La recessione di cittadinanza
I dati di Bankitalia sulla decrescita, l’allarme dell’Europa sul debito, l’autonomia che balla. Potrà pure cancellare il reddito dalle slide, ma Salvini ora non può più nascondere che l’Italia si avvia alla recessione grazie alla grillizzazione della Lega
Prima ancora di soffermarsi sui dati economici negativi, prima ancora di parlare delle previsioni di Bankitalia, prima ancora di descrivere la spirale della recessione italiana, occorre fare un piccolo passo indietro, tornare alla serata di giovedì sera, riavvolgere il nastro della conferenza stampa di Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini e soffermarsi per qualche istante su un’immagine che fotografa meglio di qualsiasi retroscena un tema politico destinato a diventare sempre più centrale nel corso dei prossimi mesi: la grande truffa della Lega di Matteo Salvini.
L’immagine avrete già capito qual è ed è quella relativa agli attimi immediatamente successivi al Consiglio dei ministri che due giorni fa ha approvato il decretone su quota cento e reddito di cittadinanza, quando il ministro dell’Interno rifiuta di esporre la slide offertagli da Rocco Casalino per sintetizzare i due successi del governo, quota cento e reddito di cittadinanza, e sceglie di differenziarsi da Di Maio e Conte offrendo al pubblico una slide diversa composta da un solo elemento: quota cento (e niente reddito di cittadinanza).
Le ragioni di Salvini sono evidenti e persino comprensibili e riflettono uno schema politico che finora per la Lega ha funzionato alla grande: essere contemporaneamente di lotta e di governo, essere contemporaneamente il responsabile del disastro italiano e l’alternativa naturale al disastro, essere contemporaneamente la causa dei problemi dell’Italia e la risposta ai problemi del paese. Matteo Salvini, come ha detto in modo esplicito in più occasioni il suo braccio destro a Palazzo Chigi, Giancarlo Giorgetti, non ama il reddito di cittadinanza e farà di tutto per dimostrare che se fosse stato per lui avrebbe fatto tutt’altro.
Ma la giornata di ieri, con i dati economici negativi offerti dal Bollettino di Bankitalia, ci dicono che da oggi in poi per Salvini sarà sempre più difficile cancellare dalle slide dell’Italia i risultati prodotti da questo governo. Il Bollettino del mese di gennaio di Bankitalia certifica quello che questo giornale aveva previsto mesi fa, ovvero che negli ultimi tre mesi del 2018 il pil italiano, esattamente come nel terzo trimestre del 2018, dovrebbe essere ancora diminuito, a seguito della flessione della domanda interna, della flessione degli investimenti, della flessione dei consumi, della diminuzione degli indici dei responsabili degli acquisti delle imprese e del peggioramento degli indicatori della fiducia di imprese e consumatori (due giorni fa l’Ocse ha registrato che l’Italia è l’unico paese dell’Eurozona in cui è calato il tasso di occupazione nel terzo trimestre 2018).
Bankitalia ricorda che oggi “le imprese sono meno ottimiste circa l’evoluzione della propria domanda e della situazione economica generale rispetto alle indagini condotte in settembre”, e lo fa nello stesso giorno in cui il rapporto sulla sostenibilità di bilancio del 2018 redatto dalla Commissione europea prevede che in uno scenario a politiche invariate il debito pubblico dell’Italia aumenterà dal 130,1 per cento del pil nel 2020 al 146,5 per cento del pil nel 2029, facendo tornare così in Italia “il timore che si inneschi di nuovo il circolo vizioso fra titoli di stato e banche, in un contesto di spread tra i rendimenti in crescita”. E lo fa, ancora, nello stesso giorno in cui il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, in modo impietoso ricorda che “l’aumento del debito pubblico rende difficile la possibilità di stabilizzare e finanziare gli investimenti per la crescita”.
Salvini potrà provare a cancellare quanto vuole la presenza della sua manina sul volante che sta portando l’Italia verso il burrone della decrescita, ma l’arrivo della recessione avrà l’effetto di accelerare una rivolta che per Salvini potrebbe essere letale: quella dell’Italia più produttiva, quella dell’Italia del pil, quella del nord che aveva scommesso su Salvini per avere tasse più basse, crescita più alta, più posti di lavoro, maggiori infrastrutture, maggiore autonomia in Lombardia e in Veneto e che oggi si ritrova invece con un paese che nei prossimi anni aumenterà le tasse, farà diminuire la crescita, distruggerà posti di lavoro, rallenterà le infrastrutture e alle regioni che un anno fa hanno firmato con il precedente governo un impegno sull’autonomia offrirà probabilmente meno di quanto era stato promesso da un governo non leghista (il Cdm sull’autonomia è calendarizzato per il 19 febbraio, il Movimento 5 stelle ha detto che non intende rispettare gli impegni presi dal precedente governo, e sarà interessante quel giorno vedere se avrà ragione o no il governatore del Veneto, Luca Zaia, che un mese fa ha detto che “o si firma l’intesa il 15 febbraio o questo governo va a casa”).
Salvini potrà giocare con le slide quanto vuole ma la verità è che l’Italia governata dalla Lega si avvia alla recessione anche grazie a una scelta scientifica fatta dalla Lega e perfettamente sintetizzata qualche mese fa dal presidente degli imprenditori del Veneto: “Salvini si è venduto ai Cinque stelle solo per due immigrati in meno”. E più passerà il tempo più sarà chiaro anche per Salvini che nei prossimi mesi per provare a combattere la decrescita italiana il grande tema non sarà come cambiare o correggere la manovra: sarà semplicemente come far saltare in aria un governo che nell’attesa di abolire la povertà ha abolito la crescita e il futuro dell’Italia.