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L'illegalità del cambiamento

Claudio Cerasa

Lotta all’evasione in calo, anticorruzione farlocca, lavoro in nero, clandestini in più. Ecco l’altra tempesta perfetta del populismo: la promozione di incapaci pronti a trasformare l’immobilismo nell’unica legalità consentita

Negli ultimi due giorni, nell’indifferenza generale, il ministero del Tesoro ha diffuso alcuni dati significativi e non particolarmente valorizzati, che in una fase storica diversa rispetto a quella che viviamo oggi avrebbero certamente avuto l’effetto di ingrossare l’indignazione dei professionisti dell’onestà. I dati sono quelli relativi alle entrate legate alla lotta all’evasione fiscale e i numeri dicono che nei primi undici mesi del 2018 il gettito riguardante gli incassi da attività di accertamento e controllo ha registrato una flessione rispetto all’anno precedente pari al 7,3 per cento, per una quota di circa 748 milioni di euro. In altre occasioni, i professionisti del moralismo non avrebbero fatto a meno di notare che l’eccezionalità del dato negativo, dopo quattro anni di crescita costante, non può che essere legato alla natura del cambiamento politico avvenuto nel nostro paese e in fondo è più che comprensibile che se un elettore non in regola con il fisco ascolta ripetere per mesi le parole saldo-e-stralcio-saldo-e-stralcio e pace-fiscale-pace-fiscale, e si sente promettere che il futuro governo sanerà gran parte delle controversie in corso, sia portato a sfuggire sia alla complessiva attività di recupero dell’evasione fiscale (20 miliardi di gettito nel 2017 recuperati dall’Agenzia delle entrate) sia alle cartelle (5 miliardi di gettito nel 2017).

   

Di fronte a questo dato un osservatore poco attento potrebbe limitarsi a dire che un governo che gioca con i condoni, offrendo così una flat tax agli evasori, non è del tutto sincero, diciamo così, quando sostiene di essere “in prima linea nella lotta contro l’illegalità”. Ma a voler andare un po’ più a fondo nello studio del rapporto tra la parola legalità e la parola cambiamento – senza voler perdere troppo tempo a parlare dei molti problemi giudiziari con cui devono fare i conti i due partiti che si trovano oggi alla guida del paese, tra soldi che la Lega deve restituire allo stato e sindaci grillini indagati in mezza Italia – si scoprirà facilmente che l’incapacità o la non volontà di combattere fino in fondo i fenomeni di illegalità rischia di essere evidente su un numero molto considerevole di dossier politici. Delle conseguenze della pace fiscale, o se volete della resa fiscale, abbiamo già detto. Ma lo stesso discorso potrebbe valere quando parliamo di politiche relative al lavoro, alle pensioni, all’immigrazione, all’industria, all’anticorruzione. Le domande da porsi, in fondo, sono facili, e potrebbero essere comprese anche da un Toninelli qualsiasi. Primo punto: un governo che promuove una legge come il reddito di cittadinanza destinata a far aumentare il lavoro nero – nella misura in cui, come ammesso persino dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti, persone con un contratto vicino alla quota del sussidio saranno inevitabilmente portate a lavorare in nero per incassare il reddito – è un governo che l’illegalità la sta combattendo oppure la sta alimentando? Secondo punto: un governo che offre una pensione anticipata attraverso la quota cento non rendendo però l’assegno della pensione cumulabile con altri redditi è un governo che spingerà o no i nuovi pensionati a lavorare in nero, e ad alimentare l’illegalità, per arrotondare la propria pensione? Terzo punto: un governo che sceglie di abolire in modo automatico la protezione umanitaria ai richiedenti asilo – facendo passare nel giro di pochi mesi, come calcolato dall’Anci, il numero di presenze di irregolari da quota 491 mila a quota 557 mila – è un governo che l’illegalità la sta combattendo o la sta alimentando? Quarto punto: un governo che, aumentando la soglia del regime forfettario per le partite Iva a 65 mila euro, ha incentivato le aziende a offrire ai propri lavoratori sempre meno contratti a tempo indeterminato e sempre più contratti di lavoro con partita Iva è un governo che sta facendo di tutto per evitare che i lavoratori accettino di convertire in partite Iva i propri contratti a tempo indeterminato facendosi dare la differenza con i vecchi contratti con un po’ di nero? Quinto punto: un governo che sceglie di alzare la soglia di affidamenti diretti degli appalti per i comuni – dando la possibilità ai sindaci di offrire lavori senza bando e dunque senza alcuna gara con una soglia massima cinque volte più alta rispetto a quella del passato, da 40 mila a 200 mila euro – è un governo che sta facendo di tutto per ridurre le zone grigie dove matura la corruzione o sta facendo di tutto per aumentarle?

     

L’incapacità o la non volontà della banda degli onesti di combattere l’illegalità, e di prevenirla prima ancora che di punirla, è dunque un problema destinato a peggiorare le condizioni del paese per le ragioni che vi abbiamo spiegato ma anche per un’altra molto particolare. Una ragione legata a una specifica peculiarità della classe dirigente nata sotto il segno del cambiamento populista che in nome di una incapacità spacciata per onestà ha trasformato l’immobilismo e dunque la difesa della cultura del No – no grandi opere, no infrastrutture, no trivelle, no Tav, no Olimpiadi – nell’unica forma di legalità autorizzata dal popolo. E per questo, la tempesta perfetta che si inizia a osservare sempre con maggiore chiarezza all’orizzonte in fondo non riguarda solo la presenza di dati economici preoccupanti, ma anche la presenza di un cortocircuito destinato ad aumentare i problemi del paese: un populismo che promuove un numero sempre più elevato di incompetenti che di fronte ai problemi si occupano più di capri espiatori che di soluzioni e che hanno trasformato l’immobilismo nell’unica forma di legalità consentita. E’ il populismo, bellezza.

  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.