Un manichino rappresentante Matteo Salvini dato alle fiamme a Piazza Cordusio (foto LaPresse)

Sarà Milano a sfiduciare il governo

Claudio Cerasa

Lavoro, manifattura, crescita. Milano è la città più in forma d’Italia ma Di Maio e Salvini stanno facendo di tutto per giocare con la sua salute. Il dramma di un paese senza più fiducia spiegato con il segno meno che arriva dalla capitale industriale

E se alla fine fosse Milano a far cadere il governo italiano? Nel corso delle feste natalizie, ve ne sarete accorti, Matteo Salvini e Luigi Di Maio hanno tentato in tutti i modi di parlare d’altro, di concentrarsi sulla fuffa, di buttarla in caciara, di attirare l’attenzione sui propri spuntini di fine anno. Pur di non parlare dei veri guai del governo i due campioni del populismo alla carbonara è possibile che continuino a comportarsi allo stesso modo anche nelle prossime settimane quando cercheranno disperatamente di dimostrare che i veri problemi dell’Italia coincidono con i diktat dell’Europa, con gli stipendi dei parlamentari, con i dossier legati all’immigrazione e con il terrorismo dell’opposizione. Qualche allocco probabilmente continuerà a credere alla propaganda vuota dei due gemelli diversi del populismo ma la verità è che i giochi di prestigio di Salvini e Di Maio sono soltanto dei diversivi utili a distogliere l’attenzione dal vero dramma che l’Italia sovranista patirà anche nel 2019 grazie alle genialate partorite dalla coppia sfascista. E il vero dramma, senza volerci girare troppo attorno, è legato ancora a una parolina magica che continuerà a perseguitare il nostro paese fino a quando l’Italia avrà la sventura di essere guidata da un governodiretto da incapaci. Quella parola è naturalmente “fiducia” e per capire l’importanza di questa espressione, che non riguarda il pallottoliere del Senato, non è necessario parlare ancora una volta dello spread, che nonostante i passi indietro della manovra continua a viaggiare vicino ai 270 punti base, 140 punti in più rispetto a marzo, ma è sufficiente parlare di quello che sta succedendo nella locomotiva d’Italia, ovvero Milano.

 

Milano, lo sappiamo, è da anni la città più in salute d’Italia e non lo è soltanto per le ragioni illustrate dalla classifica del Sole 24 Ore. Lo è anche quando si parla di turismo, quando si parla di capacità di attrarre investimenti, quando si parla di capacità di investire sul futuro, quando si parla di capacità di scommettere sull’innovazione, e una classe politica che abbia la testa sulle spalle, prima ancora di discettare dei selfie di Matteo Salvini, dovrebbe chiedersi cosa potrebbe succedere ai vagoni del nostro paese qualora la locomotiva italiana dovesse iniziare a fare quello che ha cominciato a fare da qualche mese nell’indifferenza generale: perdere colpi. E gli ultimi dati consegnati da Assolombarda il 31 dicembre, che sui giornali hanno trovato meno spazio delle sciate di Di Battista e Di Maio e dei sobri piatti di Natale di Salvini, sono impressionanti. I dati dicono che nel terzo trimestre del 2018 la produzione industriale in Lombardia è calata dello 0,4 per cento. I dati dicono che il clima di fiducia nel manifatturiero a Milano, Lodi, Monza e Brianza è sceso a ottobre sotto lo zero toccando i minimi dal 2012. Dicono che nel terzo trimestre 2018 il clima di fiducia del terziario innovativo a Milano, Lodi, Monza e Brianza è crollato su valori negativi proseguendo la forte discesa in corso da inizio anno. Dicono che nel secondo trimestre 2018 i prestiti bancari alle imprese lombarde hanno evidenziato un forte rallentamento nel ritmo di crescita aumentando solo dell’1,1 per cento rispetto allo stesso trimestre del 2017 contro un 2,6 per cento del trimestre precedente. 

 

Dicono che la fiducia delle imprese di Milano, Lodi, Monza e Brianza a ottobre è crollata al minimo dal 2012 con forte contrazione di ordini e produzione. Dicono che il mercato del lavoro tra agosto e settembre, con i primi effetti del decreto dignità, ha mostrato segnali di rallentamento in termini di assunzioni con circa 28 mila posti di lavoro persi rispetto all’anno precedente e con un calo del 37 per cento relativo alla domanda di lavoro in somministrazione registrato nel terzo trimestre tra Milano, Lodi, Monza e Brianza.

 

Milano resta sempre la città più in salute d’Italia e la Lombardia resta sempre la locomotiva del paese – il valore dell’export dell’Italia è di 449 miliardi di euro all’anno, la Lombardia da sola vale il 26,9 per cento dell’export, Milano il 9,2, con Lodi, Monza e Brianza vale il 12,2 – ma i dati della nostra capitale industriale ci permettono di ricordare che ci sono riforme sbagliate che anche un governo non competente può provare a rivedere ma che poi ci sono questioni, come la fiducia di un paese, per le quali non basta una qualche marcia indietro per riparare agli errori commessi. Di Maio e Salvini parlano spesso di altro ma il dato drammatico che vale la pena mettere a fuoco è che una volta concluso il passaggio della manovra l’Italia entrerà nuovamente in un pazzotico clima elettorale che porterà i due leader del governo a occuparsi solo di trovare il modo giusto per accrescere il proprio consenso senza occuparsi di cosa sarebbe invece opportuno fare per ridare credibilità all’Italia – Salvini e Di Maio lo sanno che le società e le banche domiciliate in Italia nel 2018 hanno emesso sul mercato obbligazioni pari a 77 miliardi di dollari, ovvero il livello più basso dal 2008, ovvero il 25 per cento in meno rispetto allo stesso periodo del 2017? E per quanto possa essere interessante parlare dei selfie di Salvini, delle sciate di Di Maio, delle carnevalate del governo sull’immigrazione, il vero tema del 2019 sarà come rendersi conto – una volta compreso che la legge di Bilancio porterà ad avere maggiore povertà, maggiori tasse, maggiore burocrazia, maggiore disoccupazione, maggiore instabilità – che un paese ostaggio della sfiducia ha solo un modo per ritrovare credibilità: fare tutto ciò che è necessario affinché l’esperimento di Salvini e Di Maio sia consegnato ai libri di storia. Da tempo questo giornale scrive che il nemico pubblico numero uno per il governo non è un partito dell’opposizione ma è il partito della realtà ed è possibile che la realtà si presenti presto dinanzi agli occhi del governo attraverso il volto di Milano, la città più in forma d’Italia rispetto alla quale il governo sta facendo di tutto per mettere a rischio la sua salute. E se mai Milano dovesse fermarsi ancora di più, per il milanese Salvini non sarà facile evitare i forconi e dimostrare di essere la vittima e non il carnefice del disastro italiano.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.