Da sinistra Claudio Borghi, Matteo Salvini e Alberto Bagnai (foto Imagoeconomica)

La “setta” dei no-euro

David Allegranti

L’ex collaboratore di Bagnai spiega i segreti, e gli inganni, della macchina anti euro tenuta in vita dalla Lega

Roma. I “No euro” sono un pezzo importante del governo felpa-stellato, occupano posti di rilievo nell’esecutivo e in Parlamento. Da qualche tempo sono in difficoltà: devono spiegare in continuazione su Twitter ai loro adepti perché l’Italia ancora non è uscita dall’euro (Claudio Borghi risponderebbe: perché non è nel contratto e questa maggioranza non lo consente, poi si vedrà). Federico Bosco, ex stretto collaboratore di Alberto Bagnai, con cui ha lavorato ad Asimmetrie (era il responsabile della comunicazione online), l’associazione del professore-senatore che insegna a Pescara ma abita a Roma, conosce bene quel mondo. Lo ha frequentato assiduamente per cinque anni, prima di toccare con mano incoerenze (Bosco a fine 2015 fu assunto con il malefico Jobs Act) e trasformazioni del movimento No euro, che ormai, dice Bosco al Foglio seduto al tavolino di un caffè vicino a piazza Barberini, “ha tradito la sua missione”.

 

Bosco ha conosciuto Bagnai nel 2013, “dopo una serie di scambi con lui e altre persone su Twitter. All’epoca Twitter era in ascesa ma ancora lontano dai mass media, si può dire che eravamo in pochi, e formare una ‘comunità’ di pensiero ristretta ma aperta a nuovi membri è stato facile. Già c’erano i primi segnali di fanatismo, ma c’erano anche tante persone piacevoli e intelligenti con una sincera volontà di approfondire le origini della crisi dell’Eurozona, e portare a un livello più alto la divulgazione del problema”.

 

Il racconto di Bosco è particolarmente interessante perché permette di capire alcune dinamiche del mondo no-euro, oggi assurto al governo del paese, dopo aver bazzicato per anni le camere dell’eco di Internet. “Non ho mai creduto davvero alla possibilità di un’uscita unilaterale dell’Italia dall’euro, ma credevo nella proposta del ‘Manifesto di solidarietà europeo’: smantellamento concordato dell’area euro e un nuovo accordo di gestione valutaria in Europa. Firmatari italiani del manifesto sono Bagnai, Borghi e Rinaldi, ma ci sono anche altri nomi di un certo peso, con storie che prima o poi sarebbe interessante raccontare. Inizialmente quindi c’era una base qualitativa molto valida da cui partire, nonostante fossero già presenti anche tutti i fondamentali per la creazione di una setta economica”. Il problema, dice Bosco al Foglio, “è che con il tempo, la pura ambizione personale di avere la rivincita della vita con un approdo in politica, si è fomentata la setta e subordinato il lavoro scientifico al rafforzamento della figura dei santoni/guru”. I no euro, e questa non è male specie se detta da chi ne ha fatto parte, sono insomma “una setta”. “Partiamo da un primo punto fondamentale. Il bisogno di un santone entra in gioco quando stai male, e nell’Italia piegata dalla combo: grande crisi del 2007-2009, fine di Berlusconi e cura del governo Monti (i cui effetti furono anticipati da Bagnai nel primo famosissimo post di Goofynomics ‘I salvataggi che non ci salveranno’) erano tante le persone in difficoltà economica e in crisi d’identità politica. C’era bisogno di risposte e spiegazioni, ma anche di giustificazioni e di ricette miracolose. Dare la colpa di ogni cosa all’euro e presentare l’uscita dall’euro come la soluzione di tutti i problemi rispondeva a questa necessità”.

 

Tecnicamente, Bagnai e Borghi (più il primo che il secondo) non dicevano esattamente così, ma anche questo fa parte dello schema della setta: il santone non offre mai la certezza assoluta della ricetta miracolosa, sono gli adepti a crederci, e così è stato”. Il secondo assunto fondamentale della setta “è la fede nella conoscenza assoluta: un solo sapere può risolvere qualsiasi problema. Questo schema mentale è molto importante perché è così che i no euro hanno aperto la mente a tante altre declinazioni del complottismo. Alla base di questa permeabilità c’è la volontà di dare una risposta semplice a problemi complessi”.

 

Molti no-euro se la prendono continuamente con George Soros, eccitando gli animi dell’antisemitismo da tastiera che gira su Twitter. “E qui arriviamo al terzo fondamentale: l’assoluzione dai peccati. Nella narrazione dei no euro non importa che la classe dirigente italiana distrugga un’intera generazione di giovani rendendoli mendicanti, la colpa è delle altre nazioni e dell’euro. La classe dirigente viene accusata di essere asservita all’euro, allo straniero. Parlare di imprese e professionisti italiani che sfruttano i lavoratori ed evadono il fisco è auto-razzismo, la colpa è dell’euro, creato per opprimere l’Italia”.

 

Twitter, spiega Bosco, peraltro molto attivo sul social network, “ha avuto un ruolo fondamentale” nel successo dei no-euro, che a colpi di tweet hanno potuto diffondere teorie, dottrine ma anche complotti. “Il modo in cui i mass media hanno stabilito una connessione diretta con Twitter ha permesso agli adepti di stabilire una connessione in diretta con i santoni che dibattevano in studio contro i nemici dell’Italia. Borghi e Bagnai sono stati eccezionali, hanno costruito un articolato vocabolario di termini, soprannomi, frasi fatte e argomentazioni preconfezionate che consente agli adepti di affrontare i dibattiti sui social. Ecco perché il loro impatto è tanto forte, appena gli eroi della setta vanno in televisione, e appena qualche personaggio nemico tocca un argomento sensibile, gli adepti scattano all’attacco usando le munizioni confezionate dai guru, lasciando ben poco spazio ai ragionamenti perché spesso gli adepti non sanno neanche di cosa stanno parlando. Non l’hanno capito, si fidano dei guru e tanto basta. Quella dei no euro non è una comunità di pensiero, né politica: è fandom”.

 

La comunità, spiega Bosco, “si è evoluta spontaneamente al punto di costituire una struttura piramidale simile al multilevel marketing di Herbalife. Ci sono i grandi guru fondatori (Borghi e Bagnai), una folta schiera di sotto-guru, piccoli guru influencer sui social, gli aspiranti tali e i nuovi adepti. Il nuovo adepto vede questa comunità e inizia a credere nel messaggio, quindi decide di diventare un diffusore (rivenditore) del messaggio (il prodotto) diffondendolo sui social. Se ha successo, acquisisce follower e viene rilanciato dai piccoli guru con retweet sempre più prestigiosi e può crescere fino a diventare lui stesso un piccolo guru social. Se il piccolo guru ha delle qualità più spendibili e riesce a creare contenuti, può puntare a diventare un vero e proprio sotto-guru in contatto diretto con i guru fondatori. Arrivati a questo punto si possono ottenere grandi soddisfazioni: scrivere su giornali e magazine online, pubblicare un libro, parlare a una conferenza e addirittura andare in televisione a ‘vendere’ in diretta i prodotti ‘venduti’ online”. Basti vedere, fuori dalla metafora di Herbalife, il popolo no-euro che oggi anima le trasmissioni televisive, a partire dall’onnipresente Antonio Maria Rinaldi. Tutti filo-leghisti, naturalmente, visto che Matteo Salvini si è dimostrato molto generoso nei confronti di Alberto Bagnai (senatore, presidente della commissione Finanze) e Claudio Borghi (deputato, presidente della commissione Bilancio).

 

Visto il successo in Lega dei guru fondatori, molti sotto-guru oggi aspirano al traguardo più ambito: la candidatura alle elezioni europee o comunque un vero ingresso in politica. Uno schema simile a quello del Movimento cinque stelle, quello stesso movimento tanto osteggiato da Borghi e Bagnai (più dal secondo che dal primo), e quindi dai no euro, salvo poi diventare l’alleato con cui formare il governo gialloverde. Indubbiamente, Borghi e Bagnai sono il vero anello di congiunzione tra i Cinque stelle e la Lega di Salvini. Oggi Bagnai, autore dei post antigrillini ‘Il reddito della gleba’ e ‘Ortotteri e anatroccoli’ è diventato in assoluto uno dei principali difensori del reddito di cittadinanza e del contratto di governo gialloverde. Domenica, nel programma di Lucia Annunziata, è stato divertente vederlo a un passo dall’esplosione mentre Carlo Calenda gli sbatteva in faccia la verità proibita: aver fatto la propria fortuna politica raccontando di voler uscire dall’euro, salvo rimangiarselo bellamente tre minuti dopo essere arrivato al Senato”. Insomma, dice Bosco, “come andrà a finire questa storia ancora non si può dire, per quel che mi riguarda il tradimento della ‘missione’ iniziale e delle promesse (e premesse) della campagna elettorale è evidente. Oggi l’uscita dall’euro non è più un tema di Salvini, se accusi i santoni no euro di essere contro l’euro rischi addirittura di prenderti una querela o una denuncia alla Consob, eppure la Lega vola lo stesso nei sondaggi. Nella setta molti adepti credono che il silenzio sul tema sia parte della strategia di preparazione dell’uscita unilaterale. Borghi e Bagnai ufficialmente smentiscono, ma gli adepti ci credono lo stesso”. Anche grazie, naturalmente, a tweet sibillini di entrambi. “Si torna al primo punto della setta: il santone non offre mai la certezza assoluta della ricetta miracolosa, sono gli adepti a crederci. Poi, a un certo punto, le conseguenze delle bugie entreranno in scena, e anche questo giro di giostra finirà. Male”.

  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.