Ora in Europa nessuno vuole più parlare di migranti (nemmeno l'Italia)
Al Consiglio europeo di marzo l’argomento scompare dall’agenda mentre il governo gialloverde frena sulla riforma di Dublino. Per i dissidenti M5s “è una vergogna”. Sea Watch intanto riprende il mare
Nonostante la politica muscolare del governo italiano per ottenere più solidarietà dagli stati membri dell’Ue nella gestione dei migranti, il prossimo 21 e 22 marzo, nella riunione del Consiglio europeo, i capi di stato e di governo dei 28 paesi dell'Unione non discuteranno di immigrazione. È la prima volta che accade negli ultimi cinque anni.
Nella bozza dell’agenda dei lavori compaiono diversi argomenti – crescita economica, lavoro, cambiamenti climatici, relazioni esterne – ma non il tema migranti. Insomma, mentre il governo italiano continua a parlare della necessità di ottenere maggiore solidarietà dall’Ue, la questione dell’accoglienza, oltre a quella della sorveglianza dei confini esterni, allo stato attutale non è più considerata prioritaria dagli stati membri. Si tratta evidentemente di un risvolto che smentisce la narrazione fatta da Lega e M5s secondo la quale il governo italiano finora ha ottenuto in Europa importanti successi diplomatici (dal Consiglio europeo del giugno 2018 fino alla redistribuzione dei migranti sbarcati dalla Sea Watch 3).
Lo stesso ministro dell’Interno Matteo Salvini ha recentemente affermato, nella sua difesa sul caso Diciotti, che il “ritardo” nello sbarco dei naufraghi era motivato dalla ricerca di una maggiore cooperazione a livello europeo. Il presidente dell’Ue, il polacco Donald Tusk, sentirà nei prossimi giorni i leader europei e non è da escludere che l’immigrazione torni a essere inserita nell’agenda. “Ma è molto difficile allo stato attuale – spiega una fonte diplomatica al Foglio – forse se ne riparlerà al Consiglio europeo successivo (una riunione informale è prevista a maggio, ndr), in occasione della fine della presidenza rumena”.
La riforma del sistema di Dublino, che dovrebbe creare un meccanismo automatico e obbligatorio di ripartizione dei migranti, resta in sospeso ormai da due anni. “Non sono stati fatti passi avanti nemmeno a livello di gruppi di lavoro. Sarebbe strano se il tema fosse affrontato ora a livello di capi di governo – continua il diplomatico – Anche se si decidesse di inserire l’immigrazione in agenda per l’incontro di marzo, si tratterebbe solo di un confronto per fare il punto sulla situazione”.
In questo momento sembra che i primi a non avere alcuna fretta di parlare di migranti siano proprio i paesi del Mediterraneo. “La Spagna è diventata negli ultimi mesi la principale destinazione delle rotte migratorie”, spiega al Foglio Matteo Villa, ricercatore dell’Ispi. “Ora è nel pieno di una crisi istituzionale e Pedro Sánchez, in teoria favorevole a una maggiore accoglienza, dovrà sfidare l’estrema destra di Vox. Difficile che l’ex premier socialista decida di prendere proprio ora, in vista delle elezioni politiche del 28 aprile, un qualunque impegno a livello europeo rischiando di perdere voti”. Lo stesso discorso vale per la Grecia, dove le elezioni sono previste a ottobre.
Anche in Italia il governo gialloverde non ha alcuna intenzione di accelerare per ottenere una soluzione comunitaria sui migranti prima delle europee di maggio. Se ne sono accorti in particolare i dissidenti del M5s, che criticano gli scarsi risultati diplomatici ottenuti finora col pugno di ferro di Salvini, sia nei confronti dell’Ue, sia delle ong. “L’assenza di un dibattito europeo sull’immigrazione è un fatto molto grave che conferma come in realtà questo esecutivo non abbia alcuna intenzione di risolvere il problema”, dice al Foglio la senatrice Elena Fattori, a rischio espulsione dal Movimento per avere criticato il voto a favore di Salvini sul caso Diciotti. “Mentre il Parlamento è sempre più esautorato dai suoi poteri, molto più che nella legislatura precedente, siamo come anestetizzati da un presunto contratto di governo e assistiamo alla deriva di questo governo, che ora è diventato un modello per i partiti della destra identitaria nel resto d’Europa, quella che incarna il ‘volto buono’ del fascismo. Il M5s ha tradito la sua base”.
Secondo Gregorio De Falco, già epurato dal M5s, l’assenza del dibattito sui migranti dall’agenda del prossimo Consiglio “è un fatto vergognoso”. “Ricorrere alla coazione o alle minacce per risolvere i problemi non è un metodo efficace”, dice. Anche la senatrice Paola Nugnes rischia l’allontanamento dal Movimento 5 stelle per avere ribadito la sua volontà di votare in favore del procedimento giudiziario nei confronti di Salvini: “Il M5s si è messo sullo stesso tracciato della Lega, che è un partito identitario, a differenza invece della natura del vero Movimento, che è qualcosa di più ampio”. Nugnes critica in particolare la guerra lanciata dal governo alle ong: “Già nell’aprile del 2017, quando non aveva ancora ricevuto alcun mandato elettorale, Di Maio aveva attaccato le organizzazioni umanitarie. Una mossa che a distanza di anni non ha portato ad alcun risultato utile”. Proprio ieri, venerdì 22 febbraio, la nave umanitaria Sea Watch 3 ha lasciato il porto di Catania dopo 21 giorni di blocco imposto dalle autorità olandesi che avevano riscontrato delle irregolarità. La nave aveva promesso ritorsioni legali nei confronti dell’Olanda in caso di un ulteriore fermo. Ma a pochi minuti dalla scadenza del termine, è arrivato il nulla osta alla partenza.
Equilibri istituzionali