Chi è Misiani, l'uomo dei conti e della Nemesi del nuovo Pd
Già tesoriere con Bersani, di provenienza “ex Pds-Ds”, è colui che molti vedono come Mr. Wolf di Zingaretti per la “mobilia”
Roma. E, come in tutte le storie, a un certo punto, anche in questa storia, si affaccia il problema della “mobilia”: i soldi, i conti (per non dire dei conti in rosso). E insomma Nicola Zingaretti è il nuovo segretario del Pd, eletto con grande maggioranza, ma nel giorno della soddisfazione qualcosa sottotraccia preoccupa: la mobilia, appunto, sotto forma di dipendenti in cassa integrazione e sedi locali a stecchetto. E, dopo le ore del buonumore date dalla grande partecipazione alle primarie, spunta dunque l’interrogativo: chi, dopo Francesco Bonifazi, tesoriere renziano, si occuperà, nelle vesti di Mr.Wolf-risolvo-problemi, di far quadrare il bilancio? Ed ecco che, per uno strano gioco del destino (ma c’è chi dice: “Nemesi” o “contrappasso”), il fardello “conti”, nelle ore successive alla proclamazione del nuovo segretario, sembrava piombare ufficiosamente sulle spalle di Antonio Misiani, senatore pd che tesoriere già lo fu in epoca bersaniana. E anche se Misiani ieri diceva che “nessuna decisione” era stata presa e che avrebbe continuato “a dormire tranquillo nelle prossime notti” e che “tutte le forze politiche” stavano vivendo una situazione di difficoltà “dopo l’abolizione del finanziamento pubblico”, la sola evocazione del suo nome scatenava dubbi: sarà un segnale? Un modo per tornare in tutto e per tutto all’epoca pre-Renzi, invogliando magari il ritorno degli eventuali figlioli prodighi? Nell’assenza di certezze, il tesoriere uscente Bonifazi si trincerava dietro a una sorta di fair play preventivo (“se il nuovo tesoriere sarà Misiani siamo in buone mani”; ma anche “il nuovo tesoriere del Pd è un uomo fortunato perché i conti sono in ordine, ma anche un uomo sfortunato perché fa il tesoriere”). Fatto sta che l’identikit di Misiani – parlamentare di lungo corso, carriera interna ancor più lunga, area di riferimento ex Pds-Ds – sembra fatto apposta per incarnare un nuovo corso che è anche un po’ vecchio corso. Misiani, infatti, è colui che negli anni di Pierluigi Bersani si è trovato a dover gestire, tra gli altri, i ricaschi della fusione Ds-Margherita (con momento critico quando l’allora senatore Luigi Lusi, tesoriere della Margherita, fu accusato di aver fatto svanire 13 milioni di euro del partito). E Misiani, a chi, trasecolando, gli chiedeva spiegazioni (tipo: “Come è potuto succedere senza che ve ne accorgeste?”), rispondeva che il Partito democratico e la Margherita erano “due soggetti politici completamente staccati, ognuno con un proprio bilancio e un proprio rappresentante legale”, che il Pd non aveva alcun titolo nel confronti della Margherita “per fare controlli” o “dare indirizzi”, e che i due partiti avevano mantenuto “autonomia finanziaria”.
Proveniente dal Nord sedotto dalla Lega, il bergamasco Misiani, che con Bersani aveva collaborato all’interno dell’associazione “Nens” (Nuova economia, nuova società), si è affermato nel partito, dopo la gavetta (Sinistra giovanile), come esperto di federalismo fiscale e temi legati al mondo del lavoro (nel 2017 ha scritto, con Stefano Imbruglia e Paola De Micheli, e prefazione di Romano Prodi, “Se chiudi ti compro. Le imprese rigenerate dai lavoratori”). Eletto segretario provinciale nel 2004, arriva in Parlamento nel 2006, l’anno precedente alla nascita del Pd, partito di cui ha visto ascesa (2007-2008) e débâcle, nel 2018, quando così commentava il voto del 4 marzo: “Che Renzi, il primo responsabile della disfatta…cerchi di dettare la linea al Pd con un one man show televisivo non è solo surreale: è inaccettabile. Per il metodo, perché delegittima il segretario reggente e toglie significato al confronto in direzione nazionale. Nel merito, perché – senza un briciolo di autocritica per gli errori di questi anni – propone una linea velleitaria…”. Il congresso 2017, non per niente, l’aveva visto parteggiare per Andrea Orlando. Il resto è storia d’oggi, con Misiani attivo su Twitter contro Matteo Salvini e contro gli scettici della Tav. Sarà tesoriere? Chissà (intanto però i conti gli stanno in qualche modo tornando).
Equilibri istituzionali