Matteo Salvini alla Scuola di formazione politica della Lega (Foto LaPresse)

Salvini sceglie un antieuro come ambasciatore della Lega in Europa

Valerio Valentini

Marco Zanni, antieuropeista convinto e nemico giurato di Mario Draghi, dovrà gestire le alleanze del Carroccio a Bruxelles. Esulta Claudio Borghi 

Roma. Gli è stato sufficiente sostituire con la giacca le felpe improbabili e i giubbotti della polizia, non ha dovuto fare altro se non evitare per qualche settimana di dare dell’ubriacone a Jean-Claude Juncker. Gli è insomma bastato poco, a Matteo Salvini, per guadagnarsi la rinnovata stima di commentatori ed editorialisti, pronti ad applaudire alla svolta moderata, istituzionale, del ministro dell’Interno.

 

E invece ieri, quando si è trattato di scegliere il nuovo responsabile Esteri del suo partito, il capo della Lega ha benedetto la scelta del consiglio federale riunito a Via Bellerio, che ha decretato la nomina di Marco Zanni. E così, alla vigilia del voto continentale del 26 maggio, Salvini ha pensato bene di promuovere, come suo ambasciatore in Europa e nel mondo, un antieuropeista convinto, un parlamentare europeo esponente di quella frangia radicale del leghismo sovranista che fa della lotta alla moneta unica “la madre di tutte le battaglie”. E infatti, non a caso, il primo a esultare per questa scelta è stato Claudio Borghi: “La persona migliore possibile”, ha twittato il presidente della commissione Bilancio della Camera. “Gestirà tutta la fondamentale partita delle alleanze per il prossimo Parlamento europeo”, ha aggiunto.

 

   

E del resto era stato proprio Borghi a esaltare l’approdo di Zanni nello stesso gruppo europeo della Lega, nel gennaio del 2017. “Chi vuole davvero combattere l’euro e ha la schiena dritta fa scelte coerenti”, gioiva il responsabile economico di Salvini, commentando la scelta operata da Zanni, bergamasco classe 1986, di abbandonare il M5s dopo i contatti tra il partito di Grillo e l’Alde. “Beppe è un traditore”, commentò. “Solo Salvini si batte contro l’euro. Con la Lega condivido in pieno la battaglia contro la moneta unica”.

   

Il nuovo responsabile Esteri della Lega, l'eurodeputato Marco Zanni (Foto via Facebook)


  

E in effetti, avvicinandosi sempre più agli europarlamentari salviniani, fino ad aderire alla Lega nel maggio del 2018, Zanni ha potuto in questi anni continuare a condurre la sua crociata contro le istituzioni comunitarie. È sua la paternità della dizione “euroinomani”, adottata con giubilo da Borghi e Alberto Bagnai, per definire tutti i sostenitori della moneta unica. Ed è stato lui, nel corso degli anni, a presentarsi quale imperterrito fustigatore a tempo perso di Mario Draghi, tempestando di domande scomposte e poco informate il presidente della Bce e costringendolo a riaffermare, a più riprese di fronte alle intemerate dell’infaticabile Zanni, che “l’euro è irreversibile”.

 

Allo stesso Draghi, per cui Giancarlo Giorgetti spende in questi giorni parole di apprezzamento, Zanni riserva epiteti poco lusinghieri, chiamandolo, con scherno, “il buon draghetto”, e accusandolo, davanti a tutto il Parlamento europeo, di avere condotto un “mandato fallimentare” come presidente della Bce. L’euro, del resto, per il nuovo referente della Lega a Bruxelles, è “un progetto criminale che ha definitivamente affossato i popoli europei” (maggio 2017). Non solo: è “un progetto sicuramente voluto dalle multinazionali statunitensi” (marzo 2018). All’indomani delle ultime elezioni politiche, affermò che “l’Ue è un progetto anacronistico e come tale è destinato a fallire e a smembrarsi”. Sentenziando: “Questo progetto, che provoca disastri, va smantellato”. E’ uno che ci vede lungo, del resto Zanni è uno che, quando scoprì la composizione del nuovo governo Philippe in Francia, nel maggio del 2017, non esitò ad additare l’ombra del complotto ordito da quella perfida di Angela Merkel: “I nuovi ministri della Difesa e dell’Economia della Francia hanno un livello di tedesco fluentissimo... A pensar male”.

 

E’ insomma l’uomo giusto, Zanni, per i sovranisti antieuro. I quali, però, ieri hanno dovuto anche apprendere di una brutta notizia, ovvero la figuraccia rimediata alla Camera da un altro alfiere della guerra alla moneta unica: Luciano Barra Caracciolo. Il magistrato romano, scelto come sottosegretario agli Affari europei in quota Lega, era stato delegato dal governo a seguire il dossier sulla legge europea del 2018. Dai banchi dell’esecutivo, però, ha esternato il suo disorientamento in seguito alle dimissioni di Paolo Savona, titolare di quel ministero fino a che, nelle scorse ore, non è stata formalizzata la sua nomina a presidente di Consob. “Da Palazzo Chigi mi hanno comunicato che mi considerano senza deleghe e di fatto anche senza incarico a seguito delle dimissioni di Savona”, ha detto imbarazzato in Aula. “Per cui ho chiesto di accertare questo aspetto preliminare, perché in tal caso non potrei essere il rappresentante del governo, meno che mai agli Affari europei”. Uno spaesamento che è emblematico dello stato confusionale in cui annaspa la Lega, e con lei l’intero governo, sulle questioni che riguardano i rapporti con Bruxelles.

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