Se lo dice Rousseau
I balbettii dei senatori del M5s per spiegare il cortocircuito democratico sull'immunità di Salvini. Parlano Urraro, Bottici e Crucioli
Roma. “Noi avevamo già deciso. Poi su Rousseau hanno ratificato la decisione. E dunque noi ora ottemperiamo alla ratifica”. Dice così, Francesco Urraro, e quasi riesce a nasconderlo, lo sforzo che gli costa il cercare di dare una logica al suo ragionamento. Lo dice, il senatore del M5s di San Giuseppe Vesuviano, già presidente del Consiglio dell’ordine degli avvocati di Nola, mentre s’infila nel porticato di Sant’Ivo alla Sapienza, un attimo prima di essere raggiunto dal nugolo di telecamere e microfoni. “Noi voteremo assolutamente in conformità con l’esito della consultazione su Rousseau, anche perché i nostri iscritti hanno votato in sintonia con una convinzione che noi avevamo già maturato”.
Ma se l’avevate già maturata, la convinzione, a cosa serviva consultarli? “La democrazia diretta è un nostro valore. Era importante che la nostra base potesse esprimersi: si tratta di una indicazione che, per noi eletti, è sempre fondamentale”.
Ma allora perché consultarli solo alla vigilia del voto in giunta? “La giunta è un organo paragiurisdizionale. Dunque, ovviamente, c’è stata la necessità, da parte nostra, di studiare le carte e approfondire una questione molto delicata, che si colloca in un perimetro giuridico e costituzionale molto circoscritto”.
Ma proprio in virtù della complessità del quesito, che senso ha consultare degli attivisti che non hanno di certo avuto il tempo e gli strumenti necessari per comprendere? “Agli attivisti abbiamo chiesto un parere più politico, se così si può dire. Un parere su una scelta che ha coinvolto l’intero governo”.
Ma non ci ha appena detto che voi siete chiamati a esprimere un giudizio tecnico? “Certo”.
Ma allora il vostro voto qui in giunta, senatore Urraro, potrebbe essere diverso da quello degli iscritti al M5s su Rousseau? “No, perché noi avevamo già tracciato il solco su cui si è posta la decisione dei nostri attivisti. E noi, dunque, ci atteniamo”.
Ma così non vi spogliate delle vostre prerogative di componenti di un organo, come dice lei, paragiurisdizionale? “No. Siamo qui per ascoltare la proposta formulata dal presidente Gasparri, rispetto a cui avevamo sollevato qualche perplessità. Poi valuteremo”.
Ma lo farete in piena libertà di coscienza? “Ovvio che sì”.
Ma quindi qualcuno di voi potrebbe anche votare in difformità rispetto alla sentenza di Rousseau? “No, perché la scelta degli attivisti si pone in linea con la convinzione che noi avevamo maturato”.
E qui insomma la conversazione s’accartoccia: le ambiguità tutt’altro che sciolte, le contraddizioni perfino ingigantite, si ritorna al punto di partenza come in una sorta di snervante gioco dell’oca. Urraro entra nell’aula della giunta. Poco dopo, nel cortile del palazzo della Sapienza compare Laura Bottici, grillina della prima ora, vicina da sempre a Beppe Grillo. Non fa parte della giunta, lei, ma è arrivata “nel ruolo di questore”, dice, per controllare che la gazzarra del Pd non trascenda. “Quella su Rousseau? Una straordinaria prova di democrazia. Dovremmo rallegrarci tutti, a prescindere dall’esito del voto”. C’è chi abbozza un’obiezione, chiedendo anche a lei se non sia stato inopportuno, interpellare gli attivisti su una questione così tecnica, rispetto alla quale per settimane tutti i senatori del M5s dicevano, apodittici, “decideremo leggendo le carte”. E qui la Bottici reagisce: “Ma guardate che li abbiamo accompagnati, in questo voto”. Poi, appena si accorge che l’accompagnare, in questo caso, è pericolosamente simile al condizionare, e non starebbe bene, aggiunge: “E comunque smettiamola di considerare sempre gli attivisti come degli sprovveduti. Si saranno sicuramente informati in modo adeguato, leggendosi i documenti messi a loro disposizione”.
Poi ecco che la canea deflagra, i funzionari del Senato si sbracciano per permettere ai membri della giunta di uscire dall’aula, e la Bottici viene richiamata ai suoi doveri. Non visti dai manifestanti del Pd, da una porta secondaria sbucano tre componenti grillini, che aggirano indisturbati il blocco improvvisato. Agnese Gallicchio e Alessandra Riccardi filano via. Mattia Crucioli si ferma. “Gasparri – dice – ha accolto le nostre riserve, per questo abbiamo votato compatti a favore del dispositivo. Rousseau? E’ uno strumento potentissimo di democrazia diretta, ma va utilizzato nel modo corretto. Se c’è un passaggio tecnico, è meglio non ricorrervi. In questo caso, di Rousseau si è fatto un uso improprio”.