Matteo Salvini (foto LaPresse)

Salvini e il passaggio da influencer a baüscia

Giuliano Ferrara

Occhio, Truce, i gilet gialli sono a disposizione di tutti, basta aprire il bagagliaio

Buonsensaio ma non lucido, il Truce è su di giri, e si pipa la sua Nutella, tracanna le sue birre, si spanza di tortellini e salsicce, si traveste da mane a sera come un piccolo Bolsonaro, tutto a vantaggio di social e tv. Sembra il fumetto di un cocainista. Indecenza politica a parte, già universalmente o quasi annotata da un pubblico stupefatto di avere questo ministro dell’Interno e di non avere alcun ministro dell’Interno allo stesso tempo, sorprende che un qualsiasi Giorgetti non abbia trovato ancora le parole per dirgli: stai a fare l’influencer, ma sembri un baüscia. Da Wikipedia: “È inoltre un vocabolo dialettale, attestato in area lombarda atto a designare una persona che si dà delle arie, uno sbruffone. Letteralmente significa saliva, bavetta. Baüscia indica in senso ironico anche una tipologia di piccolo imprenditore poco aperto alle innovazioni, egocentrico, che non ama collaborare o condividere decisioni. Tipicamente è un soggetto che vuole decidere e intervenire anche nelle aree aziendali di cui non ha competenza. La trasformazione in baüscia avviene soprattutto quando la piccola impresa ha una crescita e si industrializza necessitando così di diversificare e diramare i processi”. La piccola impresa lego-sovranista-nazionalista ha in effetti avuto una crescita impetuosa, ancora da ratificare nelle urne ma già spiegabile con il trucismo idolatrico di molti italiani, dunque deve diversificare, il suo manager s’inventa nuove competenze come un Ferragnez, ma che il prodotto sia fanfarone non sarebbe detto in linea di principio. Il ministro della gubernación sarebbe un altro mestiere, infine.

  

Volgarità è parola malata perché utilizzata da troppi snob. Qui siamo a una forma imitativa di impostura, l’Impostura dell’Impostore. Umiliato dal “Salvini chi?” pronunciato dall’Arancione or è un paio d’anni, e inquieto di essere ricevuto come tutti i parvenu, nemmeno fosse un qualsiasi D’Alema sulla scia del “bye bye Condi”, il Truce si è fatto una scorpacciata di selfie trumpiani con Tacos e BigMac, e poi, solo poi, ha cominciato a insinuarsi carico di buonsenso a condimento nelle leccornie e pietanze della cucina e credenza domestica. Aveva provato anche con il sesso, tra il sognante e l’addormentato, due revulsivi di qualunque ginnastica erotica, e non gli era dunque andata benissimo. Panzetta e bruschetta, già un po’ meglio, ma sempre con quell’aria da fattone, da coattone, da supertifoso di curva insolente. Immagini becere e caloriche in un mondo masterchef di diete e nouvelle nouvelle cuisine alla portata di tutte le bocche. 

  

Un flop. La persona pubblica attavolata o spuntinante fa un po’ senso, via, e la cucina in questo paese, gli ingredienti, le soluzioni gastriche e gastronomiche, tutto ha l’aria più complicata del comune buonsensismo. Pare che Eataly, inteso come store on line e consenso del Ceo, gli abbia dato alla testa. Troveremo derrate di comunicatori analisti disposti a giurare che tartine tortellini e birre sono il non plus ultra della com. Il ruffiano a tavola non manca mai, neanche se i suoi beniamini vengono presi con le mani nel vasetto della cioccolata in costanza di una sparatoria di pertinenza viminalesca e di un terremoto vulcanico da Protezione Civile. Ne sta sbagliando, e parecchie, il nostro Trucibaldo, ma qualcosa o qualcuno deve averlo convinto che a esser popolari e populisti trumpeggianti si fa così. Meglio Putin liftato a cavallo, a torso nudo e pescatore di scaglie iridescenti, addirittura domatore di tigri. Gli andrà benone alle elezioni, certi giochi al momento sembrano quasi fatti per la trucepolitics, meno bene alle pensioni porta stretta e finestra socchiusa, meno bene ancora alla guerricciola dei furbi per il reddito agratis, malissimo per l’esercizio dell’autorità. Si sente già qualche fischio. Populista di governo e castale di ceto non fanno rima, ma contano le assonanze. Occhio, Truce, i gilet gialli sono a disposizione di tutti, basta aprire il bagagliaio.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.