Marco Minniti (foto LaPresse)

Scatta l'ora M con l'ex ministro dell'Interno. La strategia per superare il 18 per cento

David Allegranti

I renziani sanno che servono nuovi contenitori, magari da affiancare al Partito. Ma prima bisogna sopravvivere alle Europee

Roma. Tra oggi e domani, Marco Minniti, assicurano i renziani, sarà ufficialmente candidato al congresso del Pd. Giusto in tempo per presentare questo venerdì a Firenze il suo libro dal titolo orwelliano “Sicurezza è libertà” con Matteo Renzi e Dario Nardella, una investitura che arriva dall’alto dopo gli appelli dal basso in stile vecchio Pci, con amministratori a lanciare la sua candidatura. Il duello tra Minniti e il governatore del Lazio Nicola Zingaretti è dunque pronto. Gli schieramenti si stanno muovendo dietro i rispettivi aspiranti segretari del Pd e tra i molti ad aver dato un dispiacere ai renziani, che hanno appena concluso la loro assemblea a Salsomaggiore, c’è anche Paolo Gentiloni. L’ex presidente del Consiglio domenica a “Che tempo che fa” si è schierato con il governatore: “Penso che Zingaretti sia un ottimo candidato. Può essere un’idea di stagione nuova”. Zingaretti può contare anche sul supporto di Dario Franceschini, altro ex sostenitore di Renzi che ha passato (di nuovo) il Rubicone.

 

Il Congresso è diventato un fatto fisiologico e psicologico per il Pd, che non cresce nei sondaggi nonostante si inizi a intravedere timidamente il calo di consenso del governo. “Ci manca un leader”, dicono i renziani, una parte dei quali – più burbanzosa – vorrebbe uscire dal Pd e fondare un partito autonomo. L’altra parte, invece, tenuta insieme da Lorenzo Guerini, punta su un Congresso serio per scegliere un nuovo leader, Minniti giustappunto, e affiancare al Pd eventualmente una nuova forza. Secondo questa parte, le vacche sono così magre di questi tempi che intanto bisogna puntare tutto sulla sopravvivenza alle elezioni europee. L’obiettivo, secondo i renziani, è superare il 18 per cento. Qualora l’obiettivo venisse centrato, ci sarebbe tempo per ragionare su come riorganizzare il campo. E qui la soluzione potrebbe essere la costruzione, in caso beninteso di sopravvivenza alle europee, di un nuovo schieramento, con il Pd al centro e un partito gemello, magari costruito da Carlo Calenda, accanto. L’ex ministro dello Sviluppo Economico però non ha molta voglia di mischiarsi con il Pd, “un partito paralizzato dai rancori e dai personalismi. E’ mia profonda convinzione che il Congresso aumenterà le fratture. E’ facile prevedere gli ‘alti’ contenuti del dibattito congressuale: Marco Minniti verrà descritto come un burattino di Matteo Renzi e Nicola Zingaretti come la quinta colonna del M5s. Entrambe queste descrizioni sono false. Si tratta di due persone di prim’ordine che possono degnamente rappresentare tutto il Partito democratico. Eppure i ‘fedayyin’ Renziani e Antirenziani già pregustano la prossima ordalia”. Il distacco tra l’Italia e il Partito democratico, aggiunge l’ex ministro, “sta aumentando mentre dovrebbe e potrebbe diminuire… A questo punto l’unica soluzione è che Paolo Gentiloni scenda in campo e fermi questo cupio dissolvi”. Impossibile, la macchina del Congresso è già in moto. Sicché le questioni – non banali – sono due: la prima è che Zingaretti potrebbe vincere il Congresso, la seconda è che il Pd potrebbe non superare il 18 per cento (e questo, per la verità, potrebbe accadere anche con Minniti segretario).

 

Comunque, avere Zingaretti o Minniti come segretario, osservano i renziani, sarebbe differente per il futuro del Pd. “Il problema di Zingaretti – dice un autorevole dirigente vicino all’ex segretario del Pd – non è che è sposta a sinistra il Pd (che sarebbe legittimo) ma che lo porta a una melassa genericamente di sinistra e culturalmente subalterna ai Cinque stelle”. Accettare l’eventuale vittoria del governatore del Lazio potrebbe non essere semplice per i sostenitori dell’ex segretario di Firenze. Tra i quali, come detto, c’è chi valuta anche l’uscita dall’eventuale “Pd trasformato in Pds”. D’altronde, i comitati civici lanciati alla Leopolda sono, come spiegato da Renzi stesso nell’ultima eNews, sono già all’opera. C’è anche un sito per iscriversi e fondarne uno. “I Comitati ‘Ritorno al Futuro’ intanto lavorano. E crescono giorno dopo giorno”, dice Renzi, che di Pd quasi non parla più e forse non è un caso. “In questa settimana i comitati si sono mobilitati per Casa Italia (la petizione ha quasi raggiunto 20.000 firme, serve un ultimo sforzo e poi consegneremo il tutto a Renzo Piano e ai membri del Governo), per la libertà della ricerca dopo che il Governo ha cacciato un professionista eccellente come Roberto Battiston dalla guida dell'Agenzia Spaziale Italiana, per la libertà di stampa”. Fondati, tra gli altri, da Ivan Scalfarotto, Roberto Cociancich ed Emanuela Marchiafava, i comitati “non sono un partito perché non pretendono di parlare di tutto, ma di poche cose fondamentali che appartengono a tutti”, con il rischio però di diventare all’occorrenza un partito nel partito. Oppure, più semplicemente, potrebbero diventare dei comitati a sostegno dell’ex ministro dell’Interno, considerato da Renzi l’unico in grado di gareggiare con Matteo Salvini. L’unico capace di fargli da controcanto.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.