L'orrore del salvinismo spiegato con il governo dei valori negoziabili
Una Lega a cinque stelle. Il sogno di tasse più basse, l’attenzione al nord, l’urgenza delle infrastrutture, il sostegno alle imprese e il futuro del paese: tutto sacrificato per non sacrificare l’alleanza con Di Maio
C’era un tempo in cui i governi potevano essere misurati per i loro valori non negoziabili, è arrivato il tempo in cui i governi meritano di essere misurati per i loro valori negoziabili. La storia del governo del cambiamento è una storia composta da tessere di un mosaico spesso difficile da tenere insieme ma al centro della combinazione tra il populismo in versione grillina e il populismo in versione salviniana c’è un aspetto interessante che costituisce il tratto centrale della chimica sovranista: ciò che si è disposti a perdere. Diversi commentatori, Massimo Cacciari è uno di questi ma non è il solo, tendono a rimproverare in modo severo, duro e altezzoso tutti coloro che si azzardano a far notare che la particolarità di Salvini e Di Maio non è tanto che ci siano alcuni elementi politici che li dividono, quanto che ci siano un numero impressionante di elementi politici che li uniscono in modo indissolubile. E’ così quando si parla di lavoro (il Jobs Act in campagna elettorale lo volevano eliminare entrambi), è così quando si parla di pensioni (la legge Fornero in campagna elettorale la volevano ridimensionare entrambi), è così quando si parla di immigrazione (le ong sono state trasformate in taxi del mare da Di Maio prima ancora che da Salvini), è così quando si parla di Europa (il referendum sull’euro lo hanno sognato a lungo sia Salvini sia Di Maio), è così quando si parla di reddito di cittadinanza (la proposta del reddito di cittadinanza, aveva solo un altro nome, era una proposta non solo del M5s ma anche del centrodestra).
Una delle ragioni per cui Salvini ha scelto di trasformare valori non negoziabili in valori negoziabili è legata al fatto che il Truce non ha alcuna intenzione né di andare alle elezioni con Berlusconi né di governarci insieme. E se l’economia lo permetterà, Salvini, pur di non tornare con il Cav., farà di tutto per portare a termine il suo progetto politico: la trasformazione della Lega nord in una Lega a cinque stelle
Quello che però risulta interessante all’interno del governo del cambiamento è un effetto che deriva da una pratica messa in campo da mesi da Salvini e Di Maio: rinunciare spesso alla mediazione e accontentarsi dello scambio. Rinunciare alla mediazione e accontentarsi dello scambio significa accettare il principio che di fronte a leggi non gradite non sia necessario trovare un punto di incontro ma sia sufficiente accontentarsi della logica un po’ a me e un po’ a te: io faccio questa legge, anche se a te non piace, e tu domani farai quella legge, anche se a me non piace. Un po’ io e un po’ tu.
All’interno di questa meccanica è dunque utile ragionare su quali siano i valori considerati negoziabili da parte di quello che promette di essere non una meteora della politica, come Di Maio, di fronte al quale c’è forse un futuro glorioso da Alfano del grillismo, ma il leader forte dell’Italia dei prossimi mesi, ovvero Matteo Salvini. E l’elenco dei valori negoziabili di Salvini è utile da mettere a fuoco per capire cosa è disposto a perdere il leader leghista per non perdere potere e conquistare utili poltroncine. Nel giro di pochi mesi, Salvini ha trasformato in un valore negoziabile il sogno di avere tasse più basse, la legge sull’autonomia, l’attenzione al nord, l’urgenza delle infrastrutture, gli investimenti sulla ricerca, il sostegno alle imprese per generare lavoro, la difesa del garantismo, la lotta contro la giustizia lumaca, la difesa della democrazia rappresentativa, la tutela della libertà di stampa, la lotta contro le tirannie e le democrazie illiberali, la guerra contro l’ambientalismo cialtrone, la vicinanza sulle partite diplomatiche più all’asse atlantico, vedi il caso Venezuela, che all’asse formato dalla Russia, dalla Cina e dall’Iran. Ci si potrebbe chiedere come mai Salvini sia riuscito, al netto della Sardegna, a guadagnare così tanti consensi nonostante la trasformazione in valori negoziabili di princìpi in teoria non negoziabili per un partito nato nelle aree più produttive del paese. Ma il nostro ragionamento in realtà mira a qualcosa di più ambizioso. Mira a spiegare il modo in cui Salvini ha scelto di sacrificare il futuro dell’Italia per non sacrificare l’alleanza con Di Maio. Mira a spiegare perché aveva ragione il presidente degli imprenditori del Veneto qualche mese fa quando accusava Salvini di “essersi venduto ai Cinque stelle solo per due immigrati in meno”. Mira a spiegare che chi si augura che dopo le europee Salvini possa cambiare, possa fare come Zelig, possa diventare il nostro Tsipras, non ha capito purtroppo che la natura di Salvini è molto diversa rispetto a quella che sognano i finti liberali in cerca di autore.
Salvini potrà arrivare anche al 40 per cento ma forza del governo è che ciò che lo unisce al grillismo è infinitamente maggiore rispetto a ciò che lo unisce alla vecchia Lega. E di fronte a un leader disposto a barattare il futuro del paese per qualche punto in più nei sondaggi non ci si può rifugiare nella speranza che un giorno la realtà lo normalizzi: è necessario combattere quel leader con tutte le forze possibili e occuparsi dell’unico grande tema che fa di Salvini un uomo solo al comando: l’assenza di alternative. E se qualcuno dopo il voto in Sardegna si chiede perché Salvini stia ancora lì a perdere tempo con un governo che sta portando l’Italia allo sfascio, la risposta è che in questa legislatura sta emergendo una certezza che in tanti non vogliono vedere. L’agenzia di rating Fitch ha forse ragione a dire che nel corso del 2019 “le grandi differenze ideologiche tra il Movimento 5 stelle e la Lega metteranno probabilmente a dura prova la coalizione” e che è possibile che “la Lega sia intenzionata a innescare una nuova elezione e tornare all’accordo precedente con Forza Italia e Fratelli d’Italia”. Ma la verità è che una delle ragioni per cui Salvini ha scelto di trasformare valori non negoziabili in valori negoziabili è legata al fatto che il Truce non ha alcuna intenzione né di andare alle elezioni con Berlusconi né di governarci insieme. E se l’economia lo permetterà, Salvini, pur di non tornare con il Cav., farà di tutto per portare a termine il suo progetto politico: la trasformazione della Lega nord in una Lega a cinque stelle. Forse, per i liberali in cerca d’autore, è il momento di svegliarsi e di capire una volta per tutte che i valori non negoziabili dell’Italia non potranno mai essere difesi da un politico che ha scelto di ispirarsi al peggio delle democrazie illiberali presenti in giro per l’Europa. E’ così facile, no?
Equilibri istituzionali