De Falco prepara il ricorso contro il M5s
Una norma dello statuto grillino ha valore anche se è in contrasto con la Costituzione? Il caso del senatore espulso può chiarire la questione
Roma. Il senatore Gregorio De Falco, fresco di espulsione dal M5s a seguito della violazione dell’articolo 11 dello statuto e dell’articolo 3 del codice etico del M5s, è pronto a presentare ricorso. “Ci sono cinque giorni per farlo, ma ne sono già passati due dal 31 dicembre. Mi rivolgerò a qualcuno che conosce bene queste procedure”, ha spiegato il senatore a Radio Radicale. “Non ho dimestichezza con queste cose e non penso di riuscire ad acquisirla in tre giorni. Io confido ancora che il Movimento 5 stelle possa avere, in autotutela della propria storia, la capacità di tornare sui suoi passi e annullare questo provvedimento perché è incostituzionale e sbagliato. E la politica che sta seguendo il Movimento è differente da quello che ha promesso ai suoi elettori”.
De Falco non lo menziona ma quel “qualcuno” che conosce a menadito le procedure è l’avvocato Lorenzo Borrè, bestia nera dei Cinque stelle, che ha combattuto e vinto diverse cause. Interpellato dal Foglio, Borrè al momento non può confermare che se ne occuperà lui. In ogni caso la questione, dal punto di vista giuridico, è chiara. L’espulsione di De Falco avviene per dissenso “etico”, per aver espresso posizioni conformi alla Carta di Firenze e per aver privilegiato la Costituzione. Non ha dunque votato “contro” qualcosa. La questione rilevante è quella che riguarda il rapporto di prevalenza tra Costituzione e statuto associativo: se un parlamentare esercita una prerogativa costituzionale non ci dovrebbe essere diktat che tenga. In sintesi: l’obbligo di votare la fiducia – quello che vorrebbe il M5s – è un vincolo di mandato. E l’articolo 67 della Costituzione italiana, quella strenuamente difesa dal M5s nel dicembre 2016, vieta un tale vincolo. Dunque, la norma statutaria potrebbe essere nulla.