Ritratti di padri e figli autorottamati nello strapaese di Rignano d'Arco
Renzi, Di Maio, Di Battista. Queste storie di provincia s’assomigliano tutte: alla fine non c’è peggior contrappasso, per chi ha messo in pratica il parricidio politico, che finire schiacciati dal peso dei genitori biologici
Roma. Padri che rottamano i figli rottamatori, figli rottamati da padri ingombranti. Alla fine non c’è peggior contrappasso, per chi ha messo in pratica il parricidio politico, che finire schiacciati dal peso dei genitori biologici. Insomma più che gli avversari poté la famiglia, nucleo immarcescibile di scazzi, depressioni, irritazioni, abbracci, solidarietà ma anche grane gigantografiche.
Questi giovani rottamatori s’assomigliano un po’ tutti; Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista, Matteo Renzi, vittime di genitori che diventano ingombranti perché ingombranti sono loro, i figli. E codesti padri, anziché adottare un basso profilo, pensano che l’Italia sia un’immensa Rignano sull’Arno o una gigantesca Pomigliano d’Arco nella quale non c’è distinzione fra lo strapotere e lo strapaese e dimenticano il loro status di personaggio pubblico per interposto figlio.
L’Italia è quindi una specie di Rignano d’Arco, nella quale ogni volta che c’è un’inchiesta giudiziaria si scatenano gli istinti belluini degli avversari politici, pronti a salire sul carro della procura e a scagliarsi contro gli indagati, gli arrestati, gli sfiorati, e, dall’altra parte, di volta in volta c’è un complotto mediatico-giudiziario ordito da apparati ai danni degli indagati, degli arrestati, degli sfiorati (e qualche volta è vero). Un tempo quantomeno c’erano i servizi deviati (da chi, verso dove, non è mai stato chiaro) ora ci sono le manine. I tweet vanno veloci come fulmini, sembrano tanti ditini alzati rivolti agli interlocutori, le parole sono feroci, non semplici pietre ma mazze chiodate. Colpisce la totale assenza di un registro linguistico ampio. E siccome i limiti del linguaggio sono i limiti del mondo, come già insegnava Wittgenstein, colpisce l’incapacità di leggere e descrivere i fatti se non attraverso le lenti dell’indignazione, della rabbia, del rancore, del livore; per non parlare di quelli che non solo non usano altro registro che non sia quello dell’indignazione, della rabbia, del rancore e del livore.
“Se non avessi fatto politica, oggi i miei genitori non subirebbero questo”, ha detto Renzi ieri nella sua ultima eNews. Può essere. Ma allora viene da chiedersi – sempre stando al precetto del ‘tratta il prossimo tuo come te stesso’ – perché diventi così facile maramaldeggiare sugli avversari e gridare al complotto quando riguarda se stessi. “E’ giusto che Fico venga in Parlamento a chiarire”, disse Renzi dopo il caso della colf pagata in nero. E dopo la pubblicazione della notizia sui guai fiscali di babbo Di Battista, il senatore di Scandicci prese tastiera e vergò per denunziare pubblicamente che “la Rai grillina ha totalmente ignorato la notizia. La redazione dei colleghi di Di Battista tace. I talk discutono d’altro. Non se ne deve parlare”. “Non pongo il problema dei due pesi e due misure con altre vicende recenti. Pongo un problema di democrazia dell’informazione”, scrisse Renzi. “È giusto o no che il leader più carismatico del partito di maggioranza abbia con la sua azienda debiti con il fisco, con le banche, con i fornitori e con i dipendenti e la notizia venga clamorosamente censurata?” Sicché: “Fico con la colf in nero in casa. Di Maio prestanome di un’azienda che scappa dal fisco. Di Battista che semina debiti come fossero post. Ma con quale faccia questi attaccano noi che su queste cose abbiamo sempre querelato per diffamazione (e spesso vinto)?”.
Alla fine, dunque, queste storie di provincia s’assomigliano tutte. Più sei rottamatore, più c’è il padre iperattivo che rischia di rottamarti. Più sei puro più arriva qualcuno più puro di te che ti epura.