Il sottosegretario Merlo ci spiega la linea (ambigua) dell'Italia sul Venezuela
“Il riconoscimento di Guaidó è un finto problema. Vogliamo elezioni libere il prima possibile”. Parla il fondatore e presidente del Maie
“Il riconoscimento di Guaidó è un falso dibattito. La vera differenza è tra chi, come l'Italia, vuole le elezioni libere in Venezuela e chi invece non le vuole.” Il sottosegretario agli Esteri Riccardo Merlo, eletto al Senato nella circoscrizione “America Meridionale” con il Maie (Movimento associativo italiani all'estero), ci tiene a ribadire che l'Italia non è a favore del dittatore venezuelano Nicolás Maduro. “Ma quando mai, Maduro se ne deve andare al più presto – dice Merlo, con un marcato accento spagnolo – Ha affamato il suo popolo: i venezuelani non hanno più la carta igienica, gli scaffali dei supermercati sono vuoti. Io sono contrario a ogni forma di dittatura; l'ho vissuta anni fa quando stavo in Argentina, ed è stato terribile. Le dirò di più: ho dei seri dubbi sulla salute mentale di Maduro. Come si fa a prendere sul serio uno che sostiene di aver ricevuto la benedizione di Hugo Chávez attraverso il canto di un uccello?”.
A voler essere sinceri, però, la posizione ufficiale dell'Italia non sembra essere così chiara e diversi esponenti della maggioranza hanno usato delle frasi contraddittorie. “La posizione dell'Italia l'ha espressa il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi la scorsa settimana al Senato. Vogliamo elezioni libere e democratiche al più presto e questo significa, in modo indiretto, che non riconosciamo la legittimità del presidente attuale. Vorrei fare notare che nel suo discorso al Senato, Moavero non ha mai evocato il principio di 'non ingerenza' (ne hanno parlato il vicepremier Luigi Di Maio e Manlio Di Stefano, il sottosegretario agli Esteri del M5s, ndr). Maduro deve andare a casa ma nel miglior modo possibile, senza spargimenti di sangue”.
Il sottosegretario agli Esteri, Riccardo Merlo (Maie) (Foto Wikipedia)
Tuttavia, l'Italia non ha ancora riconosciuto il leader dell'Assemblea nazionale del Venezuela, Juan Guaidó. “Quello su Guaidó è un falso dibattito. La priorità è portare il Venezuela a elezioni libere e democratiche attraverso un processo pacifico. La posizione dell'Italia è condivisa dalla maggior parte dei paesi europei e dalla Santa Sede. Sei paesi dell'Unione europea, tra cui Francia, Spagna e Germania, hanno scritto un ultimatum in cui hanno minacciato di riconoscere Guaidó se Maduro non avesse convocato le elezioni entro otto giorni. Tutti gli altri stati, tra cui l'Italia, non hanno sottoscritto. Non ci dimentichiamo che gran parte dell'esercito in Venezuela sta con Maduro”. Quindi sta dicendo che un sostegno esplicito a Guaidó potrebbe fare degenerare la situazione? “No, non sto dicendo questo. Maduro è un dittatore e deve andare a casa subito, la domanda è: 'In che modo'? Dobbiamo vedere. Quel che è certo è che il voto alle elezioni non deve essere controllato da Guaidó o da altri, bensì dall'Onu. Non ho nulla contro Guaidó, ci ho parlato al telefono venti giorni fa e mi ha detto che era molto preoccupato per la sua incolumità.”
Però la risoluzione approvata dal Parlamento europeo – Lega e Movimento 5 stelle si sono astenute – riconosce Guaidó come presidente ad interim del Venezuela con l'obiettivo di convocare nuove elezioni entro 90 giorni. Lei avrebbe votato a favore? “Non rispondo a domande controfattuali, non sono un eurodeputato e non mi pongo questo problema. Io rispetto la decisione del Parlamento europeo, però il punto è un altro. Lei pensa che il riconoscimento di Guaidó cambierebbe nulla in vista di nuove elezioni? Non credo. L'Italia deve continuare ad agire con molta prudenza”.
Ed è proprio questa la parola più ripetuta dal sottosegretario Merlo: “prudenza”. “L'Italia deve continuare a inviare i medicinali in Venezuela, un gesto che i governi precedenti non hanno mai fatto. Io sono in continuo contatto con gli italiani che risiedono in Venezuela, e che vivono la situazione con grande angoscia. Le richieste di aiuto sono infinite: la situazione naturalmente è grave però gli accostamenti con la Libia o con la Siria sono fuori dal mondo”. Peccato che il paragone con la Libia lo abbia fatto proprio il collega di Merlo, Manlio Di Stefano.