Condannato il grillismo
Rousseau è manipolabile. Il Garante demolisce il metodo Casaleggio e ci ricorda cosa rischia un paese che trasforma in mainstream una visione del mondo a metà tra totalitarismo orwelliano e maoismo digitale. J’accuse contro la truffa grillina
La truffa non è Rousseau, la truffa è il grillismo. Ieri pomeriggio il Garante per la privacy ha confermato la notizia che il Foglio vi ha dato in anteprima qualche giorno fa e ha sanzionato la casa madre del grillismo, con una multa di 50 mila euro, per non aver assicurato “adeguate garanzie di riservatezza agli iscritti”, per aver creato un sistema di voto elettronico che “non consente di garantire l’integrità, l’autenticità e la segretezza delle espressioni di voto”, per aver alimentato una piattaforma incapace di garantire “la protezione delle schede elettroniche e l’anonimato dei votanti in tutte le fasi del procedimento elettorale-elettronico”, per non aver assicurato “l’adeguata protezione dei dati personali relativi alle votazioni online”, per aver condiviso “le credenziali di autenticazione” con “più incaricati dotati di elevati privilegi per la gestione della piattaforma” e per aver lasciato “esposti i risultati delle votazioni, per un’ampia finestra temporale che si estende dall’istante di apertura delle urne fino alla successiva certificazione dei risultati, ad accessi ed elaborazioni di vario tipo, che vanno dalla mera consultazione a possibili alterazioni o soppressioni, all’estrazione di copie anche offline”.
Il Garante per la privacy, in altre parole, ha certificato quello che i lettori di questo giornale sanno ormai a memoria: in Italia esiste un partito fondato da un comico, guidato da un pagliaccio, gestito da un clown, eterodiretto dal capo di una indecifrabile srl privata che ha costruito buona parte della sua fortuna politica utilizzando un imbroglio chiamato democrazia diretta, svilendo la democrazia rappresentativa, tenendo in ostaggio gli eletti, mortificando il Parlamento e togliendo sovranità agli elettori mentre veniva offerta loro l’illusione di avere nuovi diritti.
La democrazia diretta in salsa grillina, ha ricordato ieri il Garante, è dunque una boiata pazzesca non solo perché è vulnerabile, non solo perché è potenzialmente manipolabile, ma perché ci ricorda con la forza di un ceffone quello che un tempo sosteneva Norberto Bobbio: nulla rischia di uccidere la democrazia più che l’eccesso di democrazia. La democrazia diretta in versione Casaleggio si chiama dunque diretta perché, vendendo il sogno di essere guidata dal basso, è in realtà goffamente diretta dall’alto, da un leader solo (sòla?) al comando senza obblighi di trasparenza che non solo si spaccia per essere un fenomenale esperto di tecnologia pur non essendo stato in grado di produrre niente di diverso (sono parole del Garante) da un insieme di “algoritmi crittografici deboli” caratterizzati “da obsolescenza tecnologica”, ma che attraverso il suo modello democratico e nell’indifferenza generale ha promosso una forma di democrazia viziata dal virus del totalitarismo digitale.
La conferma della presenza nella democrazia digitale grillina di votazioni potenzialmente manipolabili è l’altra faccia della medaglia di una particolare forma di democrazia a-democratica specializzata in dossieraggi – “loro hanno dei dossier su tutti, anche su di noi”, ha confessato ieri il sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti ad alcuni giornali, proprio nello stesso giorno in cui il sottosegretario grillino Massimo Buffagni, commentando sul Corriere gli attacchi personali a Tria, è stato costretto a dire che tutte quelle brutte cose “non sono uscite dall’intelligence del M5s”, alludendo a un’inquietante presenza di intelligence, ma non con la Z, nel M5s. Una democrazia all’interno della quale gli eletti possono essere considerati degni di essere i portavoce degli elettori solo a condizione che gli stessi eletti accettino come dei burattini di rappresentare la nazione con un vincolo di mandato in violazione dell’articolo 67 della Costituzione firmato su carta bollata dal notaio con tanto di penale.
In questo senso la truffa della democrazia diretta – l’associazione Rousseau e il suo presidente Casaleggio, pur avendo il controllo della vita del movimento al punto tale da aver costretto ciascun parlamentare grillino a versare ogni mese trecento euro a Rousseau (soldi con cui probabilmente Casaleggio pagherà la sanzione del Garante), sono del tutto indipendenti dal M5s e possono gestire in totale autonomia la piattaforma Rousseau senza che i dirigenti del partito possano influire sulle loro decisioni – è la perfetta essenza del grillismo, nella misura in cui ci ricorda che il problema del Movimento cinque stelle al governo non è quello che fa, non sono le sue contraddizioni, ma è semplicemente quello che è. Non può esistere un grillismo moderato, perché il grillismo è per natura estremista. Non può esistere un grillismo istituzionalizzato, perché il grillismo è per natura incompatibile con la democrazia rappresentativa. Non può esistere un grillismo competente, perché il grillismo è per natura portato a essere rappresentato più da marionette manipolabili che da competenti in grado di mettere in dubbio il verbo del blog. Il problema del grillismo, ci ha in qualche modo ricordato ieri il Garante, non è dunque legato al fatto che sia incapace di mantenere le promesse o che sia incapace di governare. E’ legato al fatto che è fondato su un’ideologia truffaldina che ha trasformato in un fenomeno mainstream una visione del mondo a metà tra il totalitarismo orwelliano e il maoismo digitale. Il Garante ieri ha messo a nudo una parte della truffa. Chissà quando gli elettori del M5s si accorgeranno di essere in ostaggio non di un partito rivoluzionario ma di un uomo solo (sòla?) al comando dell’Italia.