"Primarie aperte da 1,2 milioni di votanti"
Smeriglio (con Zingaretti) ci spiega perché i gazebo del Pd devono essere molto più aperti a sinistra
Roma. Dice, Massimiliano Smeriglio, braccio destro (o meglio sinistro) di Nicola Zingaretti, nonché coordinatore dei comitati Piazza Grande, che le primarie non possono essere riservate solo agli iscritti, come peraltro prevede lo statuto, “ma devono diventare un grande evento popolare”. Anche perché, spiega al Foglio, il Pd va allargato: “E’ evidente che se votassero solo quelli che hanno votato per il Pd all’ultimo giro, sarebbe comunque una cosa dignitosa, ma l’obiettivo è un altro”. Il 4 marzo, spiega il vicepresidente della Regione Lazio, “c’è stato per tutti nell’ambito della sinistra progressista. Per il Pd, che ha subito una sconfitta di carattere epocale, ma anche per le forze che stanno alla sinistra del Pd e che hanno conseguito risultati esigui.
Ma il 4 marzo c’è stato anche per chi le elezioni le ha vinte, visto che abbiamo a che fare con un governo nazional-populista nel quale i nazionalisti la fanno da padrone”. Fra i renziani c’è chi non apprezza l’apertura delle primarie del Pd anche ad altri mondi e altri elettorati ma Smeriglio preferisce evitare la polemica: “Con Piazza Grande abbiamo lavorato con umiltà per tentare di resuscitare uno spirito pubblico e una passione tra le persone democratiche e progressiste. Non abbiamo mai chiesto dove fossero state un attimo prima, ma abbiamo chiesto loro di mettersi in gioco perché il paese corre il rischio di una involuzione dei costumi e delle mentalità. Non serve né l’autosufficienza del Pd né l’autosufficienza degli altri.
E in fondo questo è un modello che ci ha permesso di vincere con Nicola Zingaretti nel 2008 alla presidenza della Provincia, quando il centrosinistra perdeva a Roma con Rutelli e, a livello nazionale, nel 2013 quando Bersani non vinceva le elezioni. E ancora, ci ha permesso di vincere il 4 marzo 2018 quando tutto il paese andava in un’altra direzione. Ecco, noi vorremmo metterci a disposizione della rigenerazione del campo democratico, con le esperienze virtuose della regione Lazio ma anche del Comune di Milano, che non solo hanno retto all’urto dei nazional-populisti ma hanno anche definito quale sia il campo democratico”. Insomma, dice Smeriglio “esiste un modello Lazio per l’Italia”.
Qui il Pd ha preso il 21 per cento, meglio che a livello nazionale, “ma il 33 per cento che ci ha permesso di vincere lo abbiamo ottenuto grazie anche a una lista civica, che ho coordinato io, e ad altre realtà, come una lista del volontariato cattolico, i Radicali, Leu. Poi c’era il valore aggiunto del leader, cioè Zingaretti. Noi pensiamo che quel modello lì, dentro un’alleanza tra forze civiche, possa essere un modello di ricostruzione del nuovo Pd”. Smeriglio pensa ai Democratici americani, dove stanno insieme personalità più moderate come Beto O’ Rourke o più radicali come Alexandria Ocasio-Cortez o Bernie Sanders. “Stanno nello stesso spazio politico di Hillary Clinton, si combattono ma poi insieme costruiscono un’opposizione alternativa al governo reazionario degli Stati Uniti. Così peraltro nasce una nuova classe dirigente fatta di afroamericani e immigrati di terza generazione”.
Per Smeriglio la discussione non deve essere dunque “politicista” su come ricostruire l’alleanza ma su come “cambiamo testa”. Molti attacchi sono arrivati dai renziani, che accusano Zingaretti di intelligenza con il nemico, vale a dire i Cinque stelle. “Nei congressi volano anche stracci, è normale, ma il tema fondamentale è un altro: come disincagliare il Pd da quel 17 per cento, con quali contenuti”. Per farlo, dice Smeriglio, “servono anche personalità e testimonianze” esterne al Pd. “Per questo abbiamo organizzato un’iniziativa con Massimo Cacciari sull’Europa, ma su quella necessaria, non su quella che c’è.
I nazional-populisti la vogliono distruggere, noi cambiare. Se diciamo invece che l’Europa va bene così, andiamo a sbattere”. Sono diverse le iniziative organizzate da Piazza Grande per allargare il campo, rivendica Smeriglio: da quella per dare il Nobel per la Pace a Riace all’incontro con il sindaco di Milano Beppe Sala e con l’ex sindaco Giuliano Pisapia. “Il tema non è con chi ci alleiamo ma far crescere questa forza. Poi quando sarà il tempo organizzeremo le alleanze, che devono essere fondate sulla condivisione dei valori e sulla condivisione programmatica. Leggo invece che c’è chi nel Pd starebbe brigando con Salvini, ma non voglio dar credito a queste notizie. La ritengo un’ipotesi irricevibile, i valori progressisti sono incompatibili con i razzisti nazionalisti”. Ma anche i Cinque stelle hanno qualche problema con la democrazia, no? “Hanno problemi seri, i padri costituenti sono stati ottimisti sulla vicenda politica italiana.
E oggi abbiamo forze politiche che non sono in realtà forze politiche. Salvini è vicepremier e a capo di due partiti; Di Maio è vicepremier, ministro di due ministeri e a capo di un partito governato da una spa che vive verticalmente sulla rete. C’è dunque da ridare significato alla politica e alla democrazia, sfuggendo alla tentazione dell’avventura degli uomini solo al comando. Servono meccanismi collettivi, come Zingaretti dice spesso”. Il Pd è l’unico partito sulla scena politica nazionale che chiedi ai propri iscritti e simpatizzanti quello che ne pensano della leadership. Noi dobbiamo rimotivare l’elettorato che ha elaborato il lutto e tornare in campo per battersi contro la deriva del nostro paese. Alle primarie serviranno un milione-un milione e 200 mila persone. Così dimostreremmo che c’è un’opposizione in grado di porsi come alternativa di governo”.