Banche, Tav, e autonomia. Così Salvini tradisce il nord-est
A casa della Lega, Brescia-Padova bloccata e risarcimenti ai truffati sospesi. Il Veneto diventa la vittima sacrificale del governo. Tutte le ansie grilline sulla "secessione" di Zaia
Roma. Gianantonio Da Re, il suo timore che la beffa possa concretizzarsi, lo esprime in una frase lasciata a metà: “Sarebbe il colmo che non sfruttassimo questa congiunzione astrale”, sospira il segretario della Lega veneta, citando, chissà quanto inconsapevolmente, la ormai proverbiale “cometa di Halley” evocata nelle chiacchierate proibite dei grillini romani. “Siamo al governo della regione, siamo al governo del paese e abbiamo anche un ministro, veneto e leghista come Erika Stefani, che si occupa della questione”. La questione cui allude Da Re è quella dell’autonomia, che però rischia d’impantanarsi nelle secche parlamentari, tenuta in ostaggio di equilibrismi politici. “Se fossi nei grillini, non mi metterei di traverso: perché l’autonomia è vitale anche per loro, visto che al governo sono legati a doppio filo a noi”. Il Veneto soffre, il Veneto ribolle. E non solo per l’autonomia. “Nello sblocca cantieri deve esserci il Sì alla Tav, punto e basta”, spiegava ieri Elena De Berti, assessore regionale ai Trasporti in trasferta romana, al deputato Paolo Paternoster, leghista e veronese come lei. “Non c’è motivo – insisteva la De Berti in Transatlantico – per non fare la Brescia-Padova, un’opera necessaria per l’intero nord-est, da realizzare in fretta”. Solo che di fretta non si può, visto che Danilo Toninelli ha sottoposto pure questa infrastruttura al vaglio dell’analisi costi-benefici. “La attendiamo a giorni”, dicono dal suo staff, evitando però di spiegare come mai sia invece di sette mesi il ritardo accumulato da Rfi nel dare il via libera al piano degli espropri, necessario per la delimitazione dei cantieri e l’avvio effettivo dei lavori sulla tratta che va da Brescia a Verona, il primo lotto per cui sono stati stanziati, e congelati, 1,8 miliardi dei nove totali.
“E’ un’incertezza terribile, quella sulla Tav veneta, che scoraggia le imprese coinvolte”, insiste la De Berti. “Senza contare che in regione siamo costretti a ritardare la stesura del piano dei trasporti, visto che non sappiamo ancora se l’opera ci sarà oppure no”.
Chiede tempo, però, Toninelli. Lo stesso tempo che, su un’altra questione molto sentita in Veneto, i grillini non vogliono concedere a Giovanni Tria. “Deve firmarli, i decreti attuativi per il fondo ristoro ai truffati delle popolari”, ribadiva ieri pomeriggio, a Montecitorio, Alessio Villarosa, sottosegretario all’Economia del M5s che, a sentirsi domandare il perché di questo ritardo, sbuffava: “Mica possiamo picchiarlo!”. In ogni caso, assicurava Villarosa, “l’interlocuzione con l’Europa, sulla faccenda del ristoro massivo alle vittime del misselling, si è conclusa venerdì scorso”. Negli stessi minuti, però, nel suo ufficio di Strasburgo la commissaria europea per la Concorrenza, Margrethe Vestager, spiegava all’ex grillino David Borrelli e alla renziana Isabella De Monte che la discussione col governo italiano “è ancora in corso”, e che servirà a individuare uno schema per sbloccare i risarcimenti attraverso “un automatismo, quindi senza obbligo di fornire le prove dell’avvenuta truffa”. Va definita, però, l’incognita più grave. Nessuno, nel governo, lo ammette, ma le truppe venete di entrambi i partiti danno infatti per scontato, o quasi, che alla fine si dovrà eliminare la “commissione dei nove” che M5s e Lega vorrebbero creare al Mef in sostituzione dell’arbitrato Consob, per vagliare le richieste di risarcimento. Solo che né Di Maio né Salvini vogliono cedere, e lasciano il cerino in mano a Tria.
Poi, ovviamente, c’è la madre di tutte le battaglie venete, Salvini, pressato dallo scalpitante Luca Zaia, ha promesso che “l’inizio del percorso per l’autonomia arriverà prima delle europee”. Mattia Fantinati, colonnello veneto del M5s e sottosegretario alla Pa, ascoltando le dichiarazioni del ministro dell’Interno, scuote il capo: “Ultimatum sui tempi e richieste di riforme blindate sono irricevibili. Vogliamo un’autonomia fatta bene e senza fretta, con il pieno coinvolgimento del Parlamento”. Ma a sentire Cristian Invernizzi, presidente leghista della commissione parlamentare per il Federalismo fiscale, i grillini “non tengono conto delle esigenze del Veneto: lì è inaccettabile sia l’idea di applicare il modello emiliano, quello cioè di una autonomia più attenuata, sia la mancata definizione dei fabbisogno standard”. Lo sa anche Salvini, che però ormai da mesi è costretto a procedere a rilento, sulla questione. Per la resistenza del M5s, certo, ma anche perché il suo progetto di una lega nazionale sconsiglia forzature nordiste. E il Veneto, nel frattempo, soffre e ribolle.