Il governo accetta il bullismo diplomatico dell'ambasciata cinese
A quattro giorni di distanza dall’aggressione verbale al Quirinale nessun esponente della maggioranza e del governo si è sentito in dovere di condannare l’episodio
Al direttore - Per alcuni decenni, la Cina attirò l’interesse dell’Europa, positivo o negativo che fosse, per il comunismo, il pensiero di Mao, la rivoluzione culturale. In una seconda fase l’attenzione si spostò pian piano su Deng e il dopo Mao, le riforme, il progressivo affermarsi di uno strano “comunismo di mercato”, miscuglio di autoritarismo, nazionalismo, confucianesimo e altro. Affiancato però fortunatamente da un altro tema, che occupò scrittori, associazioni e istituzioni, anche politici (e di alto livello) per qualche decennio: il tema dei diritti umani e civili, della democrazia, dei dissidenti e della loro repressione. Oggi ci troviamo in una terza fase, che l’avvento della dinastia Xi ha fortemente accentuato, le cui parole chiave sono ricchezza, investimenti, successi economici, via della seta, espansione anche militare, imperialismo (anche se pochi, stranamente, osano adoperare questo termine), tecnologie avanzate e così via. Del tutto dimenticati sono invece diritti e dissenso; rarissimo che si ricordi che il regime cinese non ci ha ancora detto la verità sulla Primavera dell’89, che ha lasciato morire in carcere un grande premio Nobel, che sta “rieducando” circa un milione di Uiguri dello Xinjiang. Se non ci avesse pensato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, cui dobbiamo molta gratitudine, Xi Jinping non sarebbe stato disturbato su questi temi, nel suo trionfate “passaggio in Italia”, neanche per un momento. Si spera che l’episodio che ha riguardato la brava giornalista del Foglio abbia indotto molti a guardare anche il rovescio della medaglia.
Gianni Sofri
La Farnesina ci ha fatto sapere di aver correttamente convocato per spiegazioni ieri l’uomo dell’ambasciata cinese che ha aggredito verbalmente la nostra Giulia Pompili venerdì scorso al Quirinale, intimandoci di non scrivere più male della Cina. La Farnesina ha scelto di ascoltare le spiegazioni dell’uomo dell’ambasciata, che ha sostenuto sia stato frainteso nel tono, e non ha ritenuto di intervenire per condannare quanto accaduto – come se sia possibile avere un tono equivocabile quando un funzionario dell’ambasciata ti intima di non scrivere più articoli di critica sulla Cina. Il fatto che a quattro giorni di distanza dall’aggressione verbale al Quirinale nessun esponente della maggioranza e del governo si sia sentito in dovere di condannare l’episodio di bullismo diplomatico e di ristabilire i giusti paletti con il nuovo alleato ci porta a credere che il nostro paese abbia scelto di infilare la sua testa nella bocca del Dragone più di quanto si potesse credere.