Il nord ostile al Pd
Il mondo produttivo ribolle contro il governo, ma la sinistra riformista non riesce a intercettarlo. Qualche causa
Milano. Il numero con il meno davanti è arrivato, dopo quattro anni di crescita. Torino va in piazza, a Milano il 13 dicembre lo faranno i piccoli imprenditori, i commercianti di Lombardia e Veneto. Assolombarda ha parlato, i numeri di Piazza Affari pure, l’umore delle regioni produttive è pessimo contro l’operato del governo. Ci vogliono riforme pro crescita, stimoli a impresa e occupazione. Ci vuole Europa. Raccontato così, sulla carta e con i numeri, è il nord che inizia a non poterne più del governo sovranista della decrescita. È questa la vera opposizione, come suggerisce il Foglio da tempo, ma è in cerca del contenitore politico, o del leader, che se ne faccia interprete. Raccontata così, sulla carta, sembra la situazione ideale per un partito riformista – insomma per il Pd – per intercettare il vento e le necessità della parte più produttiva e (già) delusa del paese. Ma è davvero così? Il Pd governa a Milano e poche altre città del nord.
I sondaggi parlano di una piena favorevole alla Lega che continua a montare. Le imprese vogliono – più o meno – quello che stavano facendo Renzi e Calenda. Ma o non sanno con chi parlare, a sinistra, o non vogliono parlarci: continuano a fidarsi di più di quello che è stato da lungo tempo il riferimento politico, la Lega, la destra. Spiega al Foglio un imprenditore come Alberto Bombassei che pure in politica era sceso, ma con il partito europeista di Monti, “il mondo imprenditoriale continua a fidarsi di una Lega che qui è partito di buon governo da molti anni, e che ha sempre interpretato le sue richieste. Se oggi è preoccupato e rumoreggia contro il governo, lo fa per dare la sveglia a quel tipo di Lega favorevole al mondo produttivo che è il suo riferimento”.
L’analisi di Bombassei combacia con quella di un uomo di economia ma con molta passione politica, sponda Pd riformista, come Carlo Cerami, che riflette: “Il voto che ha portato al governo Lega e Cinque stelle (qui soprattutto Lega) era frutto di un’arrabbiatura contro quanto era stato fatto dal governo precedente – indipendentemente dal merito, non parlo ora di questo – ma è un’arrabbiatura che non è ancora passata. È vero, qui chiunque faccia attività d’impresa si mette le mani nei capelli, ma è pur sempre una parte minoritaria della società e del paese. Per gli altri persiste – a ragione o no – l’apertura di credito alle promesse ricevute: pensioni o reddito di cittadinanza sono in fondo promesse alle differenti clientele elettorali intercettate. Chi ha voluto punire i governi precedenti non è ancora pronto a ricredersi. E sbaglia il Pd se insiste con questa narrazione, ‘avete visto? Pentitevi!”.
Il problema è che la Lega à la Salvini, che ha la necessità di continuare ancora con questo governo, il cronoprogramma B non è pronto, non può che deludere ulteriormente il suo elettorato e continuare, scientemente, a fare danni al paese. È qui che l’opposizione si dovrebbe inserire. Ma non sembra che il Pd pre-congresso sia attrezzato. Tra l’altro, ancora una volta non si è vista spuntare una candidatura che sia espressione del nord. “Non è questione di trovare un nome, il tema è molto più profondo”, risponde Lia Quartapelle, deputato milanesissimo: “Il problema è che il Pd è imbambolato di fronte a una trasformazione sociale che non ha intercettato. Oppure non siamo riusciti a spiegarci. Per troppo tecnicismo, o dirigismo. Noi facevamo il Jobs Act e l’Industria 4.0, e parte del paese, anche al nord, lo avvertiva con paura, come una minaccia. Un dato mi colpisce: dal 2008 al 2018 il gettito Irpef dei comuni con meno di 10 mila abitanti è sceso del 30 per cento.
“Significa che mentre noi abbiamo ben operato sulla trasformazione delle città, è il caso Milano, in altre zone non abbiamo intercettato quel che accadeva”. Tornare ai territori è un po’ retorico però, no? “Sì, così è una frase fatta. Ma il rischio è che si butti via la grande spinta di trasformazione nazionale degli scorsi anni. Il Pd era riuscito a intercettare quel cambiamento, ora il rischio è che il nord torni a essere una terra ostile”. Ma il Pd non ha ancora cambiato linguaggio e trovato un programma di governo più credibile per questo elettorato. E’ un lavoro lungo nel tempo, concordano Cerami e Quartapelle, ma intanto il governo fa danni e tiene il consenso, al nord.