L'ex segretario del Pd Matteo Renzi (Foto LaPresse)

I renziani vanno divisi al Congresso ma Zingaretti non può esultare

Un drappello di fedelissimi nel nuovo partito, e un drappello dentro a presidiare il Pd. Così l’ex segretario vuole controllare l’opposizione

E alla fine i renziani si sono spaccati. Una parte (la maggior parte) farà confluire i propri voti su Maurizio Martina, mentre una minoranza non voterà né per lui né tanto meno per Nicola Zingaretti. Toccherà a Lorenzo Guerini trattare le condizioni della confluenza con Martina (i renziani andranno con una lista propria ovviamente). Contro questa ipotesi passata ieri a maggioranza nella riunione dell’area che fa capo all’ex segretario si sono espressi in diversi. Alcuni nomi: Roberto Giachetti, Luciano Nobili, Anna Ascani, Teresa Bellanova Andrea Romano, Stefano Ceccanti e Luigi Marattin.

 

Ma la fine della riunione ha portato anche un’altra novità. Ascani e Giachetti non solo si sono schierati contro il sostegno a Martina, ma hanno anche annunciato la loro candidatura al congresso, in ticket. “Una candidatura nata insieme, che andrà avanti insieme in perfetta sintonia e in parità”, che rappresenta “un’altra opzione” e “non una corrente”. Così Giachetti l’ha definita annunciando la scelta su Facebook. “Non esiste una corrente renziana, ma chi ha condiviso il progetto di Renzi ha cercato di andare avanti in questi anni. Tante persone sono state sollecitate per dare un’indicazione a questo congresso, oggi abbiamo fatto una riunione con le persone che hanno condiviso il progetto politico di Renzi”. Sono tutti convinti che una parte dei “resistenti a Martina” costituisce quel drappello che poi abbandonerà il partito in caso di vittoria di Nicola Zingaretti.

Ma la vittoria, appunto, del governatore del Lazio, data per scontata dai più rischia di essere monca. Per la prima volta dalle primarie del 2008 che incoronarono Walter Veltroni come primo segretario del Pd, si potrebbe avere un leader che ottiene la minoranza nel voto degli iscritti al partito e la maggioranza nel voto degli elettori nei gazebo. Nell’apparato infatti Martina è forte e anche i renziani (soprattutto quelli che si sono detti favorevoli alla sua elezione) hanno i numeri. E questo ovviamente condizionerebbe inevitabilmente l’operato di Zingaretti che non sarebbe un segretario libero da qualsiasi vincolo come i precedenti.

Renziani divisi, dunque. E a dire il vero lo sono persino quelli che hanno deciso di confluire su Maurizio Martina. Nel senso che Guerini è più morbido, perché realisticamente ritiene che ormai non si possa fare granché, mentre Ettore Rosato, per esempio, è per chiedere a Martina di azzerare tutto e di partire con la trattativa con i renziani da zero. E sono divisi anche tra i “resistenti a Martina”, nel senso che Romano e Ceccanti stanno riflettendo se alla fine adeguarsi alla volontà della maggioranza.

Nella riunione non sono mancate anche le critiche al leader, eppure nel Pd c’è chi è convinto che la divisione dei renziani non solo stia bene all’ex segretario ma sia addirittura opera sua. Praticamente, secondo questa versione, l’ex presidente del Consiglio otterrebbe grazie a questa divisione il risultato che si era prefissato. Quello di un Partito democratico dove gli equilibri di potere non si riescono a consolidare. Anzi, per la verità, il risultato sarebbe doppio. Perché con un drappello di renziani fuori, a far parte del nuovo partito, e un drappello dentro, a presidiare il Pd, l’ex segretario continuerebbe a menare le danze dell’opposizione.

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