Le elezioni anticipate a marzo non sono più un tabù e il Pd si interroga sul da farsi
Matteo Salvini rassicura tutti: il governo non cadrà. Ma nel M5s non si fidano dell'alleato, né di Luigi Di Maio. E Grillo e Casaleggio hanno già richiamato in servizio Di Battista
Il governo ha deciso di mettere la fiducia sul decreto sicurezza ma questo non ha spento i tam tam dei palazzi della politica su una crisi imminente. Ma molto imminente, perché i bene informati dicono già anche la data delle elezioni anticipate: a marzo del prossimo anno. Eppure Matteo Salvini, quando parla con i suoi, continua ad assicurare che il governo andrà avanti e che non è sua intenzione mandare a carte e quarantotto tutto. Ai parlamentari di Forza Italia considerati più vicini alla Lega, però, il ministro dell’Interno fa trapelare, al contrario, tutta la sua insoddisfazione per questa esperienza con il Movimento 5 stelle. Del resto, spiega qualche gola profonda nella Lega, nei sondaggi adesso Matteo Salvini vola. Ruba voti a Silvio Berlusconi, a Giorgia Meloni e, ovviamente, ai grillini stessi.
Anche nel Movimento 5 stelle c’è una certa preoccupazione per le mosse dell’alleato. Al quartier generale dei grillini non si fidano delle assicurazioni di Salvini e, tanto meno, di quelle di Luigi Di Maio, che è ancora aggrappato con tutte le sue forze a questa esperienza governativa perché sa bene che per lui non ci sarà una prossima volta.
Proprio la diffidenza nei confronti del ministro dell’Interno ha fatto decidere Grillo e Casaleggio, per una volta uniti, a richiamare in servizio Alessandro Di Battista, che infatti sarà in Italia a dicembre, dopo il lungo viaggio in Guatemala. In caso di elezioni sarà lui, e non Luigi Di Maio, il frontman del movimento. E se invece il governo, alla fine, non dovesse cadere, Di Battista potrebbe essere l’uomo adatto per tentare la corsa a sindaco di Roma nel caso in cui la sempre più traballante giunta Raggi cadesse anzitempo. Ma gli amici di Dibba dicono che lui non ha affatto voglia di cimentarsi in quest’ultima prova: preferisce di gran lunga la sfida nazionale.
Mentre nella maggioranza gialloverde si ragiona così, al Pd, dove il tam tam delle elezioni a marzo è giunto, si cerca di capire il da farsi. Frenare il congresso in caso di elezioni anticipate? O, piuttosto, andare avanti comunque? Dicono che Marco Minniti preferisca di gran lunga questa seconda opzione. L’ex ministro dell’Interno (come Renzi, del resto) è convinto di potercela fare e di riuscire a imporre la sua linea. Quella che punta al logoramento dei grillini e a una riconquista di una parte di quei voti. L’obiettivo è ambizioso e, in fondo, è lo stesso di Salvini, anche se non ci sono certo buoni rapporti tra i due: quello di eliminare, o quantomeno di arginare in modo significativo, l’anomalia dei 5 stelle e ripristinare così un bipolarismo destra-sinistra. Cosa che, a suo avviso (ma anche Renzi è della stessa idea) non si potrebbe fare con Nicola Zingaretti alla guida del Pd.