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Gualtieri ci spiega perché i sovranisti sbagliano a fare i conti

David Allegranti

La spallata sovranista alle europee è propaganda e il governo in Europa non toccherà palla, ci dice il presidente dell’Econ, la Commissione per i problemi economici e monetari dell’Europarlamento

Roma. “L’idea salviniana della spallata sovranista alle prossime elezioni europee è pura propaganda”, dice al telefono da Bruxelles Roberto Gualtieri, presidente dell’Econ, la Commissione per i problemi economici e monetari dell’Europarlamento, recentemente inserito da Politico come il terzo nella lista dei 40 parlamentari più ragguardevoli della legislatura che volge al termine. “Tutte le rilevazioni confermano che le forze nazionaliste saranno una minoranza in Parlamento; Lega e Cinque stelle si apprestano a fare le comparse, a essere isolate e marginalizzate con una assai scarsa capacità di incidere nella definizione degli assetti e delle politiche europee”. Questo, dice Gualtieri, si rifletterà anche nelle nomine, che vedranno l’intreccio tra l’elezione del presidente di Commissione e Consiglio europeo, della scelta dei commissari, degli incarichi nel Parlamento europeo, del successore di Mario Draghi e di alcuni membri dell’esecutivo della Bce. “Da questo punto di vista mi aspetto che il Parlamento sarà particolarmente severo e esigente nei confronti dal commissario italiano, che se fosse espressione di gruppi parlamentari estremisti e isolati verrebbe probabilmente bocciato nel corso degli hearings e dal voto segreto. Quanto agli equilibri parlamentari, è bene sapere che gli incarichi vengono attribuiti non sulla base del peso delle delegazioni nazionali, ma su quello dei gruppi europei, quindi la Lega può anche prendere molti deputati, ma se il suo gruppo di riferimento sarà il quarto o con maggiore probabilità il quinto, il suo peso nella vita parlamentare, dalle presidenze di commissione all’attribuzione del ruolo di relatore nei dossier legislativi più importanti, sarà molto limitato o nullo”.

  

Aggiunge Gualtieri: “Noi puntiamo a costruire una maggioranza progressista e europeista, imperniata su un’asse che va da Macron a Tsipras, che possa eleggere il presidente della Commissione e imporre un’agenda ambiziose di riforma e rilancio dell’Europa”. D’altronde “i sondaggi danno in crescita il gruppo S&D, e con la possibile presenza dei laburisti si potrebbe persino essere il primo partito. In ogni caso, a prescindere dal Regno Unito, S&D, Alde più En Marche, Verdi e una parte della Gue possono essere sopra il 40 e forse anche sopra il 45 per cento e negoziare da una posizione di forza con gli altri gruppi. La sconfitta dei nazionalisti e dei conservatori è quindi possibile ed è fondamentale per l’Europa e per l’Italia, perché su tutte le questioni rilevanti aperte – dalle politiche economiche alla riforma dell’Eurozona, dal fisco alle politiche migratorie – la linea nazionalista è oggettivamente in contrasto con gli interessi dell’Italia, che ancor più degli altri paesi ha bisogno di politiche e strumenti comuni orientati alla crescita, alla coesione e alla solidarietà. Già oggi l’Italia sta pagando un prezzo pesante per colpa di questo governo, basta osservare da vicino quello che sta accadendo al negoziato in corso sul completamento dell’Unione bancaria e la possibile introduzione di una ponderazione al rischio dei titoli sovrani, o a quello sul bilancio dell’Eurozona e sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità. Per non parlare naturalmente della politica estera e della situazione in Libia, dove le conseguenze dell’isolamento dell’Italia possono essere pesantissime”. Dopo il voto poi “si porrà il tema del bilancio e del rischio di una procedura di infrazione già il 5 giugno”. C’è la possibilità concreta “che la contropartita per evitarla sia il superamento della flessibilità da noi ottenuta nel 2015, il ritorno a un’applicazione più rigida del Patto di stabilità e una sua riforma (che partirà in autunno) in senso restrittivo e penalizzante per i paesi con il debito pubblico più alto. Da questo punto di vista più forti saranno i conservatori e i nazionalisti più alto sarà il rischio di un ritorno alla linea di austerità. Le nostre proposte invece vanno nella direzione opposta, come ha illustrato proprio ieri il segretario Nicola Zingaretti”. Ovvero? “Un piano straordinario europeo di investimenti orientato alla sostenibilità ambientale e sociale, il completamento dell’Unione economica e monetaria con un bilancio dell’area euro che alimenti una indennità europea di disoccupazione, contrasto al dumping fiscale con digital tax e aliquota minima al 18 per cento per le imprese, implementazione del pilastro sociale, ambiente, ricerca, istruzione e tante altre proposte ambiziose e realistiche che metteremo al centro del negoziato per la nuova Commissione”. Deve essere dunque chiaro, dice Gualtieri: “Gli interessi italiani li faremo noi, non li farà il governo. Quanto più saremo forti tanto più potremo tutelare l’Italia in Europa”. Salvini quindi non la spaventa, Gualtieri? “Guardi, Salvini è un bugiardo seriale, mente sapendo di mentire e lo fa con una faccia tosta senza precedenti. Prima da vicepremier approva un Def che prevede 23 miliardi di aumento dell’Iva, poi va in tv a fare propaganda contro le misure da lui stesso votate, e rilancia una misura insostenibile e ingiusta come la flat tax. Salvini come al solito se la prende con l’Europa, ma la verità è che il Def certifica il fallimento della politica economica del governo con crescita ferma, aumento della disoccupazione, conti pubblici fuori controllo e una colossale stangata in arrivo a partire dai due miliardi di tagli annunciati per giugno”. Il paradosso solo apparente è che “la vittoria del fronte nazionalista di destra in Europa renderebbe le cose ancora peggiori, visto che tra gli alleati di Salvini ci sono i più accaniti sostenitori dell’austerità e i nemici delle politiche di coesione e di solidarietà”. Per fortuna, conclude Gualtieri, “c’è un’alternativa, e il 26 maggio gli elettori possono dire no ai sovranisti e sì a un’Europa più forte e più giusta”.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.