Ma che guappo di cartone. Salvini sequestra la legge ma ha fifa a sfidarla
Il Truce azzeccagarbugli si nasconde dietro il “mandato”, errore blu. Faccia come il coraggioso capo catalano Junqueras
Ma è proprio un guappo di cartone, il Truce. Improvvisamente si fa giureconsulto pensoso delle proprie sorti, lui che tira dritto, lui che non molla, lui che lo dice da papà, e affida a un tecnico una penosa letterina azzeccagarbugliosa al Corriere, ai sensi dei sensi e comma tale e tal altro, per dire che Egli, ma con la maiuscola dell’impersonale maestà sovrana, ha un mandato politico a regolare i flussi (del mare?) e il Senato deve impedire il suo processo, chiesto dal Tribunale dei ministri a smentita della larghezza di vedute dei magistrati zuccaroni, che hanno anche loro un mandato, si vede. Il mandato, guarda un po’. La legge chissenefrega, l’arresto illegale chissenefrega, il sequestro della Diciotti chissenefrega, c’è il mandato. Sarebbe come dire, parlando con pardon, che Martina e Orfini, senatores boni viri, hanno anche loro un mandato popolare, ma di accoglienza entro i limiti, e allora per qualche decina di immigrati rinserrati con donne e minori su una nave essi medesimi sono autorizzati all’abbordaggio, come pirati dei Caraibi, e a violare la legge per soddisfare l’impellenza del mandato trascinandoli fuori su un gommone e sbarcandoli nelle alture di Riace. Il tecnico giuridico viminalizio, e viminalizio è ormai una parola spessa, cruda e fatiscente da usare spesso, non ha considerato che il mandato si esplica attraverso e non contro la legge. Elementare, no?
Ora può anche darsi che alla fine la tesi viminalizia superi la prova, non dico della politica senatoria, Senatus mala bestia, ma persino dell’accertamento dibattimentale giudiziario, e il Truce vada assolto. Non me ne stupirei. Posso perfino spingermi con grave peccato di ipocrisia a augurarmelo in nome del garantismo. Quel che non supera la prova è il paragone tra il guappo di cartone e Orio Junqueras, quel meraviglioso ciccione catalano che si sta facendo mesi e mesi di galera perché ha sfidato la legge hispanica, borbonica, sacrosanta dell’unità nazionale sotto el Rey, e parla dalla sua cella di conte di Montecristo con dignità e sottigliezza, avendo avuto cura di calibrare le parole giuridiche e il coraggio personale e civile di chi è restato a testimoniare. Vuole testimoniare, il guappo Truce? E allora si comporti da testimone, si dia quel coraggio che un famoso prete lombardo non si poteva dare perché non lo aveva, non si comporti da imputato felloncino che fa di tutto per cancellare la sua stessa imago Dei di duro che non molla, di don Rodrigo in cerca di consenso, uno apre le buste delle informazioni di garanzia in favore di telecamere, io non mollo, io tiro dritto, amici (che don Rodrigo banale e domestico, altro che Franti l’infame).
Oltre tutto si impappina, lui con il suo consulente, nella penosissima letterina al Corrierone. E dice che le convenzioni europee impongono di rivedere la cooperazione in tema di sbarchi per fare deterrenza alle partenze e ai tragitti illegali dei disperati. Giusto. Ma appunto di “cooperazione agli sbarchi” si tratta, non di sequestro e arresto illegale di persone fisiche impedite allo sbarco. Scendono, si fa un vaglio serio in condizioni di media umanità, che l’Italia si può e si deve permettere verso chiunque, e si decidono i termini della cooperazione, anche con la guerra diplomatica, la deterrenza di un sistema integrato di relazioni internazionali fra partner che si mostra sordo e ottuso moralmente ma che si può piegare alla ragione con mediazione, compromesso e anche dissuasione. Ma con altri mezzi, leciti, non con la presa di ostaggi a mare.