Giorgia Meloni (foto LaPresse)

Imprese massacrate, Tav, sogni europei. Chiacchierata con Giorgia Meloni

Marianna Rizzini

“Questo governo ha massacrato le imprese. All’Italia ora serve una svolta alla Trump”, ci dice la leader di Fratelli d'Italia

Roma. “In Europa può cambiare tutto”. E’ il titolo della conferenza programmatica pre-Europee di Fratelli d’Italia. Si terrà domani e domenica a Torino, città per la sua storia in teoria un po’ ostica per un partito di destra-destra, tanto più che la conferenza programmatica si svolgerà al Lingotto, luogo denso di simbologie per la sinistra. E “#in Europa può cambiare tutto”, come hashtag, può apparire spiazzante se a lanciarlo è Giorgia Meloni, leader di un partito sovranista. Ma è proprio la scelta di Torino a rinforzare il messaggio: “Noi il “sì” alla Tav l’abbiamo detto prima degli altri, quando ancora Sergio Chiamparino non era in campo”, dice al Foglio la leader di FdI, ex candidata a sindaco di Roma nel 2016 ed ex ministro della Gioventù nel governo Berlusconi IV. Una Meloni che oggi vorrebbe “cambiare tutto” anche in Italia, a partire dalla politica economica di questo governo e dai provvedimenti (vedi reddito di cittadinanza) firmati Cinque stelle (“gente che vorrebbe tornare indietro”). Con la Lega la questione è bifronte: Meloni è critica per via della “decisione a monte di pensare che ci si potessero spartire le competenze: alla Lega l’immigrazione e la sicurezza, al M5s lavoro, economia e famiglia” (e ieri, con un post su Facebook, chiedeva a Salvini “un chiarimento ufficiale” a partire dalla famiglia). E però, se dopo le Europee dovesse “essere confermato il trend che vede Lega e FdI unici partiti in crescita in Italia”, dice, un pensierino di andare al governo con la lega passando per le urne lo farebbe eccome: “Con La Lega andiamo d’accordo su molte cose”. Intanto c’è la corsa verso Bruxelles, fatta contro “i veri anti-europeisti, quelli che hanno trasformato una civiltà in un comitato d’affari in mano a qualche burocrate e a qualche esponente della finanza internazionale. Sia chiaro che noi non andiamo a limare qualche direttiva, ma a rifondare la costruzione europea in direzione di una confederazione di stati liberi e sovrani che cooperano sulle grandi materie, secondo il principio di sussidiarietà: la Ue non faccia quello che può essere fatto meglio dagli Stati o dalle autonomie locali, e faccia quello che gli stati nazionali non possono fare: politica estera, difesa dei confini, mercato unico, sicurezza. Materie su cui oggi è deficitaria”. La Libia, per Giorgia Meloni, è “un grande paradosso: ci dicono che siamo sovranisti, mentre i francesi, che nel 2011 hanno bombardato la Libia per interessi energetici, hanno scaricato su di noi l’ondata migratoria per farci pure la lezione sul fatto che non siamo stati abbastanza accoglienti. Per non dire del rischio neocolonialismo. Siamo l’unico partito che parlato dei problemi legati al franco Fca”. La Libia, dice Meloni, oggi non racconta una storia nuova. “L’Italia ha responsabilmente, e forse un po’ ingenuamente, sostenuto il governo riconosciuto mentre la Francia lavorava con le milizie di Haftar per far prendere il controllo di Tripoli, e sostanzialmente avete il controllo della Libia, ancora una volta contro gli interessi italiani. Ma nessuno dice una parola. Si sente per caso Federica Mogherini?”.

 

Pensando al Parlamento europeo, Giorgia Meloni dice di aver fatto “una scelta strategica”: “Abbiamo aderito all’ECR, famiglia di sovranisti con cui condividere l’idea che per stare in Europa non devi per forza rinunciare a difendere la tua identità. Ci accusano di stare con il gruppo di Visegrad, ‘nemici’ dell’Italia. Ma l’Italia ha posto le domande sbagliate. I paesi di Visegrad stanno sui confini esterni della Ue e li difendono, perché dovrebbero prendersi i clandestini che facciamo entrare noi? Chiediamo piuttosto aiuto per fermare il flusso, a livello di blocco navale, trattative con i libici e risorse. Ho incontrato Orban e Kaczyński, e su questo piano si sono detti a disposizione”.

  

“La Tav? Farei anche il ponte sullo Stretto”

L’Italia che sogna Meloni “si fa rispettare in Europa”, e per farlo deve avere una classe dirigente credibile e una posizione chiara sulle infrastrutture: “Non abbiamo paura di definirci partito produttivista, a fianco delle imprese. Un partito che chiede una ricetta economica molto simile a quella che Donald Trump sta portando avanti negli Usa: shock fiscale, investimenti pubblici, difesa del prodotto nazionale, l’esatto contrario di quello che sta facendo l’attuale governo. Questo governo ha massacrato le imprese con tasse e burocrazia. Per non dire dell’obbligo di fatturazione elettronica, contro il quale solo FdI si è battuto. E quando Danilo Toninelli dice che la Tav è un buco per arrivare a Lione mi cadono le braccia”. Si sente una antesignana del “Si Tav”, Giorgia Meloni: “Siamo stati i primi a chiedere di raccogliere le firme per un referendum, i primi a scendere in piazza. Perché se non andiamo avanti non ci colleghiamo ai corridoi europei, e se non lo facciamo – in una Ue che prevede di spostare almeno il 50 per cento del trasporto merci su alta velocità entro il 2050 – diventiamo il terzo mondo. E qui si fa l’analisi costi benefici calcolando il costo delle accise della benzine? Fate pace col cervello, dico al governo che ha lanciato l’eco tassa per favorire l’acquisto delle macchine ibride elettriche. Tra l’altro prodotte dai giapponesi. La Tav? Sono per portarla fino a Palermo, costruendo anche il ponte sullo stretto”. Poi c’è la politica fiscale. Meloni punta sulla “tassa piatta su redditi incrementali. Esempio: se l’anno scorso hai guadagnato 50 mila euro, e quest’anno 70 mila, sui 20 mila in più paghi il 15 per cento ecco. Una cosa che si poteva fare subito. E poi: proponiamo una tassazione improntata al principio del più assumi meno paghi. Non sarebbe Licenziare non sarebbe più conveniente, l’esatto contrario di quello che è accaduto col decreto dignità”. Quanto alla Meloni ex candidato sindaco di Roma, si ricandiderebbe nella Roma in crisi, ora governata da Virginia Raggi? “Le candidature si decideranno quando si presenterà il problema. Io da sempre segnalo che la questione preliminare da risolvere è quella di Roma capitale. La seconda città d’Europa per estensione non può essere governata come una città di mille abitanti. Quanto alla sicurezza, Raggi si nasconde dietro al razzismo e al fascismo, ma non ci vuole Mussolini per dire che se aumenta il degrado scateni la bomba sociale”. A proposito di Mussolini, Meloni ha candidato alle Europee Caio Giulio Cesare, pronipote del duce. “E non mi pento. Grande dirigente d’aziende, ex capitano di vascello, due lauree. Vogliono dire qualcosa quelli che in passato hanno candidato dei terroristi?”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.