Andreotti, vaccino contro la mediocrità

Paolo Cirino Pomicino

Nasceva cento anni fa lo statista che avrebbe caratterizzato la vita politica dell’Italia e dell’Europa nella seconda metà del Novecento. La sua visione per la pace, le aggressioni nell’ultimo tratto della vita

Il 14 gennaio del 1919 nasceva a Roma Giulio Andreotti, uno dei leader politici che avrebbe caratterizzato la vita politica dell’Italia e dell’Europa nella seconda metà del Novecento. Coincidenza storica e preveggente, quattro giorni dopo la sua nascita, il 18 gennaio 1919 Luigi Sturzo lanciò l’appello ai liberi e forti fondando il Partito popolare che nel secondo dopoguerra si chiamerà Democrazia cristiana e di cui Andreotti sarà uno dei leader più prestigiosi.

 

Nato e vissuto politicamente con De Gasperi, di cui fu uomo di fiducia e sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Andreotti è stato sette volte presidente del Consiglio e 27 volte ministro, ha guidato governi di centrodestra, di centrosinistra e quello della solidarietà nazionale con l’intesa prima e con l’appoggio poi del vecchio Pci di Enrico Berlinguer. Tale mole di incarichi e di responsabilità pubbliche naturalmente ha attivato nel tempo contrasti, veleni e finanche odî, da parte di poteri e di personaggi che spesso trovarono sul proprio “impertinente” cammino proprio Giulio Andreotti con la sua calma e la sua lucidità. La somma di quei veleni generò dalla metà degli anni 80 crescenti azioni di diffamazione nei riguardi di Andreotti sino a trasformarsi nell’accusa di aver favorito la mafia e di essere il mandante dell’assassinio di Mino Pecorelli, giornalista e faccendiere del peggiore sottobosco politico. E’ inutile dire che tutti i processi lo mandarono assolto, compreso quello per mafia in cui la Cassazione a proposito degli accadimenti prima del 1980 concluse che “la corte di appello ha avuto una interpretazione di alcuni fatti che non possono essere censurati dal giudice di legittimità anche se a quelle interpretazioni possono essere contrapposte altre di eguale forza logica”. Insomma la interpretazione di fatti, e non i fatti stessi, quando è messa alla base di una accusa finisce sempre per essere una discrezionalità e non una verità, tanto da essere contrastata da altre interpretazioni di eguale forza logica. D’altro canto a fronte di un Caselli che continua a scrivere cose trite e ritrite va ricordato che la più efficace legislazione antimafia fu voluta e attuata da Giulio Andreotti, a cominciare da quel decreto legge del settembre 1989 che raddoppiò i termini della carcerazione preventiva per i mafiosi e consentì così ai boss incarcerati da Giovanni Falcone di non uscire per decorrenza dei termini e aspettare in carcere le dure condanne del maxi processo di Palermo. Quel decreto fu ostacolato in maniera durissima in parlamento da Luciano Violante che portò il Pci a votare contro e poi in seguito a contrastare Giovanni Falcone. Ma tra un Caselli che blatera pregiudizi offensivi scegliamo Falcone che scelse di lavorare con Andreotti e due grandi personalità della seconda metà del Novecento, Giovanni Paolo II e Madre Teresa di Calcutta, che riempirono la vita di Andreotti di stima, affetto e benedizioni pubbliche e private a testimonianza della grandezza del personaggio Andreotti.

 

L’eredità lasciata da Giulio Andreotti è innanzitutto quella visione internazionale dei problemi che ha consentito ai governi italiani della Prima Repubblica di mantenere nel Mediterraneo una pace operosa con azioni ai limiti estremi della diplomazia come quando salvò Gheddafi dai bombardieri americani nel 1986 e Saddam Hussein dall’invasione di Bush padre nel 1991 a cui spiegò gli effetti che si sarebbero realizzati in medio oriente con la scomparsa di Saddam. Oltre dieci anni dopo non ci fu più nessun Andreotti a fermare le improvvide scorribande in Libia e in Iraq e ciò che da anni accade sta sotto gli occhi di tutti, e fu ciò che Andreotti aveva previsto.

 

Giulio Andreotti è stato un parlamentare straordinario e uno statista preveggente conosciuto e stimato dai leader di tutto il mondo e nel suo ultimo tratto di vita fu aggredito da una mediocrità che tentò invano di riscrivere la storia del nostro paese ad uso e consumo di quelli che stavano arrivando.

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