“Io amo l'Italia”, la spericolata difesa di Salvini sul caso Diciotti
Il Senato vota no all'autorizzazione a procedere: “Non lascerò morire, senza muovere un dito, una sola persona del mar Mediterraneo”, dice il ministro in Aula
L'aula del Senato ha votato contro l'autorizzazione a procedere contro il ministro dell'Interno Matteo Salvini a proposito del caso Diciotti. La procedura di voto resterà aperta fino alle ore 19 e il risultato verrà ufficialmente proclamato solo in quel momento, ma da quanto filtra da ambienti parlamentari e dalla schermata relativa al voto elettronico, è evidente che i no all'autorizzazione a procedere hanno già ampiamente superato il quorum richiesto.
[Pubblichiamo l'intervento di Matteo Salvini in aula al senato durante la discussione sulla Relazione della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari sulla domanda di autorizzazione a procedere nei suoi confronti. Il ministro dell'Interno ha preso la parola dal suo scranno da senatore e non dai banchi del governo]
Signor Presidente, onorevoli colleghi, non avrei mai pensato di intervenire per sequestro di persona ma lo faccio assolutamente tranquillo e sereno. Amo il mio Paese e da nove mesi dedico ogni mia energia a difendere la sovranità, la sicurezza, i confini e la serenità degli italiani, quindi ritengo un mio privilegio raccontarvi cosa è successo. Con l'intervento in quest'Aula intendo sottoporvi alcuni elementi di valutazione che reputo essenziali per chiarire ogni aspetto della vicenda Diciotti, visto che ho ascoltato parecchie inesattezze.
La procura della Repubblica di Catania, in conformità con quanto disposto dal tribunale dei ministri, ha chiesto l'autorizzazione a procedere nei miei confronti, trasmettendo gli atti relativi. Sottolineo innanzitutto che non sono stato io a sollecitare la trasmissione degli atti. Qualcuno forse non ha capito che per andare a processo dovrei mentire a questo Senato e agli italiani e dovrei dire che non ho fatto l'interesse pubblico del mio Paese e a me dire le bugie viene poco e viene male, soprattutto in un'Aula come questa. È un mio limite, perdonatemelo.
Venuto a conoscenza dell'esistenza di indagini, ho atteso le valutazioni del tribunale, restando a disposizione dell'Autorità giudiziaria, astenendomi dal depositare atti e memorie volti a ottenere il riconoscimento della natura ministeriale del reato che mi si contesta. Cinque diversi uffici giudiziari – cinque – hanno autonomamente ravvisato la natura ministeriale delle condotte attribuitemi e di tale circostanza non posso che prendere atto, evidentemente. Spetta ora al Senato valutare se il Ministro dell'interno abbia agito per la tutela di un interesse costituzionalmente rilevante dello Stato e per il perseguimento di un preminente interesse pubblico. La legge attribuisce, per fortuna, questa valutazione a voi.
Mi limiterò, da parte mia, a ricostruire in modo corretto ed esaustivo quanto avvenuto perché è essenziale chiarire che la vicenda Diciotti non inizia con l'attracco della nave al porto di Catania, ma molto prima. Dalla ricostruzione dei fatti delle Forze dell'ordine, emerge che si è in presenza di un'iniziativa del Governo italiano coerente con la politica relativa ai flussi migratori.
Perdonatemi, io di solito non mi emoziono quando parlo, ma c'è di mezzo un reato.
Di solito, poi, vado a braccio, mentre stavolta me lo sono messo per iscritto perché quando si mette in dubbio che col mio lavoro io abbia fatto privatamente, abusando della mia carica, qualcosa che ho fatto, faccio e farò per difendere la sicurezza dei miei e dei vostri figli, perdonatemi un po' di emozione.
Andiamo avanti. I numeri. I numeri dicono che, così facendo, abbiamo salvato migliaia di vite. 2015: immigrati sbarcati 153.000; vittime recuperate in mare 296. 2016: immigrati sbarcati in mare 181.000; vittime recuperate in mare 390. 2017: immigrati sbarcati 119.000; vittime recuperate in mare 210. 2018: immigrati sbarcati 23.370; vittime recuperate in mare 23. 2019, a ieri: immigrati sbarcati 348; vittime recuperati in mare una. Meno partenze, meno sbarchi, meno morti.
Meno partenze, meno sbarchi, meno morti. Questi sono i dati. Più che dei porti aperti, qualcuno era sostenitore dei cimiteri aperti. E non è la mia fattispecie. Meno partenze, meno sbarchi, meno morti.
Come anticipavo, è essenziale la genesi della vicenda. Il centro coordinamento soccorso marittimo della Capitaneria di porto italiana veniva informato, il 14 agosto scorso, dell'avvistamento in acque libiche di un natante con numerose persone a bordo che faceva rotta verso Malta: verso Malta. Il 15 agosto il natante si trovava nella zona di competenza del centro coordinamento soccorsi di Malta, che assumeva il coordinamento dell'evento. Alle 10,35, Malta comunicava all'Italia che, al momento, si stava limitando a monitorare lo stato del natante. Successivamente, due imbarcazioni maltesi inducevano il natante a deviare la rotta in direzione Italia. Tali circostanze oggettive sono confermate, in atto, dalle dichiarazioni rilasciate, peraltro, anche da uno dei presenti sul barcone, che dichiara: i maltesi hanno espressamente detto che non ci avrebbero mai condotto a Malta. Ci hanno seguito e ci hanno abbandonato in direzione Italia, facendoci cambiare rotta.
Ditemi voi se è un comportamento degno di un Paese membro Dell'unione europea, che poi fa le lezioni a qualcun altro. Di Europa, però, riparleremo il 26 maggio.
Sul punto, può essere chiarificatrice la testuale ricostruzione dei fatti del tribunale dei Ministri di Palermo. Il dirottamento (si parla addirittura di dirottamento) imposto dai maltesi, all'evidente fine di spingere il barcone in acque italiane, ha comportato un considerevole allungamento della traversata in quanto, invece di cinquanta miglia, ne hanno dovute percorrere cento. Se si pensa a un riferimento alla nave Mare Jonio, che ha fatto esattamente la stessa cosa tra Libia e Italia, mettendo a rischio la vita delle persone che pensano di aver salvato, la fattispecie è esattamente simile.
Qui c'è tutta la ricostruzione che, giustamente, deve essere agli atti, con orari, capitanerie di porto, Guardia di finanza, e che lascio agli atti, per ricostruire come la nave Diciotti il 18 e 19 agosto arrivasse a Lampedusa. Perché noi soccorriamo tutti. Perché io non sarò mai il Ministro, l'uomo o il membro del Governo che lascia morire senza muovere un dito una sola persona del mar Mediterraneo. Mai una sola persona!
Questo sia chiaro a tutti!
Abbiamo salvato. Abbiamo soccorso. Abbiamo curato. Abbiamo nutrito. Abbiamo aperto un contenzioso. Acque di un altro Paese sovrano; impegni presi in sede di Consiglio europeo. Partono allora telefonate, partono verbali scritti, partono note scritte della rappresentanza italiana, della Presidenza del Consiglio dei ministri, del Ministero degli esteri, del Ministero dell'interno. Tanto che, alla fine della vicenda, eravamo riusciti a coinvolgere, proprio il giorno in cui mi arrivò la notizia del processo, l'Irlanda, l'Albania la Conferenza episcopale italiana e altri Paesi europei.
È chiaro ed evidente, infatti, ed è agli atti, che quei quattro giorni di permanenza in un porto italiano in attesa di sbarco, avendo fatto scendere tutti quelli che dovevano scendere, sono serviti, nell'interesse pubblico italiano e rispettando i dettami della Costituzione, che parla di una sovranità del nostro Paese in caso di inadempienze da parte degli altri, a svegliare qualcuno che, evidentemente, stava dormendo. Quindi, quei quattro giorni sono stati risolutivi, ma non abbastanza per qualcuno, evidentemente.
Aderendo a una richiesta del 19 agosto (e c'è una nota verbale, perché non sono parole, ma è tutto per iscritto), il Direttore generale affari interni della Commissione europea ha convocato, per il 21 agosto successivo, una riunione, tenutasi tre giorni dopo, il 24 agosto. In quelle ore si è risolto il problema, senza esporre a nessun rischio gli ospiti della nave Diciotti. Volevamo coinvolgere la comunità internazionale che, fino a un mese prima, non muoveva un dito. Ci siamo riusciti e i numeri che vi ho portato prima a testimonianza mi sembra siano evidenti. Addirittura, la Capitaneria di porto, per iscritto, aveva parlato di una guerra con Malta.
Quindi, più interesse pubblico nazionale, più rispetto dei diritti previsti dalla Costituzione italiana in questa fattispecie non si potevano esercitare, dal mio punto di vista.
Ribadisco il fatto che la Diciotti ha attraccato a Catania; questo fatto non può sovvertire il principio giuridico della responsabilità e degli oneri di primaria di accoglienza in capo ad altri, come abbiamo sempre fatto noi. Solo all'esito della riunione, alla fine convocata, la Capitaneria di porto ha avanzato formale richiesta di porto sicuro, sollecitamente rilasciato, e, nella notte tra il 25 e il 26, i migranti sono stati sbarcati per poi essere trasferiti via terra all'hotspot di Messina.
Nelle more della conclusione della trattativa, lo Stato italiano ha inoltre avviato contatti ad ampio raggio per coinvolgere altri Paesi nella redistribuzione degli immigrati, come previsto non sono nel contatto di Governo, ma nel programma di Governo e nel buon senso che è insito in ciascuno di noi. L'intera ricostruzione è del tutto in linea con le osservazioni del procuratore della repubblica di Catania, che tengo a ringraziare perché proprio oggi, mentre noi siamo qua a discutere, grazie all'azione congiunta di Forze dell'ordine e magistratura, sono stati compiuti 14 arresti per traffico di droga e di armi in un clan mafioso. I Ministri passano, le Forze dell'ordine e la magistratura sane in Italia fortunatamente restano. E quindi le ringrazio perché fanno il loro lavoro. Lo stesso procuratore della Repubblica di Catania sottolineò come nella vicenda che mi riguardava sia stato esercitato un potere nell'interesse pubblico nazionale, come tale insindacabile da parte di un giudice penale. Questo è agli atti.
Va poi osservato che gestione, monitoraggio, controlli dei flussi migratori appaiono ovviamente strettamente connessi all'interesse nazionale, sussistendo anche chiari profili attinenti all'ordine e alla sicurezza pubblica, nonché alla sicurezza della Repubblica, come del resto sottolineato dal direttore generale del Dipartimento informazioni per la sicurezza, che il 13 giugno 2018 sottolineò la centralità assoluta della minaccia jihadista nell'agenda di sicurezza di tutto il mondo. In questo contesto non deve neppure essere sottovalutata la possibilità che i flussi migratori possano rappresentare il veicolo per l'arrivo in Italia di soggetti infiltrati allo scopo di compiere azioni violente. Cito a titolo esemplificativo solo tre casi di specie che riguardano il cittadino bengalese Yasin Khan sbarcato in Italia nell'ottobre 2016 dalla Libia, successivamente collocato in una struttura di accoglienza del bresciano, poi indagato per apologia del terrorismo e sottoposto a custodia cautelare in carcere; sottolineo il caso del cittadino gambiano Landin Touray, sbarcato nel nostro Paese nel 2017, residente in una struttura di accoglienza per richiedenti asilo nei pressi di Napoli, che ha prestato giuramento di fedeltà al califfato, sospettato di appartenenza allo Stato islamico; da ultimo ricordo il caso del cittadino gambiano Sillah Osman, sbarcato dal Mediterraneo, richiedente protezione internazionale e arrestato per il reato di partecipazione all'organizzazione terroristica denominata Stato islamico.
È chiaro quindi che la questione dei flussi migratori e la gestione dei flussi migratori, in particolar modo quelli provenienti dalla Libia e dalla Tunisia, rivestono evidente attinenza con la sicurezza, l'ordine pubblico e la tutela dell'ordine pubblico nel nostro Paese, che sono competenze di spettanza di un Ministro dell'interno, non geniale, ma normale.
Desidero confermare a quest'Aula, in conclusione, che il Governo di cui mi onoro di essere vice presidente e Ministro dell'interno ha sviluppato fin dal suo insediamento con chiara e unanime determinazione – e ringrazio per questo i colleghi del MoVimento 5 Stelle, perché le cose si fanno in due – misure e azioni volte al contrasto dei flussi migratori irregolari e del business del traffico degli esseri umani del Mediterraneo che, secondo i servizi di intelligence, era arrivato a rendere più del traffico di droga e del traffico di armi. Quindi chi sta collaborando allo stroncare il traffico di esseri umani sta dando una mano anche a coloro che combattono il traffico di droga e di armi perché il business dell'immigrazione clandestina proprio in armi e droga reinveste i suoi proventi e io e il Governo, di cui mi onoro di far parte, non saremo mai complici dei trafficanti di droga e dei trafficanti di armi.
Questo sia chiaro ed evidente a tutti.
I risultati dell'azione politica decisa di questo Governo sono sotto gli occhi di tutti; basta saper leggere i numeri. Si tratta di una dinamica straordinariamente positiva, sintomatica di un'inversione strutturale di tendenza, favorita da scelte adottate sia sul versante interno che sul versante internazionale.
L'esecuzione del salvataggio da parte dell'Italia, come detto, in zona SAR maltese avrebbe comunque dovuto obbligare quello Stato – come in altre occasioni – ad assumere la responsabilità dell'evento e ad accogliere gli immigrati.
Osservo che lo Stato italiano, pur intervenendo in via sostitutiva per salvare gli immigrati da un naufragio certo e garantire loro ogni pieno livello di assistenza, ha portato finalmente all'attenzione dei partner europei le problematiche connesse alle operazioni di salvataggio e recupero e ai loro seguiti. Ciò nell'ambito di una controversia internazionale che doveva essere portata a immediata soluzione, nel legittimo esercizio della propria sovranità nazionale.
Spero che nessuno in quest'Aula – rappresentando ciascuno di noi 60 milioni di italiani – abbia difficoltà a riconoscere i concetti di Patria e di sovranità nazionale. Per questo gli italiani mi pagano lo stipendio: per difendere i confini e la sicurezza del mio Paese.
Dicevo, soluzioni nel legittimo esercizio della propria sovranità e nel quadro della parità e del pieno rispetto dei principi di solidarietà insiti nei rapporti di cooperazione tra i Paesi membri dell'Unione europea.
Non posso, infine, sottacere che l'azione attuativa dell'indirizzo governativo in materia, sottolineata dal presidente del Consiglio dei ministri Giuseppe Conte nell'informativa del 12 settembre scorso a questa Assemblea del Senato, costituisce di per sé l'evidenza di un preminente interesse pubblico, rappresentato dalla salvaguardia dell'ordine e della sicurezza, che sarebbero stati messi a repentaglio – e saranno messi a repentaglio – in caso di un incontrollato accesso di immigrati nel territorio dello Stato italiano. Quindi, mi rivolgo con la massima serenità alla vostra valutazione che – sono certo – verrà presa nell'interesse dell'Italia, nel rispetto dello Stato e dei suoi poteri.
Ricordo bene le parole con le quali ho giurato nel momento in cui ha assunto l'incarico di Ministro: ho giurato di essere fedele alla Repubblica, di osservare lealmente la Costituzione e le leggi dello Stato e di esercitare le mie funzioni nell'interesse esclusivo della Nazione. È con questo spirito che ho agito sempre da Ministro dell'interno, nel rispetto dei miei doveri e della volontà del popolo sovrano.
Cari colleghi, io amo l'Italia, amo i miei figli, amo il mio lavoro; mi ritengo un ragazzo fortunato. Ringrazio il buon Dio e gli italiani per l'onore di potere... Ringrazio il buon Dio e gli italiani per l'onore di potere difendere il mio Paese e i miei figli con il mio lavoro, che penso di svolgere con onestà, con buonsenso, con coraggio.
Comunque votiate, io vi ringrazio e siate certi e continuerò fare questo mio lavoro senza nessuna paura, altrimenti farei un altro mestiere. Per l'Italia.
Si tranquillizzino gli amici di sinistra che hanno sforato il loro tempo. Io risparmierò a quest'Assemblea e agli italiani due minuti perché vorrei semplicemente concludere.
Amando l'Italia, amando i miei figli, amando i figli degli italiani, dedico la mia vita a questo splendido Paese. Grazie di cuore.