing. Secondo punto: l’impegno a riformare i trattati europei, in particolare per quanto riguarda le regole sulla spesa. Terzo punto: l’introduzione nei trattati di una clausola che permetta l’uscita dei paesi membri dall’euro in caso di richiesta popolare.
Non ci vuole molto a capire che i tre punti eliminati dal contratto di governo saranno i tre punti chiave della prossima campagna elettorale, così come non ci vuole molto a capire che l’altro lato della futura battaglia anti casta riguarda un terreno sul quale lo scontro tra “noi” e “loro” inizia a prendere forma sempre con maggiore velocità. Noi della nuova democrazia, voi della vecchia democrazia. Noi della democrazia della rete, voi della democrazia rappresentativa. La progressiva trasformazione della democrazia del web nella forma più genuina di partecipazione popolare alla vita di un paese (il sottosegretario all’editoria Vito Crimi è arrivato a dire che l’informazione sulla rete è così superiore rispetto a quella tradizionale che non può essere governata in nessun modo perché “se reprimiamo le fake news, reprimiamo la libertà di informazione”) ha portato la classe politica populista a giocare in modo esplicito con alcuni cardini della democrazia rappresentativa ed è perfettamente coerente con questa logica avere oggi al governo un partito che sogna di superare la democrazia rappresentativa a colpi di referendum propositivi senza quorum e senza limiti e a colpi di abolizione di divieti di vincoli di mandato (il Movimento 5 stelle) e un altro che dice di sentirsi più a suo agio in Russia che in alcuni paesi d’Europa e che sogna di importare in Italia il modello di democrazia illiberale messo in campo da Orbán (la Lega).
Salvini e Di Maio stanno rendendo incompatibili con la parola “popolo” le parole “Europa” e “democrazia”. La grande battaglia dei prossimi mesi, e forse dei prossimi anni, per l’Italia ma non solo, sarà riuscire a dimostrare che non può esistere un noi senza Europa e senza democrazia. E il fatto che oggi tutto questo non sia scontato non ci fa tremare le gambe solo perché veniamo da un weekend di splendido ottimismo fogliante. La resipiscenza è possibile. Ma per combattere le battaglie giuste, prima bisogna capire bene contro cosa bisogna combattere.