Simonini agita il M5s su Anas. Daga e Terzoni lo bocciano, il Mit tace
Lo stallo sulla nomina del nuovo cda della società crea malumori tra i grillini. L'ipotesi Simonini
Roma. Il vento starà pure cambiando, e va bene; ma senza fretta. “Il vento sta cambiando”, twittava lo scorso 7 novembre Danilo Toninelli, esultando per le dimissioni del cda di Anas. “Al passato lasciamo sprechi, stipendifici e manovre meramente finanziarie. Per il futuro lavoriamo a una nuova Anas”. E insomma, a giudicare dai bellicosi toni del ministro delle Infrastrutture, a giudicare anche dai modi assai bruschi con cui aveva chiesto e ottenuto le dimissioni dell’ad Gianni Armani, in parecchi si aspettavano un cambio di passo immediato. E invece la nomina del nuovo cda è rimasta impantanata tra dibattiti interni e veti incrociati con gli alleati leghisti.
E così, a oltre un mese di distanza, l’empasse ha finito per movimentare anche i parlamentari del M5s. E’ stata Patrizia Terzoni, deputata marchigiana al secondo mandato, ad allertare ieri mattina i suoi colleghi grillini della commissione Ambiente, di cui lei è vicepresidente. “Sono molto preoccupata”, ha scritto nella chat riservata. E la sua inquietudine era dovuta alle ultime indiscrezioni di Palazzo, che davano Massimo Simonini come probabile nuovo ad di Anas. “E’ sicuramente una brava persona”, premetteva la Terzoni a proposito dell’ingegnere romano, classe ‘63, che nell’ente nazionale per le strade è entrato nel gennaio del 1998, per poi arrivare, negli anni, ad essere promosso dirigente responsabile di ponti, viadotti e gallerie. “Un tecnico in gamba”, insomma, che tuttavia “non ha la minima esperienza di organizzazione aziendale, non credo sappia leggere un bilancio, tenere le relazioni istituzionali”. Insomma, “un ingegnere di quarta linea”. L’arringa della Terzoni proseguiva impietosa: “Chi lo conosce bene dice che non ha leadership e, provenendo da livelli più bassi, avrebbe soggezione dei suoi ex capi, in particolare di Dibennardo”. E qui il riferimento era a Ugo Dibennardo, responsabile della progettazione dell’Anas sin dal 2013, che sarebbe stato prima sondato da Toninelli, poi lasciato in balia del totonomine. “Dibennardo? E’ uomo di sistema vecchio stampo”: questa è stata la sentenza inappellabile pronunciata ieri, sempre in chat, da Federica Daga, deputata grillina di origine sarda. Che continuava: “In ogni caso non è sano prendere una persona delle retrovie, prima o poi torna al suo posto”. Bocciatura definitiva, insomma, per Simonini, che pure godrebbe, pare, di buona considerazione presso Gianfranco Battisti, il nuovo ad di Ferrovie, società che controlla Anas.
Ma al di là di Simonini, l’ansia a cinque stelle su Anas si concentra in queste ore sull’intero consiglio che va delineandosi. Il nome tirato in ballo come papabile per il ruolo di presidente è quello di Claudio Andrea Gemme, il manager di Fincantieri già proposto come commissario per la ricostruzione del viadotto Polcevera, prima di essere rimpiazzato dal sindaco di Genova Marco Bucci. Poi, in corsa per una poltrona nel cda, ci sarebbe Ivo Roberto Cassetta, architetto lombardo in servizio dal 2012 alla commissione per il Paesaggio del comune di Milano.
E tuttavia, al di là dell’agitazione che ieri ha scosso i deputati del M5s, dai vertici del partito trapela una certa cautela. Anche perché, spiegano, prima di innescare la ridda di nomine su enti e partecipate rimasti acefali dopo l’avvio scombiccherato dello spoil system grilloleghista “c’è da definire la presidenza di Consob”. Per quel posto si fa, da tempo, il nome di Marcello Minenna, sostenuto con forza dai grillini Carla Ruocco e Elio Lannutti, oltreché da Beppe Grillo in persona. Ma il profilo di Minenna, euroscettico mai redento, non convince il Quirinale. Il premier Giuseppe Conte avrebbe chiesto al sottosegretario leghista alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, che fosse la Lega a bocciare l’ex assessore al Bilancio della giunta Raggi. Il vice di Salvini, che i grillini spesso descrivono come l’uomo nero del governo ma a cui pure non esitano a ricorrere per risolvere i loro problemi, avrebbe risposto con un’alzata di spalle, ché in fondo quella è una vicenda tra il M5s e il presidente della Repubblica. E così lo stallo continua, indifferente al vento che, a giudizio di Toninelli, starebbe comunque cambiando.