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Dopo averlo difeso sulla Diciotti, ora Di Maio si accorge del bluff di Salvini sui migranti

Luca Gambardella

Il ministro grillino torna ad attaccare l'alleato leghista e accusa: "I rimpatri sono fermi, le direttive non bastano". I numeri delle espulsioni in calo rispetto al governo Renzi

“I rimpatri sono fermi”, dice ora il M5s, allarmato dagli ultimi casi di violenza che arrivano da Torino e Roma, entrambi riconducibili a cittadini stranieri. Ma se nel primo episodio l’aggressore di due poliziotti, il 26enne senegalese Ndiaye Migui, era davvero un irregolare per il quale era stato emesso un ordine di rimpatrio rimasto inevaso, nel secondo le dinamiche sono molto più confuse. Sembra che sabato scorso un marocchino di 37 anni abbia accoltellato un uomo di nazionalità georgiana alla stazione di Roma Termini. Le prime ricostruzioni di stampa dicono che l’aggressore avrebbe agito spinto dall’odio religioso, perché la vittima indossava un crocefisso. Secondo una versione riferita da un testimone dell’aggressione, il marocchino avrebbe anche urlato “italiano cattolico di merda”, senza sapere che si trattava in realtà di un georgiano. La questura ha negato il movente religioso ma la procura di Roma ha comunque aperto un fascicolo per il reato di tentato omicidio con l’aggravante dell’odio religioso. La vittima però sembra abbia fornito due ricostruzioni contrastanti: ai medici del Pronto soccorso ha detto che l’uomo aveva tentato di rubargli la catenina col crocifisso, mentre agli inquirenti avrebbe riferito la versione dell’aggressione per motivi religiosi.

 

Nonostante il caso di Roma sia ancora poco chiaro, per i grillini si tratterebbe di un episodio analogo a quello di Torino. Così, in una lettera inviata al premier Giuseppe Conte, il ministro Luigi Di Maio ha chiesto oggi un vertice urgente per affrontare la questione dei rimpatri. "Dopo Torino, Roma. I tristi fatti di cronaca di questi giorni, con l'aggressione prima a due agenti della polizia da un soggetto che sarebbe dovuto essere già espulso, poi con l'accoltellamento di oggi dimostrano che il vero problema sono i quasi 600mila irregolari che abbiamo in Italia. E sui rimpatri non è stato fatto ancora nulla. Il problema ce lo abbiamo in casa, non è che scrivendo una lettera o una circolare si risolvono le cose. Bisogna fare di più sui rimpatri che sono fermi al palo".

 

Dopo avere difeso Salvini sul caso Diciotti, impedendo in Parlamento che l'alleato andasse a processo per il reato di sequestro di persona, ora il M5s ha cominciato a guardare con preoccupazione ai sondaggi in vista delle elezioni europee. E così, i grillini hanno deciso di attaccare la Lega proprio su uno dei suoi pilastri, quello della politica migratoria. Il riferimento contenuto nella lettera a Conte è alle tre contestatissime direttive emanate dal Viminale sull’immigrazione e all’annuncio rivolto in pompa magna a gennaio 2018 dal ministro dell’Interno Matteo Salvini. “Ci sono mezzo milione di irregolari in Italia. Con le dovute maniere vanno allontanati tutti”, aveva detto il leader della Lega, che aveva rilanciato qualche mese più tardi, specificando che l’obiettivo era la cifra monstre di “10mila rimpatri all’anno”. Lungi dal considerare questi numeri lontanissimi dalla realtà, gli alleati grillini avevano accettato di inserire nel contratto di governo il rimpatrio di 500 mila irregolari. Tanto che al momento dell’approvazione del “decreto sicurezza” la maggioranza gialloverde era stata compatta in Parlamento. Peccato che il provvedimento tanto voluto da Salvini, abolendo la protezione umanitaria, come prevedibile, ha finito per aumentare il numero di irregolari nel nostro paese. Nonostante gli arrivi dei migranti in Italia siano diminuiti, i numeri condivisi il mese scorso dal ministero dell’Interno chiariscono che i “10mila rimpatri all’anno” promessi dal leader della Lega sono un obiettivo irrealizzabile: siamo infatti fermi a 4.806 rimpatri in nove mesi di governo (giugno 2018-febbraio 2019), addirittura in calo del 6 per cento rispetto al governo Renzi, quando erano stati 5.132 (tra giugno 2017 e febbraio 2018).

 

Ma perché il governo che si presenta come ultimo argine alla presunta invasione di migranti ha fallito? Da una parte, come spiegato, gli irregolari sono aumentati perché il “decreto sicurezza” ha abolito la protezione umanitaria. I dati elaborati dall’Ispi dicono che tra giugno 2018 e febbraio 2019 circa 50mila persone si sono viste respingere la loro richiesta d’asilo. Meno di 5.000 di questi sono stati effettivamente rimpatriati, lasciando di fatto nel nostro paese 45 mila stranieri irregolari (oltre a quelli già presenti). A norma di legge, queste persone andrebbero tutte espulse dall’Italia tramite tre procedure: il ritorno volontario, il rimpatrio con mezzi propri o il rimpatrio coatto. Gran parte di coloro che si vedono rifiutata la domanda d’asilo ricevono un foglio di via che gli impone di abbandonare il paese il prima possibile. Naturalmente nessuno lo fa. Invece i rimpatri coatti effettuati via voli charter hanno un grosso limite: costano tantissimo, mediamente 8 mila euro a persona, dato che per ogni straniero occorrono almeno due agenti accompagnatori. Infine, c’è il solito problema: l’Italia fino a oggi ha sottoscritto accordi per le espulsioni solo con Nigeria, Tunisia e Marocco. Troppo pochi, se si guarda alle nazionalità dei migranti che sbarcano in Italia (soprattutto algerini, iracheni, bengalesi e senegalesi). “Io non do tempi a caso – aveva detto Salvini lo scorso settembre a Rtl 102.5 – ma posso dire che entro l’autunno faremo accordi di espulsione e di rimpatrio volontario assistito con tutti i Paesi di provenienza di ragazze e ragazzi immigrati irregolari: Senegal, Pakistan, Bangladesh, Eritrea, Mali, Gambia, Costa d’Avorio, Sudan, Niger”. Da quando è lui ministro dell’Interno nessun nuovo accordo è stato concluso. Nonostante i proclami.

  • Luca Gambardella
  • Sono nato a Latina nel 1985. Sangue siciliano. Per dimenticare Littoria sono fuggito a Venezia per giocare a fare il marinaio alla scuola militare "Morosini". Laurea in Scienze internazionali e diplomatiche a Gorizia. Ho vissuto a Damasco per studiare arabo. Nel 2012 sono andato in Egitto e ho iniziato a scrivere di Medio Oriente e immigrazione come freelance. Dal 2014 lavoro al Foglio.