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Le altre Tav. Non basta sbloccare la Torino-Lione per sbloccare l'Italia

Renzo Rosati

Storia delle 30 opere da 36 miliardi di euro tenute in ostaggio dalla retorica del No. Appunti per Salvini e Conte

Roma. Secondo l’ultimo sondaggio Ipsos gli italiani sulla Tav hanno le idee chiare, molto più del premier Giuseppe Conte che ha assunto la mediazione tra 5 stelle e Lega, caricandola di “ulteriori approfondimenti” e melodrammatico summit notturno, alla faccia del cambiamento. Per il 64 per cento degli intervistati, dunque, la Tav va completata senza indugi, mentre solo il 20 per cento vorrebbe cancellarla. Da un altro sondaggio di Quorum/Youtrend risulta che in un referendum il Sì alla Tav vincerebbe con il 65,5 per cento.

 

Dunque se Matteo Salvini la spunta sulla Torino-Lione (la Commissione europea, secondo indiscrezioni, sarebbe pronta a inviare una lettera all’Italia per ricordare che l’eventuale no alla Tav comporterà la violazione di due regolamenti Ue del 2013 e la perdita di circa 800 milioni di euro) è un bene, ma non una vittoria personale in un paese con tutte le infrastrutture bloccate e una crescita che le ultime stime Ocse per il 2019 vedono negativa dello 0,2 per cento, unico paese in recessione insieme ad Argentina e Turchia. La realtà è che il leader della Lega si è dichiarato “pronto allo scontro” dopo avere a lungo traccheggiato per rinviare la questione a dopo le europee, spinto da una serie di fattori politici (compresa la visita a Torino del neoeletto segretario del Pd Nicola Zingaretti) ed economici (la rabbia delle aziende, che coincide con i sondaggi di opinione, e che si riflette sui governatori leghisti di Lombardia e Veneto). Salvini però non potrà né ergersi a garante delle infrastrutture già finanziate che giacciono ferme in ogni parte d’Italia. Chiamiamole: le altre Tav. Quante sono, dove sono, quanto valgono?

 

Secondo un censimento dell’Ance, l’associazione delle aziende di costruzione, il blocco riguarda almeno 30 opere che superano i 100 milioni di euro, per un valore complessivo di 36 miliardi. Di queste, 17 per oltre 24 miliardi sono al nord, 5 per 8,2 miliardi al centro, 8 per 3,5 miliardi al sud. E visto che ieri Luigi Di Maio ha ripetuto alla Camera che “non c’è solo la Tav ma tutte le infrastrutture sulle quali stiamo intervenendo”, ci permettiamo di sottoporgli l’elenco di quelle sulle quali né lui né Salvini stanno facendo alcunché:  Gronda di Genova (5 miliardi); terza corsia A11 Firenze-Pistoia (3); tangenziali Verona-Vicenza-Padova (2,2); alta velocità Brescia-Verona (1,9); autostrada Tirrenica (1,8); lotto tre statale Jonica (1,33); autostrada Cispadana (1,3);  autostrada Cremona-Mantova (1,02); superstrada Valsugana (0,76); terza corsia A22 Verona-Modena (0,75); strada statale 117 siciliana (0,75); nodo ferroviario Genova (0,62); raccordo autostradale Ferrara-Porto Garibaldi (0,6); collegamento Campogalliano-Sassuolo (0,5); collegamento porto di Ancona (0,48); autostrada Roma-Latina (2,8); strada statale Lioni-Grottaminarda (0,43); A33 Asti-Cuneo (0,35); strada statale pugliese Maglie-Leuca (0,3); primo lotto A4-Val Trompia (0,26); strada statale Aurelia in Liguria (0,25); ferrovia Napoli-Bari tratta Telese-San Lorenzo (0,25); progetto terzo ponte Lombardia (0,22); progetto del Sarno (0,22); collegamento stradale Murgia-Pollino (0,18); tunnel Col di Tenda (0,18); nuovo ospedale La Spezia (0,131); tangenziale di Lucca (0,12); completamento ospedale Morelli di Reggio Calabria (0,11). Più, ovviamente, la Tav. Al di là dei finanziamenti stanziati ma tenuti fermi dal governo, lo sblocco di queste opere, secondo la Confindustria, genererebbe 380 mila posti di lavoro e 86 miliardi di pil.

 

Al contrario l’Italia, che attualmente è il terzo paese destinatario di fondi europei per le infrastrutture, potrebbe nel prossimo budget perderne una fetta cospicua: anche a Bruxelles fanno l’analisi costi-benefici. Se la linea del no dei grillini è nota (a eccezione del raccordo anulare per le biciclette by Virginia Raggi), Salvini, ancora a novembre 2018, prometteva all’assemblea dell’associazione per la logistica e intermodalità: “Faremo nuove infrastrutture, più infrastrutture, l’Italia deve guardare all’Europa”. Peccato che il governo del quale si considera l’uomo forte dopo avere annunciato lo scorso agosto un piano di infrastrutture da 82 miliardi, l’avesse a ottobre già ridotto a 38 e ora navighi nella nebbia. La Tav è indispensabile, ovvio. Ma non basta a lavarsi la coscienza, tanto meno con il lifting.

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