Maurizio Gasparri col presidente del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati (foto LaPresse)

Gasparri ci spiega perché Salvini non va processato sul caso Diciotti

Luca Gambardella

Per il senatore di Forza Italia, presidente della Giunta per le Autorizzazioni, il ministro dell'Interno ha agito per tutelare un interesse dello stato

“Sul caso Diciotti siamo chiamati a decidere se l’azione del governo ha tutelato un interesse dello stato. Secondo me sì ed è stato fatto collegialmente”. Il presidente della Giunta per le Elezioni e le Autorizzazioni a procedere del Senato, Maurizio Gasparri, spiega al Foglio perché nella sua relazione ha proposto il diniego alla richiesta del Tribunale dei ministri di Catania nei confronti del ministro dell’Interno Matteo Salvini. “In tutta questa vicenda il vero problema è la disinformazione”, lamenta il senatore di Forza Italia, che accusa i giornalisti di essere i responsabili della “grande confusione” attorno al caso della Diciotti. Prova lui, quindi, a chiarire come stanno le cose. Prima di tutto, il senatore rivendica la paternità della decisione di inviare alla procura di Catania una copia delle memorie presentate in Giunta dal premier, Giuseppe Conte, e dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, in difesa di Salvini. “Nessuna pressione. Ho deciso in piena autonomia di inviare una lettera alla presidenza del Senato, come previsto dall’articolo 135 bis del Regolamento, per chiedere di inoltrare i due documenti agli inquirenti. Che però è una cosa ben diversa dal Tribunale dei ministri”. Non tanto, almeno a sentire il senatore di LeU, Pietro Grasso. "Lo avevo chiesto io – ha puntualizzato stamattina l’ex presidente del Senato che oggi fa parte della Giunta – La procura di Catania non ha poteri di indagine ma ha l'obbligo di trasmetterli al Tribunale dei ministri che farà le sue valutazioni”.

  

 

I tempi per il voto in Giunta comunque non cambiano, assicura Gasparri: “Abbiamo una scadenza fissata per legge, che è quella del 22 febbraio. Entro quella data, o anche prima, arriveremo a una decisione”. L’esito del voto resta incerto. La chiave di tutto è il M5s, che è ancora diviso. Se Gianluigi Paragone propone di fare decidere agli iscritti del Movimento con un voto sulla piattaforma Rousseau, Mario Michele Giarrusso critica invece Gasparri per avere chiesto di inviare alla procura le memorie di Conte e Toninelli (una decisione “fatta solo per farsi pubblicità sui giornali”, ha detto Giarrusso). Secondo Gasparri sono chiacchiere: “Anche io sono bravo a fare comizi, quando voglio”.

 

 

Quella sulla Diciotti è una “decisione politica”, ripete il senatore di Forza Italia, anche se per le opposizioni l’intera vicenda rischia di diventare vittima di un paradosso. I senatori sono chiamati a esprimere un giudizio politico su un provvedimento giuridico emesso da tre giudici di Catania che accusano Salvini di un reato molto grave, quello di “illegittima privazione della libertà personale” nei confronti dei 177 migranti tenuti a bordo della nave della Guardia Costiera nell’agosto 2018. L’opposizione – così come parte del M5s – si chiede se sia lecito tutelare un interesse costituzionalmente rilevante (la sicurezza nazionale, secondo la versione di Salvini) violando a sua volta altre norme costituzionali (l’articolo 13 della Costituzione sul “diritto inviolabile” della libertà personale). Secondo i giudici di Catania, solo l’autorità giudiziaria, a determinate condizioni, può autorizzare un simile provvedimento restrittivo. Appunto, l’analisi politica impone ragionamenti più generici. Ma non troppo. Perché, aggiunge Gasparri, ci sono anche “termini giuridici di cui tenere conto” e per lui le cose stanno diversamente. “Dobbiamo valutare se esistano le condizioni espresse nella legge costituzionale del 1989 (quella che disciplina le linee guida che la Giunta deve seguire, ndr). Dobbiamo rispondere a questioni generali. Poi, si è visto, anche dal punto di vista giuridico la procura di Catania ha dato torto ai giudici del Tribunale dei ministri che invece hanno chiesto l’autorizzazione a procedere. A mio avviso, mi pare chiaro, Salvini non ha agito per fini personali, né per fini politici: quindi è stato un atto di natura ministeriale per la salvaguardia di un interesse pubblico”. Così, per provare a mettere chiarezza su un dilemma quasi inafferrabile, Gasparri chiarisce: “Non possiamo accogliere tutti, non è che tutti quelli che arrivano e vogliono entrare in Italia possono farlo. Nel caso della Diciotti l’Italia è stata l’unica a prestare soccorso ai migranti, che non sono stati maltrattati. Anzi, tra il 20 e il 25 agosto il governo italiano ha cercato altri paesi europei in grado di accogliere queste persone”.

 

D’altra parte, Grasso e Gregorio De Falco, il senatore epurato dal M5s, mettono in guardia dal rischio di generare “una deriva pericolosa”. La relazione di Gasparri, commenta Grasso, “lascia perplessi” perché nell'affermare un preminente interesse dello stato nella condotta del titolare del Viminale, “non prevede nessuna valutazione sui mezzi” messi in atto “per raggiungere il fine” di arginare l'immigrazione clandestina. Il punto, insomma, è tutto in quel “preminente interesse pubblico”, il principio messo nero su bianco, insieme a tutta la sua vaghezza, nella legge del 1989 sulle autorizzazioni a procedere. Quello che dovrebbe guidare i senatori in una scelta che molto difficilmente potrà sottrarsi al paradosso della Diciotti: applicare una legge sospendendone un’altra che viola un diritto inviolabile.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.