Perché la sfida a Firenze tra Nardella e Bocci può diventare un laboratorio nazionale
Il sindaco uscente dovrà cavarsela anzitutto da solo: stavolta il Pd rischia di essere soprattutto un fardello. Il centrodestra dovrà dimostrare di giocare davvero per vincere e non come al solito per partecipare
Roma. Tutto ciò che è passato da Firenze, in questi anni, ha avuto un significato politico non solo locale. Vale ancora oggi con le amministrative di maggio, quando a sfidarsi saranno il sindaco uscente Dario Nardella, l’ultimo dei renziani (un po’ come certi Mohicani), e il candidato di centrodestra Ubaldo Bocci, ufficializzato nei giorni scorsi dopo una affannosa trattativa andata avanti per settimane tra alleati della coalizione.
La sfida di Firenze è significativa per molte ragioni; anzitutto, perché per la prima volta Nardella dovrà cavarsela anzitutto da solo, nel senso che stavolta il Pd rischia di essere soprattutto un fardello. D’altronde, che partito è quello che lo sostiene? I numeri delle primarie che hanno consegnato la guida Nicola Zingaretti dicono che è cambiato: nel 2017 parteciparono 210 mila persone, nel 2019 i partecipanti sono scesi a 159 mila. C’è anche una differenza qualitativa: nel 2017, Renzi prese il 79,1 per cento, Orlando il 17, Emiliano il 3,8. Stavolta il neosegretario Nicola Zingaretti ha preso il 61,7, mentre i “renziani” Maurizio Martina e Roberto Giachetti hanno preso rispettivamente il 21,4 e il 16 per cento. Nardella non a caso si è tenuto lontano dal congresso dopo il ritiro di Marco Minniti dalla corsa per la segreteria. Parlare di Pd, ha detto, non porta voti. Non è un caso che sui suoi manifesti elettorali con cui è tappezzata la città il simbolo dei Democratici sia sparito. Il problema del sindaco di Firenze sarà quello di essere fedele ai vecchi proprietari della “ditta” renziana senza dimenticare che ora gli azionisti sono diversi e naturalmente sono pronti a reclamare posti in giunta. L’epoca del turborenzismo è comunque finita.
Ma la sfida fiorentina è interessante anche perché il centrodestra dovrà dimostrare se effettivamente ha intenzione di giocare per vincere, come sulla carta potrebbe, oppure come al solito si accontenta di partecipare. La scelta di Bocci presenta non pochi problemi; anzitutto, c’è una questione di popolarità per il manager di Azimut, presidente di Unitalsi. In più, non tutti gli alleati sono convinti della sua identità politica. Gli avversari, a sinistra ma anche a destra, fanno circolare le foto insieme a Matteo Renzi. Cattolico, “mai si sognerebbe di infliggere maggiori sofferenze a coloro che già soffrono al grido sarcastico di ‘E’ finita la pacchia’”, dice l’ex assessore alla sicurezza del Comune di Firenze Graziano Cioni.
Ubaldo Bocci con Matteo Salvini (foto Imagoeconomica)
“E’ una persona buona che conosce la sofferenza e aiuta le persone secondo il suo credo religioso. Lo trovai alla Versiliana come sostenitore di Renzi, ho parlato con lui le diverse volte che l’ho incontrato”. Insomma, che c’azzecca con i sovranisti? Nulla, ha detto il deputato di Fratelli d’Italia Achille Totaro a “Il Sito di Firenze”: “Unitalsi ha posizioni di accoglienza, porti aperti, multiculturalismo. Tutto il contrario di quanto rivendicato dalla Lega. Io ho criticato la scelta del candidato perché viene da un’area troppo vicina al mondo renziano, a Carrai in primis. A Firenze, per vincere, si doveva scegliere una persona in grado di rappresentare l’universo denominato sovranista. Bocci non mi pare l’uomo capace di interloquire con il nostro elettorato popolare. Parliamoci chiaro, a Firenze se si ha una speranza di vincere è perché si raccolgono voti all’Isolotto, a Brozzi, alle Piagge”, cioè nelle famose periferie che in altre città hanno contribuito fortemente alla vittoria elettorale della Lega, come a Pisa. Non a caso ieri Matteo Salvini ha tenuto il suo comizio all’Isolotto, un quartiere periferico di Firenze, “una splendida città che merita tutto, non solo in centro. Noi siamo partiti da una periferia perché vedo molti lavori e molti cantieri in centro, però Firenze non è solo il centro, non è solo piazza Duomo”.
I problemi sottovalutati
Chi ha scelto Bocci però lo ha fatto usando un altro criterio: la candidatura in sé non conta, conta il partito. Anche a Pisa è andata così; gli elettori hanno premiato la Lega con quasi il 25 per cento, non Michele Conti, poi diventato sindaco, in quanto tale. La contemporaneità di amministrative ed europee nel solito turno potrebbe aiutare la Lega, che nei sondaggi è saldamente sopra il 30 per cento. Nel 2014, il Pd – quello versione schiacciasassi del 40,8 per cento – prese alle amministrative il 47,23 per cento e alle Europee il 57,5. Con questi numeri fu facile per Nardella vincere al primo turno, ma stavolta i rapporti di forza potrebbero essere diversi. Anzitutto, il Pd è al 20 per cento a livello nazionale, il che significa che a Firenze potrebbe prendere una decina di punti percentuali in più. Insomma, i risultati positivi del centrodestra potrebbero arrivare soprattutto per demeriti degli avversari. Il centrosinistra fiorentino sembra aver sottovalutato in questi anni la questione sicurezza, lasciando spazi alla coalizione di centrodestra. “Firenze è diventata una città non solo insicura, ma anche ostaggio degli abusivi, il nostro centro storico è ostaggio dei venditori irregolari, Firenze è diventata la città delle illegalità”, dice il coordinatore fiorentino di Forza Italia Marco Stella. “Siamo al quarto posto in Italia (e primi in Toscana) per numero di reati, come certificato dai dati del Sole 24 Ore. In questi anni l’amministrazione Nardella non è stata in grado di dare risposte in merito alla sicurezza dei fiorentini e del nostro territorio”.