No, quello con Pechino non è un accordo come gli altri
Tre ragioni per cui l'accordo tra Cina e Italia non è solo un patto economico ma è una scelta strategica che indica la sottomissione a un nuovo mondo
Il direttore del Foglio Claudio Cerasa a Porta a Porta spiega le tre ragioni per cui l'accordo tra Cina e Italia non è solo un patto economico ma è una scelta strategica che indica la sottomissione a un nuovo mondo: “Nel rapporto con Pechino c'è un problema culturale e uno economico”, dice Cerasa. “Quello culturale è che la Cina è un elefante e l'Italia un topolino. Se vogliamo dialogare alla pari non dobbiamo farlo come singolo paese ma a livello europeo.Nelle ultime settimane sono successe diverse cose: la possibile firma di questo memorandum con Pechino. Non saremmo il primo paese europeo a firmarlo – Ungheria e Grecia l'hanno già fatto – ma saremmo il primo paese del G7 a farlo. Romperemmo quindi l'unità dei grandi paesi europei. Nessuno nega che gli affari con la Cina vadano fatti, ma il punto riguarda le infrastrutture strategiche: come comportarsi? Due giorni fa il Parlamento europeo ha votato un risoluzione per chiedere di rafforzare i controlli preventivi sugli investimenti strategici della Cina. La Lega ha ordinato di astenersi, il M5s ha chiesto ai suoi di votare volevano. Pochi giorni prima, in un consiglio europeo, l'Italia è stato l'unico paese a esprimersi contro l'idea di rafforzare i controlli preventivi sugli investimenti strategici. Una scelta di campo che avrà delle ricadute anche a livello internazionale. Ma una scelta basata sul nulla. Perché l'Italia con la Cina ha un problema legato non all'attrazione di investimenti ma al deficit commerciale di meno 12 miliardi rispetto alla Cina. I soldi che l'Italia porta in Cina superano cioè quelli che la Cina investe qui da noi di 12 miliardi”.