Matteo Salvini (foto LaPresse)

Caro Salvini, te lo dico da pompiere

Giuseppe De Filippi

Il ministro non faccia confusione: ecco perché è meglio evitare di indossare la divisa dei vigili del fuoco

"Chi è il caposquadra? Mi metto a disposizione". Anni fa mi capitò di rivolgermi a un gruppo di vigili del fuoco con quelle parole e quel tono secco, operativo, avendo notato che erano intervenuti per un’auto in fiamme a bordo strada. Era la via Flaminia, in uscita da Roma, dopo Grottarossa, dove già c’erano sprazzi di verde sul lato della carreggiata. La mia disponibilità venne declinata prima di poter sapere chi fosse il caposquadra e di riceverne udienza. Un pompiere di mezza età, evidentemente esperto, mi aveva subito smontato invitandomi, insomma, a levarmi di mezzo. Effettivamente l’auto era già nella fase fumante, post incendio, e io non sarei servito a niente, neanche per un ruolo di supporto, di retrovia. Però ero in pieno diritto/dovere perché in quei mesi ero pompiere, seppure di leva e ancora allievo, inquadrato nel 114° corso presso le caserme di Capannelle, a Roma. E la mia disponibilità all’intervento, al battesimo del fuoco, sebbene sul terreno semi-domestico della via Flaminia, nasceva anche da un piccolo accesso di vanità. Perché qualche settimana prima un altro ragazzo del corso aveva ricevuto un pubblico encomio proprio per aver aiutato volontariamente una squadra impegnata in servizio. Per me, però, niente gloria. 

 

Ma prosaiche partite a tressette, perché venni destinato, assieme all’altro del corso più avanti come età, a supporto dell’impianto interno alla caserma in cui si trovava la piscina. Vasca in cui non ho mai visto nessuno nuotare, soprattutto nessun pompiere, tantomeno di leva. Quindi i due di carriera lì presenti avevano richiesto la presenza di altri due, possibilmente non diciottenni e quindi minimamente esperti delle cose della vita, per completare un tavolo in cui far girare (con tutto il rispetto per lo svolgimento del servizio) per bene le carte piacentine. Ma questo conta poco, e aggiunge pochissimo alla miriade di aneddoti legati al servizio militare, del tutto incomprensibili per i millennial, irretiti, invece, i millennial, dalle gesta del Capitano, del Matteo Salvini indossatore di divise. Un po’ va detto che gli stanno bene, le spalle rinforzate e il taglio più marcatamente operativo di quegli abiti concorrono a togliere qualche rotondità dovuta evidentemente all’altra fissazione dell’immagine pubblica del ministro, quella del selfie alimentare. Però, divisa oggi, divisa domani, a bolsonareggiare va a finire che si fa anche qualche errore. Scoprendo che i vigili del fuoco era meglio lasciarli stare, non sfruculiarli con interpretazioni estemporanee del loro funzionalissimo look ad uso delle telecamere. Sono bravissime persone, all’occorrenza eroi senza farla tanto lunga nel resto della loro attività, sono davvero esperti di quello che fanno, con una conoscenza di cose pratiche che non verrebbe messa in discussione neanche come artificio retorico (nessuno direbbe “come un vigile del fuoco qualsiasi”), sono amati da tutti, nel traffico li lasciano passare anche quelli che al suono della sirena la prima cosa che pensano è che qualcuno della casta vuole saltare la fila e passare con il rosso. Allora anche la Cgil, come è noto, si è arrabbiata, unendo, in una rara convergenza, le sue lamentele a quelle dell’Usb, dei sindacati di base. Per entrambi i sindacati non è stata tanto la lesa divisa a indignare ma proprio l’interprete del camuffamento, il ministro in persona, criticato dai sindacati di base come “chi crede che tutto vale e la legge non vada rispettata” e dalla Cgil perché la divisa era finita addosso a chi “non conosce nemmeno il significato della parola sacrificio”.

 

Si potrebbe aggiungere che per i vigili del fuoco il ministro dell’Interno è, secondo le regole, il massimo responsabile del funzionamento del corpo e del coordinamento di tutte le attività, oltre a essere una controparte di tipo lavoristico nelle normali trattative sindacali. Allora, ministro, meglio evitare di giocare da entrambi i lati del tavolo. Meglio distinguere, mantenere i ruoli, anche per la comodità di chi deve decidere chi votare e, diversamente, chi chiamare se la casa brucia. All’occorrenza, quando vedesse un incendio, può provare a mettersi a disposizione, accettando però di buon grado l’invito a smammare. Te lo dico da pompiere.

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