Sulla trasparenza dei partiti la Lega provoca il M5s
Nel disegno di legge di Bonafede non c’è soltanto la riforma della prescrizione a fare discutere la maggioranza. Ecco gli emendamenti dei leghisti su contributi ai partiti, selezione online dei candidati e finanziamenti dall'estero
Non c’è soltanto la riforma della prescrizione. Anche la seconda parte del disegno di legge di Alfonso Bonafede chiamato “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici” (il 1189), quella che introduce nuove norme sulla trasparenza dei partiti, si sta trasformando in un campo di battaglia interno alla maggioranza. Ora dopo ora si stanno accumulando sulle scrivanie delle commissioni Affari costituzionali e Giustizia di Montecitorio faldoni densi di emendamenti che saranno raccolti oggi pomeriggio. La Lega ha già presentato emendamenti soppressivi su tutti gli articoli di cui si compone la sezione sui partiti (il 7.2, l’8.2, il 9.1, il 10.1 e l’11.1): il partito di Matteo Salvini vuole dunque cancellare l’intera sezione, che pure i Cinquestelle considerano molto importante.
La “carica” del Carroccio non si limita però a cancellare quello che gli altri hanno scritto: tra gli emendamenti leghisti spuntano proposte che hanno tutto l’aspetto della provocazione all’alleato. E’ il caso per esempio dell’articolo 7, che impone ai partiti e ai movimenti politici di rendere pubblici i soggetti da cui ricevono contributi, prestazioni gratuite o altre forme di sostegno. I pentastellati vogliono conoscere “ogni singolo euro” versato nelle casse dei partiti e il leghista Igor Iezzi, con l’emendamento 7.7, vuol specificare che questo obbligo dovrebbe valere “anche ai fini della realizzazione e della gestione di piattaforme informatiche o siti internet”. Inutile dire che ce l’ha con Rousseau, cuore del grillismo.
Gli atti ostili dei leghisti nei confronti degli alleati diventano ancora più ostili quando, con due emendamenti aggiuntivi, il 7.01 e il 7.03, i salviniani intendono intervenire per via legislativa addirittura sulle procedure di selezione delle candidature del Movimento 5 stelle. Le due proposte firmate sempre dal deputato-giornalista milanese, vicinissimo al “Capitano”, prevedono che i partiti che stabiliscono le proprie candidature con consultazioni informatiche “debbano accertare che gli iscritti alle piattaforme siano iscritti nelle liste elettorali”, farsi inviare il certificato penale dei candidati (emendamento 7.01) o, in alternativa, la consultazione online deve essere certificata da un notaio (emendamento 7.02). Potrebbero non essere nemmeno considerati ammissibili, ma intanto sono lì, agli atti del Parlamento. Un altro scontro è sui finanziamenti ai partiti provenienti dall’estero, un tema scivolosissimo, disciplinato dall’articolo 2: “Ai partiti e ai movimenti politici è fatto divieto di ricevere contributi provenienti da governi o enti pubblici di Stati esteri, da persone giuridiche aventi sede in uno Stato estero (...). E’ dunque impossibile ricevere soldi dall’estero, anche da società o da (ricche) “persone fisiche”. Il Movimento 5 Stelle ha ideato l’articolo, la Lega, evidentemente, non è d’accordo: ha presentato un emendamento soppressivo, il 7.23, a prima firma della deputata Simona Bordonali.
Su una cosa, almeno, i gialloverdi vanno d’accordo. Ve lo ricordate lo stratagemma per evitare che i partiti “sfruttino” le fondazioni collegate per farsi finanziare, cioè obbligare ciascun partito a collegarsi ad una sola fondazione e non di più? Leghisti e pentastellati non sembrano più tanto convinti. I primi propongono la cancellazione della norma con l’emendamento 9.19 sempre a firma Bordonali, i secondi con la proposta di modifica numero 9.18 a prima firma della capogruppo in commissione Affari Costituzionali, Anna Macina.