Conte resta solo a prendersi il merito della Manovra scritta da Bruxelles
Di Maio e Salvini assenti a Palazzo Madama durante l'informativa sulla legge di Bilancio. E alla fine commentano entusiasti: “Un plauso al presidente del Consiglio”
La plasticità della scena si rovina solo quando il microfono, in un moto di ribellione antisovranista, decide di emettere un fastidioso fruscio. I commessi del Senato, su indicazione della presidente Casellati, provano a sostituirlo. Poi il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, è costretto a cambiare posto e microfono. Per chi si collega in quei minuti con la diretta streaming di Palazzo Madama l'effetto è straniante. Il premier leggermente decentrato rispetto al “posto d'onore” che normalmente gli spetta al centro dei banchi del governo. Prima di questo imprevisto cambio di programma, però, l'effetto è altrettanto straniante. Perché in questi mesi, quasi sempre, Conte è stato immortalato nelle aule del Parlamento incastonato tra i suoi dioscuri, i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Un presidente commissariato, lo hanno definito, una figura diafana scelta per dare un volto pulito all'impresentabilità gialloverde.
Ma stavolta non è così. Di Maio e Salvini non ci sono. Al fianco di Conte i tecnici Giovanni Tria e Enzo Moavero Milanesi. È, a suo modo, un cambio di paradigma. Un messaggio. Il leader della Lega e quello del M5s sanno bene che quella approvata a Bruxelles non è la loro Manovra, non poteva esserlo per via di promesse troppo strampalate per risultare credibili, non può esserlo perché politicamente nessuno dei due vicepremier può intestarsi un documento che è stato pensato, scritto e limato, in assoluta sintonia con i “burocrati” di Bruxelles. E allora tocca a Conte. È suo il merito. Suoi saranno, quando la piazza ne chiederà conto (e c'è da giurarci che succederà), le colpe.
E così mentre Conte spiega che nel momento di maggior tensione è stato lui ad “assumersi onere e responsabilità di riannodare i fili del dialogo” con Bruxelles. Mentre assicura che il governo non ha “ceduto sui contenuti”, è rimasto “fermo nelle proprie determinazioni” e che “reddito e quota 100 partiranno nei tempi previsti”, resta l'impressione che quella che sta andando in scena a Palazzo Madama altro non sia che una raffinata operazione di smarcamento politico.
Non a caso, poco dopo che il premier ha terminato il suo intervento, ecco arrivare i commenti ufficiali dei due vicepremier assenti. “A Giuseppe Conte - dice Di Maio - va il mio plauso per lo straordinario lavoro e il risultato portato a casa in Europa sulla manovra economica, nel solo ed esclusivo interesse dei cittadini italiani. Il presidente del Consiglio con coraggio e competenza è riuscito ad avere successo in un negoziato delicato con la Commissione europea senza mai indietreggiare e senza tradire gli italiani. Anzi, portando avanti il dialogo con determinazione e a testa alta, scongiurando una procedura di infrazione che sarebbe stata, nei contenuti, davvero inaccettabile per il nostro paese”.
“Aver evitato la procedura d'infrazione è la vittoria del buonsenso per il bene dei cittadini italiani - gli fa eco Salvini - Un plauso al presidente Giuseppe Conte che ha portato avanti la trattativa con Bruxelles con competenza, serietà e fermezza. Le misure che abbiamo promesso le faremo nei modi e nei tempi previsti, dallo smantellamento della Fornero al reddito di cittadinanza, al taglio delle tasse per partite Iva, commercianti, professionisti e piccole imprese. Ora avanti tutta, con la manovra: siamo soddisfatti per i risultati raggiunti che diventeranno soldi veri da gennaio per aiutare milioni di italiani”.
In realtà, a Bruxelles, il vicepresidente della Commissione Ue, Valdis Dombrovskis, ha appena spiegato che “la composizione delle misure annunciate e della manovra nel suo complesso desta ancora preoccupazione” e che l'Italia resta comunque sotto osservazione. Insomma, l'ipotesi di una procedura di infrazione potrebbe comunque tornare d'attualità. Ma poco importa, comunque vada il capro espiatorio c'è già. Ha stato Conte.
L'editoriale dell'elefantino