Governo in sicurezza
Il decreto Salvini passa al Senato, sulla prescrizione la Lega insiste e il M5s ora ha un problema: trovare uno scalpo
Roma. Il Dl Sicurezza voluto da Matteo Salvini passa con il voto di fiducia al Senato (163 sì, 59 no e 19 astenuti), il leader della Lega esulta e capitalizza il risultato anche se manca ancora il pronunciamento della Camera. I problemi, invece, sono tutti nel M5s, che si ritrova con cinque senatori dissidenti (Gregorio De Falco, Elena Fattori, Paola Nugnes, Matteo Mantero e Virginia La Mura), prontamente segnalati dal capogruppo Stefano Patuanelli ai probiviri, che hanno già avviato un’istruttoria nei loro confronti. “Si tratta di un comportamento particolarmente grave visto che – dice Patuanelli – si trattava di un atto di fiducia al governo”.
Ma per i Cinque stelle i guai non finiscono qui, visto che sulla cancellazione della prescrizione dopo la condanna in primo grado ci sono molti problemi. A poco sembrano valere le rassicurazioni di Salvini: “Troveremo un accordo con Di Maio e Conte, lo abbiamo fatto altre volte”, dice il leader leghista. Ai Cinque selle però non basta.
Da Luigi Di Maio ad Alfonso Bonafede, il M5s è costretto a rilanciare sui social per tutta la giornata con l’hashtag #bastaimpuniti con cui intende mettere fretta e pressione all’alleato, che ha parecchi dubbi sulla proposta del M5s di allargare la portata del ddl anticorruzione, al momento in discussione in commissione Giustizia.
Alla fine, dopo una giornata tumultuosa, Lega e Cinque stelle hanno trovato il modo di prendere tempo: “La decisione se allargare alla prescrizione è stata devoluta alla Giunta per il Regolamento perché ci sono dubbi sull’ammissibilità. Anche noi, evidentemente, abbiamo dei dubbi”, dice Luca Paolini, componente della commissione Giustizia della Camera. Sulla riforma della prescrizione bisogna “tenere conto della richiesta del M5s, ma anche della Costituzione sulla durata ragionevole del processo”, ha detto a Porta a Porta il sottosegretario agli Interni Nicola Molteni, leghista, ricordando il contenuto dell’articolo 111 della Costituzione: “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti a giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata”. Per Salvini, infatti, “non possiamo tenere neanche 60 milioni di italiani ostaggio per anni e anni in processi che si sa quando iniziano ma non quando finiscono”. Insomma, serve tempo per trovare un accordo fra Lega e Cinque stelle. Il partito di Casaleggio e Grillo però ha urgenza di “vendere” qualcosa al suo elettorato, soprattutto se è vero che nella legge di bilancio il reddito di cittadinanza sarà pesantemente rimaneggiato.
E che cosa c’è di meglio del buon vecchio giustizialismo manettaro che piace ai Piercamillo Davigo? Siamo però al cabaret, come osserva il deputato Stefano Ceccanti del Pd: “La grande farsa, che era iniziata negli scorsi giorni con un emendamento estraneo per materia che si cercava di rendere ammissibile correggendolo e inserendo anche un cambiamento di titolo, oggi è proseguita con un altro colpo di teatro, cercando di ampliare la materia ad esame già iniziato e, senza una norma del Regolamento che lo consenta, cercando di utilizzare come precedenti dei casi che non c'entrano palesemente niente. Visto il silenzio attendista della Lega la palla si sposta al momento nella Giunta per il Regolamento”. Cioè a Roberto Fico. Ma Fico ha già deciso: non serve la riunione. La trattativa prosegue, intanto oggi alle 8.30 si vedranno Di Maio, Salvini e Conte per parlare della prescrizione.