L'opposizione che funziona oltre Gattuso
Le rivolte delle imprese, l’urlo degli artigiani, i messaggi dei risparmiatori (e le aste dei Btp rinviate). Il popolo dei fatti non ha leader ma un’opposizione oltre i partiti ora c’è. Il clima sta cambiando: cosa rischia Salvini nello scontro tra fuffa e realtà
Oltre Gennaro Gattuso c’è qualcosa di più. C’è la piazza di Torino con i trentamila manifestanti schierati a favore della Tav. C’è la mobilitazione degli artigiani contro il governo della decrescita. Ci sono gli industriali genovesi pronti a scendere in piazza contro la demagogia nella ricostruzione del Ponte Morandi. Ci sono i cortei, le autogestioni e le occupazioni degli studenti in mezza Italia. C’è l’urlo delle imprese nel nord-est. Ci sono i duecentonovantamila romani che in un referendum di cui nessuno sapeva nulla hanno votato contro l’inefficienza del populismo spendaccione. C’è la manifestazione organizzata dagli imprenditori toscani in difesa delle infrastrutture, dell’allargamento dell’aeroporto di Firenze, del rafforzamento dell’Alta velocità. Ci sono i quattro giorni di sciopero delle Camere penali con manifestazione dei penalisti contro il populismo giudiziario. Ci sono le quotazioni alla Borsa di Milano che slittano al prossimo anno. Ci sono i capitali in fuga dall’Italia. Ci sono i fondi di investimento stranieri che bloccano le nuove operazioni nel nostro paese. Ci sono gli investitori stranieri che diffidano dei btp italiani. Ci sono i risparmiatori italiani che smettono di investire copiosamente in titoli di stato. E poi c’è il segnale preoccupante inviato ieri pomeriggio dal Tesoro che, non avendo evidentemente più la certezza che le banche possano garantire i collocamenti dei titoli di stato in caso di difficoltà, ha cancellato le aste dei titoli a medio e lungo termine previste per il 13 dicembre.
Abbiamo iniziato il nostro articolo citando Gennaro Gattuso, protagonista due giorni fa di uno scontro con Matteo Salvini risolto con un sms pacificatore inviato all’allenatore del Milan dal vicepresidente del Consiglio, per provare a segnalare un fenomeno non ancora registrato dai sondaggi ma che di certo iniziano a registrare in modo progressivo i principali azionisti di maggioranza del cambiamento populista: il clima nei confronti del governo sta cambiando, il Truce si è reso conto di non poter essere sempre Truce (due mesi fa Salvini forse neppure si sarebbe scusato con Gattuso) e a poco a poco, giorno dopo giorno, flop dopo flop, l’Italia sta scoprendo che la favola dell’opposizione che non c’è si sta dimostrando essere per l’appunto solo una favola. L’opposizione esiste, cresce, matura, ottiene risultati, costringe il governo a rivedere la manovra, ma vive una contraddizione importante: ha un popolo alle spalle ma non ha un leader di riferimento capace di rappresentare quel popolo.
Un leader capace di mettere insieme il partito della realtà prima o poi ci sarà – ed è possibile e forse inevitabile che quel leader nasca in un nuovo partito diverso sia dal Pd sia da Forza Italia – ma in attesa di capire chi potrà essere, un domani, a guidare il fronte unico del no al populismo può essere utile capire in che modo la realtà potrà condizionare il futuro del governo sovranista. Oggi la realtà dell’economia è riuscita ad arginare in parte la demagogia sovranista sulla legge di Stabilità – ed è possibile che alla fine la mediazione tra il governo italiano e la Commissione europea si concluda non con l’eliminazione della procedura di infrazione ma con l’applicazione delle sanzioni dopo le elezioni europee e non prima – ma un domani la realtà potrebbe diventare per Salvini e Di Maio qualcosa di più di un decimale da correggere in una legge di Stabilità: una miccia capace di far esplodere il governo populista. I fatti capaci di certificare la pericolosità del governo populista arrivano ogni giorno sui block notes dei cronisti dalla semplice osservazione dell’andamento della nostra economia. Ma ieri pomeriggio, oltre alla notizia dell’asta rinviata dal Tesoro, c’era un’altra notizia importante che ci può permettere di capire quale potrebbe essere il vero detonatore del governo del cambiamento.
L’Istat ieri ha segnalato che a novembre, per il quinto mese consecutivo, si è registrato un calo della fiducia delle famiglie e delle imprese italiane. E sempre l’Istat ha registrato che per la prima volta nel 2018 a essere calata è anche la fiducia dei consumatori, scesa più del previsto a novembre dopo essere aumentata nei due mesi precedenti. Le rilevazioni possono forse dire poco ma diventano molto significative se miscelate con una serie di valutazioni diffuse ieri dal centro studi di Intesa Sanpaolo. Prima considerazione: l’incertezza sulle prospettive fiscali ha cominciato a esercitare un freno sull’economia reale, particolarmente sulle decisioni di investimento delle imprese. Seconda considerazione: dopo la stagnazione del pil nel terzo trimestre, con crescita zero, le indagini non segnalano un recupero sostanziale nei mesi finali dell’anno. Terza considerazione: al momento non ci sono segnali di un ritorno alla crescita a inizio 2019. Matteo Salvini oggi riesce nel miracolo di essere contemporaneamente percepito sia come leader mediatico del governo sia come unico argine al populismo grillino, ma se il partito del pil dovesse passare dallo stato della preoccupazione allo stato della sofferenza per il leader della Lega andare a votare il prima possibile potrebbe essere l’unico modo per provare a diventare la vittima, e non il responsabile, del flop della nostra economia. L’opposizione esiste. Il clima sta cambiando. E oltre le sberle di Gattuso forse c’è qualcosa di più.
Equilibri istituzionali