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Tajani ci spiega perché “Roma è al capolinea”

Marianna Rizzini

“Uno schema misto pubblico-privato per Atac”. I trasporti, il referendum Atac, la sicurezza, il mutismo della Lega. Parla il presidente del Parlamento europeo

Roma. C’è il referendum sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico romano e il silenzio regna: la consultazione promossa da Radicali Italiani e Radicali Roma (si vota l’11 novembre), non è stata molto pubblicizzata dal comune di Virginia Raggi (la linea è: status quo) e non è stata, per lungo tempo, in cima alla lista delle priorità dei partiti. Ieri il Pd e Forza Italia hanno presentato le proprie iniziative. La Lega tace, nonostante il tema concorrenza non le sia estraneo. “Bisogna smuovere le acque”, dice da FI Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo.

 


Antonio Tajani (Foto Imagoeconomica)


 

Ex Commissario Ue ai Trasporti ed ex candidato sindaco per la Casa delle Libertà nel 2001, Tajani conosce bene la Roma che oggi fa da specchio e simbolo anticipatore dello sfascio possibile ai tempi del governo populista: “Noi immaginiamo per i trasporti la messa a gara in direzione di un assetto misto pubblico-privato, sul modello di Acea”, dice Tajani. “Uno schema 49-51 per cento in cui il privato gestisce il servizio e il pubblico controlla e decide le linee guida. Senza liberalizzazione selvaggia, senza mortificare chi lavora in Atac, e anzi usando le migliori risorse dell’azienda con gestione efficiente del privato”.

 

Intanto, però, la Roma in panne mostra che cosa succede se si segue la politica del “No”, dell’immobilismo che evita le responsabilità: “Assistiamo a una paralisi dovuta all’incapacità di amministrare. Roma è abbandonata a se stessa”, dice Tajani. “Manutenzione zero, pulizia zero, smaltimento rifiuti zero, dalla periferia ai quartieri residenziali. Per non dire delle buche. Dove sono i settemila vigili urbani? Dal Comune si sente parlare di ‘sicurezza’. Ma il luogo dov’è stata uccisa Desirée Mariottini era conosciuto, si sapeva che poteva essere pericoloso. Il governo nazionale è dello stesso colore dell’amministrazione romana. Bene, che cosa aspetta?”. Risuonano le parole di chi dice che a Roma si sa, ma non si fa. E che ogni volta che qualcuno vuole agire, spuntano venti comitati del “No”. “Sono alibi. Basta decidere. Non bastano i fiori. L’attività di prevenzione e manutenzione serve, a partire dalla metropolitana di sera. Altro che sicurezza: a Roma ci sono luoghi dove neanche la polizia entra. Soprattutto, cosa grave, non vedo un disegno, non vedo una strategia. Se Raggi chiude le scuole non è perché ha paura che si allaghino ma perché cadono gli alberi: sa che il Servizio giardini è inesistente”. Come se Roma fosse governata da fantasmi. “Se non ci fosse nessuno in Campidoglio, sarebbe uguale”.

 

La “rivoluzione” di cui parla Tajani dovrebbe partire dall’alto: “Lo stato decida di intervenire sulla Capitale, invece di sprecare soldi con il reddito di cittadinanza. E a Roma è inutile vantarsi di aver ‘ripianato’ se poi non si fa nulla. E’ vero che in passato si è governato male, ma non può essere una scusa. Raggi ha tutto il potere, ha la maggioranza, ma è come se non l’avesse”. E la Lega che ora ha lanciato un’opa su Roma, ma che sul referendum tace? “Il matrimonio con i Cinque stelle paralizza la Lega in tutte le attività di innovazione. Ancora più strano è vedere il M5s, grande sostenitore della democrazia diretta, boicottare un referendum fatto di cittadini che vanno a votare fisicamente, non facendo clic. E si parla di dare un servizio migliore ai romani e non, come si è detto, di liberalizzare selvaggiamente. Senza contare che i trasporti sono il biglietto da visita della città: la prima cosa che un turista vede. Come le strade di accesso alla capitale, che anche in paesi difficili, in Africa o in Asia, sono tenute bene proprio perché sono la prima cosa che si incontra entrando in città. Invece dalla Salaria si entra a Roma tra erbacce e prostitute”.

 

E la metropolitana? “Lo dicevo quando mi sono candidato a sindaco, molti anni fa: serve la grande opera, coinvolgendo le Belle Arti, con le stazioni come piccoli musei”. Ma quello che più preoccupa, dice Tajani, “è la sensazione di generale apatia, abbandono, sporcizia, morte anche culturale, come se Roma non fosse più neanche la capitale, con un sindaco privo di personalità propria. Se c’è un problema si consulta Beppe Grillo, invece di concentrarsi su questioni che potrebbero essere risolte applicandosi sul territorio, a partire per esempio dall’abusivismo e dalla scolarizzazione nei campi rom. Ma qui ci vuole un sindaco visionario, non certo scelto per sorteggio. Roma è al capolinea – spero che l’Italia non finisca come Roma”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.