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Tra i delitti contro la civiltà del M5s ricorderemo anche la chiusura di Radio Radicale

Salvatore Merlo

“La posizione è molto chiara”, ha detto Crimi: “L’intenzione del governo, mia e del ministero dello Sviluppo, è di non rinnovare la convenzione con Radio Radicale”

Quando l’Italia si sarà finalmente liberata del M5s, quando si compirà il processo a questo potere belluino che voleva instaurare un regime di analfabeti cronici, quando rimetteremo insieme i cocci di questa follia (quando?), allora tra i tanti capi d’imputazione, tra i delitti compiuti contro la cultura, l’informazione, la politica e persino l’intelligenza, ci sarà anche la chiusura di Radio Radicale. E allora quel giorno ci tornerà alla mente il nulla rotondo e sintattico di Vito Crimi, che fu per incidente della storia sottosegretario di un governo che aveva per vicepremier Luigi Di Maio, cioè la radice quadrata di zero. Ci torneranno alla mente le parole di questi due ex emarginati che volevano far espiare al paese intero le loro frustrazioni aggredendo quel genere di risorse intellettuali con le quali non erano mai riusciti a intrattenersi, perché evidentemente nemmeno le capivano. “La posizione è molto chiara”, ha detto Crimi: “L’intenzione del governo, mia e del ministero dello Sviluppo, è di non rinnovare la convenzione con Radio Radicale”.

  

  

Quattrocentotrentamila e settecento registrazioni, dodicimila sedute di Aula tra Camera e Senato, diecimila sedute di commissioni parlamentari, tremila congressi di partiti, associazioni e sindacati, settemila comizi e manifestazioni, più di tredicimila convegni, ventiseimila dibattiti e presentazioni di libri, ventimila conferenze stampa, ottantacinquemila interviste, ventunomila udienze dei più importanti processi. Questa cosa che non si sa bene cosa sia, la memoria o addirittura la memoria collettiva, a Radio Radicale si vede e si ascolta: “In una voce, tutte le voci”. E’ tecnica archivistica alimentata dal cuore, sublimata nella cultura e nella passione intellettuale. Il giro di opinioni, anche quelle dei cinque stelle, l’ultimo lancio di agenzia, il senso dei giornali e della politica da irrorare: tutto ciò sarà ricordato domenica mattina, a Roma, all’altare della patria, in una manifestazione di piazza. La radio viva dentro un corpo, quello del Partito radicale, che invece non c’è più, amputato, morente. E poi la voce di Massimo Bordin, che è già nella storia del giornalismo italiano: il colpo di tosse continuo di un mago dell’informazione, l’affanno come scansione e commento a ogni passaggio di spontaneità elegante, e libera.

 

Ma come pretendere che tutto questo possa essere compreso da chi non sa niente, da chi considera la comunità nazionale come fosse un bottino, da un gruppo di persone che si è impadronito delle fantasie malate, morbose, incolte di tanti italiani, e adesso avanza agitando scalpi ideologici. Vogliono risparmiare 5 milioni di euro all’anno chiudendo Radio Radicale, ma sono disposti a spenderne miliardi e miliardi per nazionalizzare Alitalia e le Autostrade. Affermano di voler salvare le ditte che fanno autobus, lavatrici e cioccolatini, qualsiasi cosa, perché – ben si capisce – l’unica attività che non ha interesse pubblico è proprio l’informazione. Così, mentre con una mano chiudono Radio Radicale, con l’altra finanziano – con soldi pubblici, prelevando cioè trecento euro al mese dagli stipendi dei loro parlamentari – quell’obbrobrio chiamato Rousseau, la piattaforma privata e opacamente gestita di Davide Casaleggio. Che libri hanno letto, quali film hanno visto, quanta radio hanno ascoltato? Per quanto tempo dovremo sopportare il primitivismo, l’ignoranza e la demagogia? Verrà un giorno…

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.