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Sulla Tav, per il M5s, i costi sono i benefici

Luciano Capone

Più investimenti, meno accise, meno pedaggi autostradali e switch del trasporto da gomma a ferro. Le voci negative dell’analisi costi-benefici sulla Torino-Lione sono in realtà gli obiettivi politici del “contratto di governo”

Se, come anche i grillini sostengono, sulla Tav Torino-Lione bisogna avere un approccio “non ideologico”, allora proprio dopo aver visto l’analisi costi-benefici il M5s dovrebbe essere entusiasticamente favorevole al completamento dell’opera. Perché i numeri dell’analisi economica, a prescindere dalle penali e delle conseguenze politiche internazionali, non sono affatto “estremamente negativi, direi impietosi”, come ha affermato il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli.

 

Anzi, proprio nell’ottica del M5s sono estremamente positivi. Lo studio elaborato, in maniera molto professionale dal gruppo guidato dal prof. Marco Ponti, è infatti uno strumento utile per la discussione pubblica e per far prendere una decisione consapevole, che deve essere informata ma non determinata dall’analisi. Insomma, come ha detto più volte lo stesso Ponti, alla fine è la politica che deve prendere una decisione. E il fatto è che adesso, dopo lo studio tecnico, Toninelli dovrebbe convincersi a dire sì alla Tav perché l’analisi, seppur negativa, in realtà indica che nell’ottica del M5s e del “contratto di governo” i costi sono i benefici.

 

L’esercizio è facile da fare, basta guardare il grafico finale della relazione, quello che rappresenta le singole voci (positive o negative) che compongono il “valore attuale netto economico”, ovvero il benessere complessivo di tutti gli attori coinvolti dalla realizzazione dell’opera, che secondo l’analisi sarebbe negativo di circa 7 miliardi di euro.

 

Eppure se si va a vedere quali sono i costi, cioè le voci in rosso, si scopre che per il M5s sono benefici, sono cioè obiettivi politici da realizzare che il partito di Luigi Di Maio ha inserito prima nel programma elettorale e poi nel “contratto di governo” con la Lega. Partiamo dalla voce “investimento”, che vale circa 7 miliardi. Per il M5s e per il governo, come ha ribadito di recente il ministro dell’Economia Tria, gli investimenti pubblici sono la leva più importante per tirare fuori il paese dalla recessione; fermare la Tav andrebbe contro la strategia economica di un esecutivo che punta a “sbloccare” gli investimenti pubblici e, inoltre, farebbe perdere anche la quota di spesa che tocca all’Ue. L’altra voce negativa è: “Entrate dello stato”, pari a circa 1,6 miliardi. Sono le mancate entrate da accise, dovute alla riduzione del traffico su gomma in favore di quello ferroviario. Ma anche questo, più che un costo, è un obiettivo politico di Lega e M5s: “Intendiamo eliminare le componenti anacronistiche delle accise sulla benzina”, c’è scritto nel “contratto di governo”.

 

Marco Ponti e colleghi calcolano quegli 1,6 miliardi da mancate accise perché, ovviamente, proiettano la legislazione vigente nel futuro: ma se M5s e Lega intendono rispettare il contratto di governo riducendo le accise allora nei prossimi anni non ci sarà alcuna perdita di gettito. L’altra voce fortemente negativa per gli effetti redistributivi prodotti dalla Tav Torino-Lione, la più consistente dopo l’investimento, è la riduzione delle entrate da pedaggio per le società autostradali. Non è vero, come si dice spesso, che è un costo che non andrebbe calcolato.

 

Quando si fanno analisi del genere è giusto valutare l’impatto per tutti gli attori in campo – utenti e produttori – e poi prendere una scelta ragionata sulla base dei risultati. Ebbene, anche la riduzione degli incassi e dei pedaggi per le società autostradali è un obiettivo del governo. E non tanto perché il ministro Toninelli è in guerra contro Autostrade/Aspi in seguito al crollo del ponte di Genova (prendere una decisione strategica per vendetta o ritorsione su un’altra questione sarebbe poco saggio). Ma perché anche questo, lo spostamento del traffico dalle strade alle ferrovie, è un obiettivo del contratto di governo: “È necessario favorire lo switch intermodale da gomma a ferro nel trasporto merci investendo nel collegamento ferroviario”. E nel programma elettorale del M5s si parlava in più parti del potenziamento delle ferrovie per favorire il “trasporto delle merci e dei passeggeri”.

 

Alle voci ritenute negative dall’analisi costi-benefici, che invece per le idee del M5s sono tutte positive, vanno aggiunte anche quelle che per Ponti sono positive e per il M5s lo sono ancor di più, come la riduzione dell’inquinamento ambientale e la maggior sicurezza, che insieme sono pari a circa 1,8 miliardi, a cui va aggiunto 1 miliardo di diminuzione di costi di congestione. Quindi se il M5s volesse fare una laica analisi politica dell’analisi tecnica dovrebbe spostare tutti i “costi” nella colonna “benefici”.

 

Anche perché se il M5s dovesse basare le proprie decisioni sull’analisi costi-benefici, allora dovrebbe bloccare tutte le infrastrutture che promette di voler fare: difficilmente le linee ferroviarie Roma-Pescara, Napoli-Bari, Catania-Palermo o Ferrandina-Matera supererebbero l’esame del prof. Ponti. Insomma, se davvero il M5s avesse un approccio “non ideologico” alla questione Torino-Lione, dopo aver letto l’analisi costi-benefici, dovrebbe immediatamente diventare Sì Tav.

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali