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La buona volontà di spiegarsi della democrazia è destinata alla dannazione

Antonio Pascale

E’ l’ignoranza della gente che irrita l’Inps o è l’ignoranza della legge che crea la protesta?

Breve riepilogo: le prime stime dell’Inps parlano, per il reddito di cittadinanza, di circa 800 mila domande, molto meno di quelle previste dal governo (1.300.000). Bene, l’Inps stesso si occupa anche di informare i cittadini sulle sempre complicate questioni tecniche per accedere alla suddetta misura, e sta cercando tramite apposita pagina Facebook di rispondere ai dubbi e alle richieste degli utenti. Allora, 800 mila domande, almeno a detta di alcuni, sono un flop, ma se devi chiarire alcuni aspetti su una pagina Facebook, e per come funziona la rete, allora anche 80 domande possono diventare un problema. E infatti, rispondi a un cittadino, rispondi a quello che ha risposto al posto tuo, a uno sgrammaticato, ripeti per la decima volta una cosa. Insomma è finita che ogni tanto tra le risposte, per la maggior parte pacate e professionali, se ne trovava qualcuna nervosa. Come dire, c’è chi ha sbroccato, si è fatto il sangue amaro, e gli ha preso di conseguenza un’incontenibile voglia di blastare il cittadino. Se da una parte il/i funzionario/i suddetto è diventato un’eroe, dall’altra giovedì, proprio la pagina Facebook ha scritto un post sia per chiarire meglio qual è la funzione dell’account sia per dire umilmente: “Cogliamo l’occasione per scusarci ecc.”. La rete funziona così, polarizza e tuttavia, siccome tutto è rete, la polarizzazione suddetta sta evidenziando un problema che ci darà grattacapi vari, a tutti noi, sia a quelli che blastano sia ai blastati. Come dobbiamo fare con la democrazia? Affetta com’è da polarizzazione spinta, con i blastatori e i loro seguaci plaudenti e i blastati e i loro seguaci impotenti? Un conflitto permanente, soprattutto perché la mobilità sociale tra blastatori e blastati è molto alta, un attimo e cambi ruolo, prima appartieni alla cerchia di quelli che sanno e puoi blastare, ma un attimo dopo, magari su altre questioni, sei nella cerchia degli ignoranti e sei blastato. Finisce che la tensione si acuisce, stai sempre in guerra. Siccome la pratica democratica non è millenaria, anzi è giovane, non ci siamo ancora abituati ad alcuni meccanismi. Faccio per dire, fino a quasi 30 anni fa, la legge non permetteva l’ignoranza (a Napoli – ricordo – c’era una cartello fuori da un negozio: la legge non permette ignorantità). Il fondamento filosofico era di origine greca: siccome le leggi venivano fatte nell’agorà, con tutti i cittadini presenti, allora non potevi non conoscerle. La comunità (le donne escluse) partecipava alla formulazione delle norme, verso le quali vigeva un rapporto di responsabilità diretta. Quindi, tra legge, interpretazione e applicazione c’era sempre accordo. Teorico, naturalmente. Perché, proprio per la giovinezza di cui sopra, allo Stato italiano, per tutta una serie di ragioni antropologiche ecc. è convenuto sfruttare questo principio (la legge non ammette ignoranza): si è arrogato il diritto di possedere sempre il sapere necessario, dunque la giusta interpretazione della legge. Non per niente è stata la prima lezione che ho imparato al ministero. Appena assunto, un vecchio dirigente mi chiese di leggere una circolare esplicativa: mi devi dire se è chiara o non è chiara. La lessi con diligenza ma non ci capii niente, così, con molto imbarazzo, dissi: in verità non ci ho capito niente. E lui rispose: bene allora è perfetta! Prima lezione: con la chiarezza forniamo potere a chi legge, e invece dobbiamo mantenere il potere dell’interpretazione autentica. E ne ho scritte di circolari ambigue… così potevo blastare (anche se allora il termine non era in voga), la colpa era sempre del cittadino che non sapeva.

 

Poi siamo cresciuti e infatti il principio incriminato è stato riformulato dalla sentenza 364/88 della Consulta. Molto bella: si afferma che l’ignoranza è prevista. Dato che le leggi non nascono nell’agorà greco, lo Stato ha il dovere di far conoscere le sue leggi e le modalità di attuazione. Come adempiere a questo dovere? Con la chiarezza e la corretta esposizione. La 241/90 deve molto a quella sentenza. Quindi l’ignoranza è prevista. In questo modo si tende a sottolineare che una corretta esposizione del sapere responsabilizzi il cittadino, solo così il dialogo sarà più proficuo. Democrazia, no? Estendiamo il ragionamento a tutti i campi, appunto, alle questioni sensibili. Anche lì è di fondamentale importanza considerare l’ignoranza e informare correttamente, poi al resto, e cioè a far funzionare la democrazia, penserà il cittadino informato. Bene, domanda infame, funziona? Purtroppo la materia con cui noi sapiens facciamo i conti non è la razionalità. Studi di psicologia cognitiva spiegano che le nostre scelte avvengono con le stesse euristiche del paleolitico. Sì a volte buone, ma spesso piene di fallacie. L’ignoranza non solo è ancora tra noi (ed è prevista dal regolamento) ma non intende scomparire, non vuole migliorarsi, anzi visto che c’è rischia di diventare vanto e cavallo di battaglia. Qualcuno in questi anni ha aizzato o no i blastati e ha conquistato il suo posto al sole? Qualcun altro ha incarognito i blastatori e ha conquistato schiere di follower che applaudono e aizzano ancora di più il blastatore? Populismo è anche questo, abolire la chiarezza e azzerare la responsabilità individuale, credere che i valori autentici sono conservati da un gruppo (il popolo è solo un gruppo più grande) e che un leader riscatti i blastati e individui il nemico, che è sempre fuori e lo blasti a sua volta. Insomma, che si fa? Siccome appartengo ai sapiens, e sono vittima di paleolitici umori e pure contrastanti a volte mi appello a una soluzione ottimista altre volte a una pessimista. Meglio proporle tutte e due, una riflessione double face. Il 14° presidente americano Franklin Pierce (eletto nel 1853, nelle file del Partito democratico) è ricordato per un dialogo con un passante. Quest’ultimo si soffermò a guardare la Casa Bianca e disse: mi piacerebbe vedere questa bella casa. E Pierce: ma mio buon signore, certo che potete entrare, questa non è casa mia, è la casa della gente. La (pedagogica) storiella è citata in una Ted conference da Beth Noveck, la responsabile di un ambizioso programma, l’Open government initiative, ovvero come aprire i processi governativi a tutti i cittadini. “Quando sono arrivata alla Casa Bianca”, dice, “non c’era nulla di aperto. C’erano invece tende antiproiettili alle finestre. Non avevamo un blog. Sono arrivata per diventare capo di un Governo Aperto, prendere i valori e le pratiche della trasparenza e infonderle nei cittadini”. Noveck è un’entusiasta e democratica sostenitrice di reti di specialisti che guardano oltre le solite credenziali: “Se voglio capire come far arrivare più in fretta i sussidi ai veterani, forse dovrei parlare con chi è in prima linea nelle organizzazioni che concedono questi sussidi”. E ancora: “Consideriamo l’expertise qualcosa di sperimentale o di accademico? Ciò che si basa sui libri o sui contenuti? Colui che guida ogni giorno un tir o l’esperto di logistica del reparto informale? L’uno e l’altro, ovviamente. Oggi la tecnologia permette di trovare con la stessa facilità le persone di esperienza e quelle con i titoli giusti. Dunque, questo non solo allarga lo spettro delle opinioni e delle idee ma sfrutta l’entusiasmo di chi è del tutto autodidatta. In nome di tutto questo, Beth Noveck, allestì un sito pubblico e chiese ai cittadini di intervenire: domande? Proposte? Passa il tempo e ci si rende conto, esaminando la nuvola dei tag, che molte questioni (delle quali si chiedeva un dibattimento o chiarificazioni) riguardavano: a) gli Ufo b) i birther, cioè quelli che credono che Obama non sia nato negli Stati Uniti e varie altre: complotti 11 settembre, area 51. Piccolo momento drammatico. Qui si parla di Governo aperto e arrivano domande sugli alieni? Che si fa? Si blasta? Si censurano simili questioni? Oppure si accolgono? Se si censurano che valore ha un sito aperto a tutti? Insomma, bel conflitto: se siamo tutti uguali e la pensiamo tutti allo stesso modo perché discutere? Ma se arrivano voci smisuratamente off topic perché includerle? Nel caso specifico Noveck e il suo staff decisero di non cancellare niente, e furono fortunati perché i partecipanti ai vari siti, responsabilmente, riuscirono a tenere basso il rumore di fondo.

 

Il valore della democrazia è tanto più alto quanto più basso si conserva il rumore di fondo, e per rumore di fondo si intende tutto quello che sfugge a un rigoroso metodo di verifica e misurazione che noi umani sappiamo trovare e usare. Questa è la soluzione ottimista, perseverare, perseverare, perseverare. Sul lungo periodo con rigore e chiarezza l’ignoranza si riduce a un innocuo rumore di fondo. Quella pessimista? Non ce la possiamo fa’. Dai, l’età media di noi occidentali si sta alzando e le cose si stanno complicando, più si alza l’età più diveniamo reazionari, le cose complicate ci spaventano, non abbiamo tempo per studiare, e allora, se parlano tutti e a sproposito poi arriva il capo condomino arrogante e populista che semplifica tutto e si prende tutto. Non sia mai, allora meglio affidarci per le misurazioni e alle scelte alle macchine, diventiamo post human, dai, che tanto la nostra umanità ci porta alla semplificazione coatta, dunque alla dannazione. Della democrazia, dico.

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