Lo Sprar serve a tutti i sindaci. Anche quelli di centrodestra
I numeri dell'Anci descrivono un sistema efficiente e utile per i territori, non solo per i migranti. L'ultima chiamata dei comuni perché il decreto Sicurezza non smantelli tutto
Roma. “Il dialogo istituzionale è in corso, ma se il governo non accoglierà nessuno degli emendamenti che abbiamo presentato aprirà un vulnus violento con i territori”. Il delegato Anci all’immigrazione, Matteo Biffoni, sindaco di Prato (Pd), confida ancora in un “giudizio di responsabilità” sul decreto Sicurezza, ora in commissione alla Camera. Ma mentre lo spiraglio per la trattativa è stretto, il malumore è ampio e trasversale. Da destra a sinistra, passando per i 5 stelle, i sindaci rappresentati dall’Anci sono tutti concordi nel temere le conseguenze che dovranno gestire se la rete degli Sprar verrà depotenziata.
Con meno risorse e requisiti d’accesso diversi, un numero maggiore di persone resterà fuori da un sistema che garantisce stabilità sociale e benefici per le comunità. Dalla parte dei sindaci, a dimostrare l’efficienza del sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, ci sono i numeri dell’ultimo rapporto dell'Anci, presentato a Roma. Quasi la metà delle persone uscite dallo Sprar l’anno scorso ha ottenuto un contratto di lavoro, il 70 per cento ha comunque acquisito gli strumenti per essere autonomo, conosce cioè l'italiano e ha un’occupazione o una casa. Nel complesso sono stati accolti 37 mila beneficiari, ma nessuna città in particolare si è sentita “invasa” perché i centri, presenti su tutte le regioni, ospitano in media 8 persone. In compenso si arricchisce il capitale sociale del territorio, con molti professionisti (10 mila), che hanno trovato lavoro anche nei piccoli centri urbani. “L’efficienza si vede in termini di sicurezza e di costi – spiega al Foglio la direttrice del servizio centrale, Daniela Di Capua – perché investire sull’autonomia limita il rischio che questi futuri cittadini diventino un peso per il sistema e agevola il loro inserimento nel tessuto socioculturale”.