Quando se ne vanno? I fatti non bastano
Il caos italiano spiegato con il grasso del potere che legittima l’assurdo
La domanda delle domande, che corre sulla bocca di molti, è: quando se ne vanno? Un’alternativa politica e parlamentare non c’è, allo stato, quindi niente garantisce un esito positivo di un’eventuale crisi, che rovesci il peggio delle tendenze venute fuori con il voto del 4 di marzo del 2018 e la formazione avventurosa, con il contratto fra due minoranze faziose che fanno maggioranza, del governo del cambiamento. Tuttavia si insiste: quando se ne vanno, come si può continuare così in economia col ristagno e la diffusione di un confuso assistenzialismo clientelare di massa, in politica estera con l’isolamento e lo sfascio, in devastazione delle istituzioni come programma di ogni giorno, occupazione di tutti i luoghi di potere, esibizione di ruffianerie che superano perfino quelle del passato, mascheramenti, bullismi contro i tentativi di integrazione degli immigrati, proclami antisemiti, forconismi, complottismi, idiozie? C’è chi dice che la fiammella si sta consumando più velocemente del prevedibile, chi dice dopo le elezioni europee, ma è un si dice, un chissà balbuziente, si va a tentoni, a intuito, nessuno in verità sa niente, nemmeno gli autori della grande truffa.
Proviamo a individuare, per essere realisti, l’unico successo vero di questa classe demagogica e discutidora, esibizionista, velleitaria ma sbandieratrice. Sono riusciti, questo sembra il punto, a portare alle sue conseguenze di parata la fanfara della rottura di sistema senza però essere costretti a rompere il guscio di regole fondamentali, la gabbia, dell’Unione europea, dei suoi rapporti di solidarietà tra alleati e partner, della sua moneta senza la quale l’intero progetto del cambiamento, così perfettamente italiano, così volgarmente pittoresco, affonderebbe inesorabilmente. Stanno un po’ di qua e un po’ di là, con il piede in due staffe. Quando la Grecia raggiunse quel limite, in tutt’altro contesto, e si trovò obbligata a scegliere, sappiamo come è andata. L’Italia a quel punto è riuscita per adesso a non arrivare. Sono arrivati di rincalzo i gilet gialli, che lì tirano sassi e bloccano strade, qui fanno la stessa cosa ma al governo del paese. La Merkel fa quel che può e che obiettivamente, senza più al suo comando il partito di riferimento (Cdu e Csu) e con la crisi galoppante della socialdemocrazia, è poco. Per ogni dove, dalla Spagna alla Polonia alla lega anseatica dei super ricchi, da Londra a Budapest, tira un’aria di buriana più o meno sotto controllo, più o meno meteorologicamente prevedibile. Allignano l’espansionismo russo, il disimpegno caotico americano, le guerre commerciali. Che l’Italia sia incasinata come mai prima nella sua storia è considerato parte di una geografia generale del disordine, più che uno scandalo individualizzabile.
Così la governabilità ha cambiato di segno. Il tuìt e il post, lo spirito cazzaro, regnano incontrastati, i sondaggi registrano la nuova morfologia ferragnez della comunicazione politica, e chi si occupa delle cose sode, qualche presidente di regione, il sindaco di Milano, la Lega del nord imprenditoriale e bottegaia, residui di istituzioni, un pezzo dell’opposizione politica, associazioni e movimenti tra cui un sindacato che speriamo in ripresa, si ritrova per ora con un pugno di mosche in mano: è il fascio debole della politica, desolidarizzata, delegittimata, prostrata davanti alle tecniche di vendita all’incanto dell’antisistema che viaggia con le cautele del sistema e le protezioni del guscio di regole ancora teoricamente, virtualmente in vigore, contro il fascio forte dei pronunciamenti sconnessi, attivistici, vitalistici, gridati e fervorosi il giusto. Inoltre, e non è un particolare da poco, questi occupano tutto l’occupabile, è considerato non si dica decente ma inevitabile uno spoils system barbarico, privo di una qualunque razionalità, robe che mai nemmeno Craxi, Berlusconi o Renzi hanno osato pensare possibili. Asini che attaccano asini dove vogliono.
Quando se ne andranno a casa? Teniamo anche conto del piacere animalesco, giovanile e buzzurro, non professionale, tribale, di stare insieme, Truci e Balconari, uniti nel grasso del potere che legittima l’assurdo, e teniamoci stretti alle nostre incertezze previsionali.